ROMA La Raggi all'angolo, smantella il suo cerchio magico già amputato con l'arresto di Marra. Manda via il potente capo delle segreteria Salvatore Romeo, ma salva Daniele Frongia, che resta in giunta, ma non da vicesindaco. La sindaca però non si fa commissariare: rifiuta di affidare quel ruolo chiave a un lombardiano, De Vito o Ferrara, perché sarebbe un commissariamento, e propone di promuovere Massimo Colomban, attuale assessore alle Partecipate e uomo di Casaleggio. E' l'epilogo della giornata più drammatica per il Movimento 5 Stelle, in cui è andato in scena l'imprevedibile: lo scontro tra Grillo e Casaleggio Jr, con il comico genovese che a fine serata si arrende e alle 21.45 scrive sul blog: «Barra a dritta e avanti tutta». È proprio quello che voleva il figlio di Gianroberto. Scrive Grillo: «Roma va avanti con Virginia Raggi sindaco del Movimento 5 Stelle. Sono stati fatti degli errori che Virginia ha riconosciuto: si è fidata delle persone più sbagliate del mondo. Da oggi si cambia marcia. Bisogna riparare agli errori fatti per fugare ogni dubbio». Ma cosa cambia? Tutti gli atti firmati «dalle persone sbagliate», saranno riesaminati o annullati, «combatteremo con le unghie e con i denti perché Roma cambi, ma in un ambiente così corrotto e marcio dobbiamo aspettarci di tutto».
IL CODICEGrillo implicitamente spiega cosa fare anche in caso di avviso di garanzia alla Raggi: «Definiremo un codice etico che regola il comportamento degli eletti del Movimento 5 Stelle in caso di procedimenti giudiziari. Ci stanno combattendo con tutte le armi comprese le denunce facili. Nessuno pensi di poterci fermare così. Mettiamo la barra a dritta e avanti tutta».
Vicino al post di Grillo, quello della Raggi: «Dopo un confronto con il garante Beppe Grillo abbiamo stabilito di dare un segno di cambiamento. Daniele Frongia ha deciso di rinunciare al ruolo di vicesindaco mantenendo le deleghe alle Politiche giovanili e allo Sport. Salvatore Romeo ha deciso di dimettersi dall'incarico di capo della Segreteria politica. Al contempo a breve avvieremo una nuova due diligence su tutti gli atti già varati». Morale: la Raggi è salva.
DALL'ALBA AL TRAMONTOMa come si è arrivati a questo epilogo? Partiamo da due immagini: Beppe Grillo lascia l'hotel romano all'alba. Dopo il tormentato vertice notturno con i parlamentari su come uscire dalle sabbie mobili giudiziarie, tutti danno per scontato che presto sarà pubblicato il post durissimo con cui Grillo toglierà il simbolo alla sindaca di Roma. Game over? No. Lo scopriremo quindici ore dopo: Virginia Raggi esce da Palazzo Valentini, sede della Città metropolitana dove si è rintanata insieme al gruppo consigliare per tutto il pomeriggio. Se ne va sul sedile posteriore dell'auto di servizio del Comune, guidata dalla scorta. Sono lontani i tempi in cui andava in Campidoglio con il Tweezy (veicoli a due posti elettrico) guidato da Frongia. Sì, proprio lui è stato declassato: paga il suo rapporto solido con Marra e non sarà più vicesindaco, ma comunque è salvo, perché resta in giunta. Per i duri e puri che chiedevano un azzeramento del cerchio magico non c'è il risultato pieno.
NELLA NOTTECome è riuscita Virginia Raggi a evitare la scomunica e a respingere l'assalto dei lombardiani? La risposta è in una telefonata notturna di Davide Casaleggio che, su suggerimento anche di Casalino, fa una proposta alla Raggi per evitare l'umiliazione del post di scomunica sul blog e la sfiducia in aula: rimuovi Romeo da capo segreteria, Frongia esce dalla giunta, accetti che gli avvocati del movimento controllino ogni tuo atto, rinunci a richiamare l'indagata Paola Muraro come assessore ai Rifiuti. Sembra un commissariamento, ma è anche un salvagente al quale la Raggi si aggrappa. Accetta tutto il pacchetto, ma non di scaricareFrongia. Capisce che Casaleggio e Casalino sono gli unici che possono aiutarla. Grillo s'innervosisce. L'ala lombardiana gli ha spiegato che la bufera giudiziaria è all'inizio, che soluzioni di compromesso potrebbero travolgere il movimento quando usciranno nuove intercettazioni. Ma Casaleggio ha deciso che Roma non può cadere. Virginia Raggi, galvanizzata, rilancia: né De Vito (oggi presidente del Consiglio comunale), né Ferrara (capogruppo) possono diventare vicesindaco-commissario. Sono vicini a Roberta Lombardi, colei che ben prima dell'inchiesta denunciò: «Marra è il virus che ha infettato il Movimento». La Raggi fa sponda con Casaleggio e indica come possibile vicesindaco proprio un assessore da lui mandato, l'imprenditore trevigiano Massimo Colomban.
