PESCARA Italia è uscita dalla morsa della recessione e vede significativi miglioramenti su diversi fronti. Ma se c’è luce in fondo al tunnel, appena oltre il dato nazionale, quella che emerge è la fotografia di un Paese spaccato. Con il divario tra Nord e Sud sempre più marcato e che continua ad allargarsi. A cominciare dal reddito medio pro capite: un cittadino del Mezzogiorno guadagna il 37% in meno rispetto ad un lavoratore del Settentrione. Senza contare il solco sempre più profondo che separa i ricchi dai poveri. E l’Abruzzo? Arranca. Almeno a leggere i principali indicatori economici contenuti nel rapporto “Benessere equo e sostenibile” dell’Istat relativo al 2014-2015. Nella nostra regione lo stipendio medio si ferma a 15.908 euro (14esimo posto in graduatoria sui 21 disponibili), contro una media nazionale di 17.826. Ma non è tutto. La busta paga degli abruzzesi è più leggera anche rispetto a quella dei lavoratori del solo Centro Italia: 18.652 euro.
LAVORO INSICURO. Nonostante un po’ di terreno sia stato recuperato, l’Europa è ancora distante, soprattutto guardando al mercato del lavoro e all’abbandono scolastico. A fronte di un tasso di occupazione nazionale della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni del 60,5%, se quello del Centro Italia ha toccato addirittura il 65,8%, l’Abruzzo si è, invece, fermato al 58,6%. Non solo. I lavoratori della regione fanno registrare un tasso di soddisfazione per il proprio impiego pari a 7,2 contro il 7,3 del resto d’Italia e del Centro. E pure l’insicurezza percepita dell’occupazione è decisamente peggiore tra gli abruzzesi: l’10,9 contro l’8,6 nazionale e l’8 del Centro. Anche nel capitolo istruzione e formazione la regione non eccelle. A fronte di un tasso di laureati, nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni, del 25,4% a livello italiano e del 30,7% al Centro, l’Abruzzo non va oltre il 24,9%. Un po’ meglio del dato nazionale (14,7%), invece, l’indice di abbandono scolastico: nella regione escono precocemente dal sistema di istruzione e formazione il 14,2% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, contro l’11,5% del Centro Italia.
SFIDUCIA DIFFUSA. Resta poi alta, secondo l’Istat, la sfiducia degli italiani nei confronti della politica: bocciati senza appello, con pagelle ampiamente insufficienti, partiti (voto 2,5), Parlamento (3,7), istituzioni locali (3,9) e sistema giudiziario (4,3). Addirittura peggiori i giudizi degli abruzzesi: 2,3 ai partiti, 4 al sistema giudiziario, 3,6 al Parlamento e alle istituzioni locali. L’aumento del reddito pro capite (+1% nel 2015 sul 2014), rileva l’Istat, non è stato accompagnato da una riduzione della forbice tra benestanti e meno abbienti. Il divario resta «il più alto dall’ultimo decennio» con l’Italia sopra la media Ue, anche a causa dei 4,5 milioni di persone che versano in condizione di assoluta povertà. Il direttore del dipartimento per la produzione statistica, Roberto Conduci, ammette che «il gap del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale è ancora elevatissimo per occupazione, qualità del lavoro, condizioni economiche minime»: rispetto al Nord il rischio di cadere nella trappola della povertà è triplo. E alla fine anche la salute ci rimette, tanto che nel 2015 l’età media si è abbassata da 82,6 a 82,3 anni.
ALLARME POVERTA’. E se sul fronte della speranza di vita l’indice abruzzese coincide esattamente con quello nazionale, il rischio di diventare poveri lo corre il 21,7% dei residenti nella regione contro il 19,9% a livello nazionale e il 16,1% del Centro Italia. Insomma la crisi ha lasciato ferite profonde, anche dal punto di vista dei rapporti sociali, sempre più sfilacciati: «La soddisfazione per le relazioni interpersonali è molto bassa nel nostro Paese». Scende la «partecipazione civica»: il tasso di partecipazione elettorale è fermo al 58,7% in Italia, ma sale al 64,1% in Abruzzo. E, come se non bastasse, ad aggravare il quadro ci pensa la sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni. Che, «malgrado un’inversione di tendenza», sebbene lievissima, anche nel 2016 «resta alta». Promossi invece forze dell’ordine e vigili del fuoco (voto 7,2). Segnali positivi arrivano dal lavoro e dall’istruzione. Si riduce così, per la prima volta dopo anni, il numero dei Neet, acronimo inglese che sta per i giovani che non lavorano e non studiano, anche se la loro quota rimane elevata (da 26,2% a 25,7%), anche in Abruzzo (26,9%).
