ROMA In Italia si contano sempre meno pensionati, e l'assegno sta diventando uno scudo contro la povertà per molte famiglie. È l'Istat a scattare la fotografia sull'universo dei pensionati, che, seppure in diminuzione, 80 mila in meno in un anno, sono ancora 16,2 milioni. E in media ognuno può contare su un reddito di 17.323 euro (+283 euro). Anche se chi è appena andato in pensione si deve accontentare di assegni mediamente inferiori di quasi duemila euro l'anno (15.197 euro).
Questa la situazione nel 2015, anno in cui si è sbloccata una prima tranche di coloro che erano rimasti intrappolati dalla stretta imposta dalla riforma Fornero sui requisiti per l'anticipo. Tra i neo pensionati ne compaiono quasi 100 mila in più sotto la voce vecchiaia (+37% rispetto al 2014).
Ma l'indagine dell'Istat si estende anche agli altri tipi di prestazioni, compresa l'invalidità, che al Sud mostra un'incidenza doppia rispetto al Nord. In generale l'aumento dell'età per smettere di lavorare è alla base del calo dei pensionati negli ultimi anni (-600 mila dal 2008). Ma segnano una flessione anche altri tipi di assegni, eccezione fatta per le pensioni sociali e di invalidità civile.
Sono sempre meno anche le persone che riescono, pensione in tasca, a trovare un nuovo lavoro, così da arrivare a fine mese con un budget più pesante. Nel 2015 i pensionati-lavoratori sono 442mila (-14,3% sul 2011).
Sono confermate tutte le già note spaccature: le donne ricevono assegni inferiori per 6 mila euro rispetto agli uomini, i laureati possono contare su importi di gran lunga superiori di chi ha solo la licenza media, gli ex lavoratori del privato prendono la metà di quelli del pubblico. Dall'incrocio di fonti diverse emerge come «in molti casi il reddito pensionistico sembra proteggere da situazioni di forte disagio economico». Insomma le pensioni fanno da ammortizzatore sociale, tanto che laddove c'è un nonno il rischio di povertà si abbassa. Le cose però cambiano e i rischi aumentano quando l'anziano è solo.