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Pescara, 25/07/2024
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Data: 15/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Su Renzi aleggia lo spettro del referendum sul lavoro. La Consulta decide l’11 gennaio sul Jobs act: le firme “contro” raccolte dalla Cgil. Gaffe istituzionale del ministro Poletti: «Se cade il governo non si va al voto»

ROMA «Se si vota prima del referendum il problema non si pone ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile». Così Giuliano Poletti, appena rieletto ministro del Lavoro, commenta la notizia che la Consulta deciderà il prossimo 11 gennaio sull’ammissibilità del referendum sul Jobs act contro il quale la Cgil ha raccolto le firme. La notizia piomba in Parlamento proprio mentre Paolo Gentiloni parla al Senato per avere la fiducia. E svela il piano del Pd per disinnescare la bomba che potrebbe di qui a breve dissolvere la riforma del lavoro fortemente voluta dal governo Renzi. Smatellando, dopo la riforma costituzionale, un’ altra architrave delle riforme renziane. Poletti, subito travolto da una valanga di critiche, prova a fare retromarcia. «È stata una scivolata», spiega, la mia è solo «un’ipotesi e non dipende certo da me che questa volontà possa accadere», dice. Ma la frittata è fatta. Ed è doppia. Infatti il ministro non solo commette una gaffe istituzionale annunciando la data del voto anticipato, ma svela anche il piano al quale sta lavorando l’ex premier. In direzione infatti Renzi ha detto che bisogna andare al voto presto, «velocemente». Ora è il vicesegretario dem, Lorenzo Guerini a spiegare quando. «Volendo si può votare a giugno», dice a Porta a Porta. Si spingono oltre i renziani. «La finestra utile va da aprile a giugno, ma bisogna sfruttare la prima finestra utile, ad aprile, perché al prossimo G7 di Taormina a fine maggio deve andare il nuovo governo», avverte un renziano di provata fede. Un eventuale vittoria del fronte abolizionista della riforma del Lavoro avrebbe effetti devastanti sulla rivincita che Renzi immagina di avere alle prossime elezioni. Tema che sarà al centro dell’Assemblea del Pd di domenica prossima che dovrà decidere se convocare o no il congresso anticipato e che si trasformerà in un nuovo duello tra minoranza e segretario. «Più che invocare le urne per evitare che si svolga il referendum - attacca già bersaniano Roberto Speranza - è necessario intervenire subito sullo jobs act, a partire dai voucher». «Il governo vuole impedire agli italiani di votare al referendum contro i voucher e il jobs act? Bene, non hanno capito il voto del 4 dicembre», rincara Nicola Fratoianni (Si). Nella polemica si inserisce anche il presidente di Confindustria. Il referendum sul Jobs act «crea incertezza e ansia», dice Vincenzo Boccia avvertendo che in attesa del referendum gli imprenditori non assumeranno. Boccia? La smetta di «minacce di disgrazie perché non funzionano», dice Susanna Camusso, ricordando che la strategia del presidente degli industriali che non ha fatto breccia lo scorso 4 dicembre. Quanto a Poletti e alla fine della legislatura Camusso dice «mi pare dotato di una sfera di cristallo». Ma sulla possibilità che il referendum possa slittare di un anno per le elezioni anticipate la segreteria generale della Cgil è netta: «Non conta il merito, ma la sostanza». «Mi pare evidente che questo Paese ha chiesto discontinuità e il lavoro è uno dei temi fondamentali della discontinuità, è arrivato il momento di discutere», avverte Camusso chiedendo alla politica di smettere di discutere di calendari per dare risposte ai problemi.

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