CRIMINI SU E GIU’. Nel calcolo del Rapporto Bes, rientra anche il patrimonio culturale, dove l’Italia conserva il suo primato mondiale, inseguita dalla Cina (51 a 50 per beni riconosciuti dall’Unesco). Resta salda, almeno a livello europeo, la maglia rosa dell’Italia in fatto di sicurezza dei cittadini: siamo tra i paesi Ue con la più bassa incidenza di omicidi (0,8 omicidi ogni 100 mila abitanti, addirittura 0,5 in Abruzzo). Ma se si guarda anche ad altre tipologie di reati la situazione cambia. E non fa eccezione la nostra regione. Dove furti in abitazioni (17,7), borseggi (3,7) e rapine (0,5) sono inferiori ai rispettivi dati nazionali (17,9, 7,9 e 1,5). Peggiore, invece, nel confronto con la media italiana il tasso di violenza fisica sulle donne (9,3% in Abruzzo contro il 7%), di violenza sessuale (9,1 contro 6,4) e di violenza domestica (7,6 contro 4,9).
Allarme povertà, a rischio il 20% della popolazione
Nel dossier dell’Istituto di statistica il Meridione svetta al 34%. E dall’Aquila a Pescara il trend supera quello nazionale: 21,7%
PESCARA Nell’Italia in ripresa, ma a tratti in chiaroscuro, non mancano le situazioni di vero e proprio allarme. Come quella che riguarda il «il 7,6% della popolazione», l’equivalente di 4 milioni e 598 mila persone, che vive in condizioni di «povertà assoluta». Uno scatto impietoso contenuto nell’album dell’Italia confezionato dall’Istat nel Rapporto sul Benessere equo e sostenibile, giunto alla sua nella quarta edizione. EMERGENZA SUD. Un dato, spiega l’istituto di statistica, determinato «a seguito dell’aggravarsi della condizione delle famiglie più ampie, in particolare le coppie con due figli e le famiglie di stranieri». Ma non solo. La quota di cittadini a rischio di povertà sale al 19,9% del 2015 dal 19,4% del 2014. E che in Abruzzo tocca addirittura il 21,7. Il Rapporto indica nel Mezzogiorno l’area del Paese con i livelli di povertà più elevati: il rischio di povertà coinvolge il 34% dei residenti, una quota tripla rispetto al Nord. Mentre il Centro si colloca a metà strada al 16,1%. Le differenze territoriali si attenuano invece se si considera l’indicatore di povertà assoluta che tiene conto delle differenze dei prezzi praticati sul territorio: 10% nel Mezzogiorno, 6,7% al Nord e 5,6% al Centro. L’Istat certifica anche una crescita del reddito disponibile, che tuttavia non ha modificato la disuguaglianza - nel 2015 il valore è identico a quello del 2013, il più alto dell'ultimo decennio - che si conferma saldamente sopra la media europea. Il rapporto tra il reddito percepito dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi è pari, nel 2015, a 5,8 in Italia, contro una media europea di 5,2. POVERE FAMIGLIE. In Italia, inoltre, il disagio economico è legato alla difficoltà registrata dalle famiglie e dai singoli di entrare e restare nel mercato del lavoro: l’11,7% delle persone vive in nuclei con intensità lavorativa molto bassa, valore che sale al 20,3% nelle regioni del Mezzogiorno. Ciò non toglie che nel 2015 si sia interrotta la tendenza all’aumento protrattasi per tutto il periodo 2009-2014. Permangono forti nel Paese le differenze territoriali nei livelli di benessere economico. Nel Mezzogiorno il reddito medio disponibile (pro-capite) delle famiglie consumatrici è il 63% di quello delle famiglie residenti nel Nord ed è maggiore la disuguaglianza del reddito. (a.p.)