MILANO Alle 10,30 di sera il primo cittadino Giuseppe Sala, iscritto nel registro degli indagati nell'inchiesta sulla Piastra, risponde al telefono: «Non posso parlare». Lo farà poco dopo con una nota in cui annuncia di autosospendersi da sindaco «pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative». Uno choc per Milano, improvvisamente orfana della sua guida, e anche per il Pd renziano, che con Sala si era consolato per le sconfitte di Roma e Torino alle comunali di giugno. È l'effetto esplosivo dell'accelerazione dell'inchiesta sulla Piastra dei servizi, l'appalto più rilevante di Expo. La base d'asta era di 272 milioni di euro e il gruppo Mantovani si aggiudicò la gara con un ribasso del 42%, a 149 milioni di euro.
«CONTESTO DI ILLEGALITÀ» Ora la Procura generale, dopo aver tolto di mano il fascicolo ai pm, non solo ha chiesto di prorogare le indagini per ulteriori sei mesi ma ha anche iscritto altre persone, rispetto alle cinque già note, nel registro degli indagati per corruzione e turbativa. E tra questi, oltre al legale rappresentante del gruppo Pizzarotti, c'è anche l'ex amministratore delegato di Expo, Sala appunto, accusato di concorso in falso ideologico e materiale. Nella richiesta di proroga delle indagini avanzata nei giorni scorsi al gip Lucio Marcantonio, il sostituto pg di Milano Felice Isnardi spiega che sono necessari ancora alcuni «approfondimenti» e ciò soprattutto alla luce del fatto che si è dovuto procedere a «nuove iscrizioni» e che sono necessarie ancora «audizioni». E nell'elenco degli indagati c'è anche il primo cittadino di Milano. Il cui nome si aggiunge ai cinque già noti: gli ex manager Expo Angelo Paris e Antonio Acerbo, l'ex presidente della Mantovani spa Piergiorgio Baita, gli imprenditori Ottaviano ed Erasmo Cinque, padre e figlio, titolari di Socostramo, che faceva parte del consorzio vincente. Secondo l'accusa, l'assegnazione dell'appalto per la realizzazione della Piastra fu condizionato dalla pressante necessità di arrivare, ad ogni costo, al completamento dei lavori in tempo utile per l'inizio dell'Esposizione universale, a maggio 2015. L'attesa era alta, il rischio di fallimento elevato. Per questo, secondo gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, non tutte le procedure vennero rispettate. L'appalto doveva essere comunque assegnato. Anche a costo di non svolgere, scrive la Gdf, la necessaria «verifica di congruità» nei confronti dell'impresa vincitrice, Mantovani, determinando «un contesto di evidente illegalità». Già agli atti della prima inchiesta c'è un'annotazione della gdf nella quale gli investigatori illustrano un «contesto di evidente illegalità» in relazione all'appalto per la Piastra. Gli uomini del Nucleo di polizia tributaria sottolineano anche che l'allora amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala, il responsabile unico all'epoca del procedimento Carlo Chiesa e l'allora general manager Paris non avrebbero tenuto un comportamento «irreprensibile e lineare».
SCONTRO IN PROCURA Sala, poi, come ha messo a verbale l'ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che «non avevano tempo per potere» verificare la congruità dei «prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani» nel corso dell'esecuzione del contratto con l'inserimento di costi aggiuntivi, e «per verificare se l'offerta fosse anomala o meno». L'indagine per turbativa d'asta e corruzione è scattata nel 2012 ed è finita al centro dello scontro tra l'ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l'ex aggiunto Alfredo Robledo, di fatto estromesso dagli interrogatori cruciali dell'inchiesta. Nei mesi scorsi i pm Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi hanno chiesto l'archiviazione del fascicolo ma il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non ha accolto la richiesta, ha convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l'imputazione coatta. Nel frattempo, tuttavia, è intervenuta la Procura generale che ha avocato il fascicolo a sé e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine poi scaduto qualche giorno fa. Da qui la richiesta di proroga per indagare ancora.