Grillo diventa garantista: gli avvisi non ci fermano
ROMA Non c'è solo Davide Casaleggio che sprona Virginia Raggi e i pentastellati romani ad andare avanti nonostante tutto. «È Roma, è la tappa fondamentale per arrivare al governo» questo il ragionamento che si segue per riuscire ad arginare la pesante perdita di consensi scatenata dal caso Marra (ieri su Facebook, il post su Aleppo non è arrivato a mille like, dettaglio che rende l'idea del disamoramento). C'è anche e soprattutto una svolta garantista del M5S che sembra cucita su misura per Virginia Raggi. «A breve definiremo un codice etico che regola il comportamento degli eletti del MoVimento 5 Stelle in caso di procedimenti giudiziari. Ci stanno combattendo con tutte le armi comprese le denunce facili che comunque comportano atti dovuti come l'iscrizione nel registro degli indagati o gli avvisi di garanzia. Nessuno pensi di poterci fermare così». Il riferimento è all'esposto di Carla Raineri che ha fatto scattare l'inchiesta sulle nomine in Comune.
IL CLIMA Ma intanto bisogna andare avanti, come sottolinea il comunicato del capo politico Beppe Grillo sul blog ufficiale, era necessario un repulisti totale, ovvero lo smantellamento di quel raggio magico che aveva finito per confinare la sindaca in un territorio lontano dal perimetro dei Cinque Stelle. A sciogliere questo cerchio di fedelissimi è stato per primo il giudice che ha ordinato l'arresto di Raffaele Marra. Preoccupati, i leader del M5S hanno richiesto, e ottenuto da Raggi, le dimissioni di Salvatore Romeo da capo della segreteria e le dimissioni da vice di Daniele Frongia, che rimane comunque in giunta, considerati insieme a Raggi i veri responsabili politici del successo di Marra che, ricordiamo, da semplice dipendente del Campidoglio come si era affrettata a precisare Raggi a poche ore dal suo arresto, era arrivato a occupare ruoli apicali come il vice capo di gabinetto prima, e il capo del personale poi. «Ora vediamo se Virginia regge senza i suoi sodali» osservano fonti in contatto con i vertici. L'unica concessione che è riuscita a strappare Raggi è stata quella di tenere Frongia all'interno della giunta come assessore allo sport. Un successo non da poco visto che l'altra notte i lombardiani lo immaginavano già senza deleghe e di nuovo all'Istat, fuori dall'amministrazione. Questa, dunque la soluzione politica approntata per voltare pagina «sperando che non arrivino altri scossoni giudiziari» precisano esponenti qualificati del M5S che per la prima volta notano una divisione nella linea politica tra i due garanti Grillo e Casaleggio.
LA DIVISIONE Uno, infuriato che voleva prendere le distanze dalla giunta capitolina perché, c'è da dire, ha pure dovuto sorbirsi ore e ore di discussioni in albergo con i parlamentari che lo mettevano in guardia: «Credici Beppe, qui la situazione potrebbe peggiorare, ha senso mischiare ancora le nostre sorti con Virginia? Rischiamo il tracollo». E l'altro, Casaleggio jr, che ha da subito cercato di mantenere in piedi l'esperienza Raggi e ha esortato tutti a mantenere la barra dritta. Le due posizioni sono raffigurate nel derby in corso per strappare la delega da vicesindaco. Gli ortodossi che fanno capo a Roberto Fico e Roberta Lombardi vorrebbero che fosse il capogruppo Paolo Ferrara che venerdì sera si è precipitato all'hotel Forum per parlare direttamente con Grillo. I più pragmatici, con Casaleggio in testa, spingono perché sia Massimo Colomban, l'attuale delegato alle società partecipate che gode di ottima stima a Milano e in Veneto, terra natia sua e di David Borrelli, l'europarlamentare M5S che lo teneva in serbo per un possibile esecutivo M5S e a cui invece ha dovuto chiedere di andare a Roma per aiutare Virginia Raggi. Saranno i consiglieri capitolini a votare la scelta tra i due. In tutto questo i parlamentari garanti di Raggi sono messi un po' in ombra: a uscirne malissimo è stato Alessandro Di Battista che ha da subito vissuto come un'orticaria fulminante lo scoppio del caso Marra. L'altro big in ombra e silente è proprio Luigi Di Maio: il vicepresindente della Camera è passato da essere il garante di Virginia a il grande assente in queste ore.
LA SVOLTA Ma la vera novità dell'intervento del blog di Grillo è la scrittura di un codice etico, l'ennesimo, che regolerà il comportamento degli eletti in caso di procedimenti giudiziari. Quello firmato a Roma dice che, in caso di iscrizione nel registro degli indagati, deve essere la rete a votare le dimissioni. Ora però, visto che le inchieste sono aumentate nel giro di pochissimo, si stilerà una serie di gravità dal punto di vista penale e si toglierà l'automatismo indagato-dimissioni, come anticipato da questo giornale mesi fa, sfruttando la gamma di sanzioni già in uso come la sospensione o l'autosospensione temporanee. Perché il M5S ha scoperto di non essere affatto immune dalle indagini della magistratura.
