ROMA Quattro condanne per abuso d’ufficio, un’assoluzione ed una dichiarazione di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Si chiude così il processo di primo grado della cosiddetta “Parentopoli Atac”, l’inchiesta sulle assunzioni nell’azienda municipalizzata romana per i trasporti durante i primi due anni della giunta Alemanno, dal 2008 al 2010. Nel mirino degli inquirenti le assunzioni di amici e parenti in barba a normative e regolamenti. Tra loro anche una cubista che dalla discoteca era passata a rivestire il ruolo di specialista tecnico-amministrativa con uno stipendio ben superiore ai 30mila euro l’anno, un ex estremista di destra, un paio di familiari degli attuali imputati, e un assistente bagnino. I giudici dell’ottava sezione penale del tribunale hanno condannato a tre anni e sette mesi di reclusione l’ex amministratore delegato della municipalizzata Adalberto Bertucci, a due anni e tre mesi il suo successore, Antonio Marzia, a tre anni e un mese l’ex dirigente dei Servizi informatici, Luca Masciola, e a un anno e otto mesi il dirigente Vincenzo Tosques. Assolto, invece, l’ex assessore all’Ambiente del Campidoglio, Marco Visconti, mentre per Tullio Tulli, ex direttore generale di Trambus spa, è stata dichiarata la prescrizione. Il processo ha riguardato l’assunzione di personale amministrativo specializzato, quasi 50 persone, alle «dipendenze delle rispettive società, poi interamente confluite nella incorporante Atac spa, in violazione di specifiche norme di legge e di regolamenti vigenti», in particolare per quanto concerne le adeguate competenze e le attitudini per le mansioni loro destinate. Tra le assunzioni finite nel mirino degli inquirenti, quella di una specialista tecnico-amministrativa con stipendio annuo lordo di oltre 30mila euro, sebbene fosse palesemente priva delle adeguate competenze previste dal contratto, come si può desumere dal titolo di studi conseguito - maturità classica - e dalle pregresse esperienze lavorative: cameriera e hostess in discoteca. Assolto «per non aver commesso il fatto», invece, Marco Visconti. L’allora assessore all’Ambiente era finito nell’inchiesta per il contratto di lavoro avuto dalla moglie, Barbara Pesimena. Secondo l’accusa la donna era «palesemente priva delle competenze adeguate» per il ruolo ricoperto, quello di responsabile gestionale. Un incarico da 73mila euro annui. Accuse respinte ieri dai giudici del tribunale penale. «Marco Visconti, ex-assessore della mia Giunta, assolto nel processo per Parentopoli. Dopo 3 anni di gogna mediatica, chi gli chiederà scusa?», si chiede l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Gli accertamenti sono stati guidati dal Pubblico ministero Francesco Dall’Olio. I condannati dovranno anche risarcire in separata sede il Comune di Roma e l’Atac.