PESCARA «Diecimila posti di lavoro persi nel Teramano, dall’inizio della crisi ad oggi; 15mila nel Pescarese, mentre nella provincia dell'Aquila la perdita di occupazione è passata da 124.000 unità, nel 2012, a 108.000 nel 2015, anche se a Chieti si registra un miglioramento, per via di una maggiore concentrazione di grandi aziende». È la fotografia immortalata dal segretario generale della Cgil Abruzzo, Sandro Del Fattore, nell’incontro svolto a Pescara- alla presenza del segretario nazionale della Cgil, Susanna Camusso – intitolato "Direzione Futuro. Determinare politiche industriali, superare la crisi, costruire lavoro”. Un quadro dell’immediato futuro, che non volge al sereno, sempre secondo Del Fattore. «Dal primo gennaio 2017», ricorda il segretario generale della Cgil Abruzzo, «non ci sarà più la mobilità e avremo la restrizione nell'utilizzo della cassa integrazione e delle sue modalità. Le condizioni che si stanno determinando non consentiranno di avere quegli strumenti necessari per gestire le crisi in corso e governare i processi di riorganizzazione». E dire, stando a quanto emerso dal dibattito, che l’Abruzzo può far ripartire il motore dell’industria, anche attraverso la scienza, come hanno ribadito Cristian Galbiati, della Princeton University, e Edoardo Alesse, professore ordinario di Scienze tecniche di medicina di laboratorio, all'università dell’Aquila. Per Galbiati, occorre che l’industria regionale sia in grado di provvedere «alla produzione di strumenti innovativi»; mentre per Alesse deve crearsi un «sistema tra università, aziende farmaceutiche e centri di ricerca, anche nell’ottica di ridurre il numero dei cervelli in fuga». E se Susanna Camuso ha chiesto per l’Abruzzo «più investimenti e innovazione», un segno di vitalità è arrivato dai giovani, come Luca Lecce, 38 anni, e Francesco Benacore, 22 anni. Lecce ha fondato, a Vasto, una start up, che lavora nell’ambito dell’edilizia: «Abbiamo dato vita al progetto I bike Abruzzo», racconta. Benacere, invece, studente di Scienze politiche a Teramo, ha sottolineato che gli studenti «ce la mettono tutta. «Però, in futuro», rimarca, «vorremmo che ci fosse un lavoro che ci appaghi»