Sei mesi di slogan. Il governo di Roma è rimasto al palo
Che notte, quella notte. E che giorni, questi giorni. Solo che in mezzo, tra la sbornia elettorale del 19 giugno quando Raggi e M5S sbancarono il Campidoglio col 67% dei consensi, pari a 770 mila voti dei romani e il baratro della crisi in cui è precipitata la sindaca, ci sono sei mesi vissuti pericolosamente, nei quali chiamatemi Virginia (come si presentò, quest'estate, salendo sul Colle capitolino) è riuscita a bruciare buona parte di dotazione, in termini forse di voti (stando almeno ai sondaggisti) e di reputazione (vedere i commenti che viaggiano sulla rete, sacta sanctorum dei grillini). Una sorta di piano inclinato, con una pallina che rotola giù, sempre più giù e sempre più velocemente. Perché, a forza di beghe, discussioni, vertici consumati a notte fonda, Raggi ha stentato a governare. E, di conseguenza, non ha mai realmente affrontato le emergenze che la Capitale si porta dietro da molto prima che lei diventasse sindaco.
LE PROMESSE ELETTORALI Eppure, in campagna elettorale, l'ex consigliera comunale di opposizione, si era presentata con tre argomenti chiari nella testa: «Faremo un audit sul Bilancio. Poi ci occuperemo di rifiuti e trasporti». Bene: nel primo caso, ad esempio, non si è mai partiti. Anche perché la casella di assessore al Bilancio (la persona deputata a fare il controllo sui conti) è stata una di quelle più turbolente. Raggi, infatti, nell'estate delle trattative per il toto-giunta prima incontrò Daniela Morgante, già controversa lady dei conti sotto Marino, nome indicato dal gruppo Lombardi-De Vito, ma poi scelse Marcello Minenna, dirigente della Consob, legato a Luigi Di Maio e alla deputata Carla Ruocco. E Minenna si tira dietro Carla Romana Raineri, la ex capo di gabinetto che getta la spugna la notte del primo settembre già, sempre di notte dicendo semplicemente, sotto la Lupa capitolina, «potete scrivere che è andato via un magistrato...». Sta di fatto che, insieme a lei, anche Minenna se ne va e che l'assessorato al Bilancio, snodo fondamentale per la programmazione dei servizi comunali e quindi per la vita dei cittadini, rimane senza guida. Raggi ci prova con Raffaele De Dominicis, magistrato anche lui (ma della Corte dei Conti), poi scopre che è indagato e ripiega su Andrea Mazzillo, suo uomo di fiducia, già tesoriere della campagna elettorale, ex attivista nel centrosinistra: una soluzione interna, dato che Mazzillo era già nel raggio magico come uno dei principali (e meglio pagati) collaboratori della sindaca. E l'audit? Questo sconosciuto, ancora.
L'EMERGENZA RIFIUTI Stesso discorso vale per i rifiuti, altra emergenza cittadina. Lì, almeno, fin dall'inizio, Raggi ha avuto le idee chiare: Paola Muraro è una dei quattro di Ostia, gli assessori che Virginia indicò sul pontile del mare dei romani l'ultimo giorno di campagna elettorale. Il problema, però, che fin da subito anche la vicenda spazzatura si è arenata. Prima per la lite tra la stessa Muraro (che voleva a tutti i costi utilizzare gli impianti a Rocca Cencia di Manlio Cerroni, ras di Malagrotta) e l'ex ad di Ama Daniele Fortini. Poi per le scelte fatte sull'azienda: l'amministratore unico Alessandro Solidoro che si dimette, il dg Stefano Bina ingaggiato con contratto di quattro mesi ed esautorato dalla Muraro, che in Ama fa il bello e cattivo tempo. Così, anche sui rifiuti, si rimane al massimo alla gestione dell'emergenza: cassonetti pieni ad agosto, cassonetti pieni a dicembre. Come sempre, da tre anni a questa parte. Con una sola novità: il pittoresco complotto dei frigoriferi abbandonati, denunciato dalla sindaca.
IL NODO TRASPORTI E i trasporti, altro punto cardine del Movimento? L'unica proposta nuova venuta fuori è quella sulla funivia a Casalotti, sbertucciata dalla rete. Intanto però l'Atac continua ad affondare con 400 milioni di buco, i bus vanno a fuoco (uno al mese, di media) e quando non bruciano bisogna aspettarli non poco perché passino, sull'evasione tariffaria nessuno opposizioni comprese ha avanzato una proposta concreta. Beppe Grillo aveva parlato di un tagliando a gennaio ma più che altro, per cancellare sei mesi vissuti pericolosamente, Raggi dovrebbe lavorare alla messa in moto.