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Data: 18/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Roma, Raggi si arrende. Grillo: «Ora si cambia». Via Frongia e Romeo dopo cinque ore di vertice tra sindaco e i fedelissimi. Nomine, anche Virginia rischia di essere indagata

ROMA «Fuori il “raggio magico” o sei fuori dal Movimento e ti revochiamo il simbolo». Virginia Raggi alla fine si piega all’ultimatum di Beppe Grillo e tratta le resa dei suoi fedelissimi. Daniele Frongia ha lasciato l’incarico di vicesindaco mantenendo le deleghe alle politiche giovanili e allo Sport. Fuori anche Salvatore Romeo, attuale capo segreteria politica del sindaco. Per ora Virginia Raggi resta sindaco e lo conferma, in serata, lo stesso Grillo sul suo blog «Barra a dritta e avanti tutta. Roma prosegue con Virginia Raggi sindaco del Movimento 5 Stelle. Adesso si cambia, sono stati fatti degli errori che Virginia ha riconosciuto: si è fidata delle persone più sbagliate del mondo». Il M5S resta però pronto a staccare la spina se la situazione dovesse precipitare. Ovvero se la Raggi dovesse essere raggiunta da un avviso di garanzia per abuso d’ufficio come da giorni si vocifera a proposito di alcune nomine tra le quali ci sarebbe anche quella dello stesso Romeo e del fratello di Marra, Renato. È una tregua armata quella che la Raggi firma con i grillini e con la sua maggioranza capitolina al termine di una drammatica riunione durata cinque ore e mezzo. I pentastellati si sono incontrati a palazzo Valentini, l’ex sede della Provincia, per cercare di dribblare i cronisti e la troupe di Suburra che, ironia della sorte, sta girando proprio sotto il Campidoglio. E i toni sono stati davvero drammatici tanto che il sindaco, prima di piegarsi al diktat dei Grillo, ha provato a sondare i consiglieri per capire chi sarebbe stato pronto a seguirla in caso di rottura con il Fondatore. «Io non mi sento più parte del M5S, non mi ci riconosco più», avrebbe detto. Parole poi smentite dal Campidoglio e comunque non hanno sortito l’effetto desiderato. I consiglieri M5S stanno con Grillo. E sono nella stragrande maggioranza ancora sotto choc per l’arresto di Raffaele Marra il potente braccio destro della Raggi che si è vantato di essere «lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento», e che la Raggi ha difeso oltre ogni immaginazione. Grillo ha vinto il primo round. Ma il caso Roma rischia di travolgere l’ascesa dei pentastellati verso il governo nazionale. Partito all’alba da Roma per schivare i cronisti, il Fondatore ha preso il treno delle 6 di mattina per Genova. Ma per tutto il tragitto è stato in contatto telefonico con i romani e con il vertice pentastellato. Bocche cucite, ha chiesto a tutti. Tanto che Roberto Fico, leader dell’ala ortodossa con Paola Taverna e Roberta Lombardi, le prime a mettere in discussione il sistema Raggi, ha dato forfait a Maria Latella che lo aspettava a Skytg24 per intervistarlo. Ma questa volta Grillo è stato risoluto. Se Virginia Raggi non rinuncia a difendere i suoi è fuori dal Movimento, ha fatto sapere. Pronto a dare il via a un post sul suo blog per annunciare di averle ritirato il simbolo. Virginia Raggi ha provato a resistere. Cercando addirittura sponde in Fratelli d’Italia. Ma la conta dei numeri è stata spietata. Il gruppo capitolino come i parlamentari pentastellati è allineato alla linea degli ortodossi. E vuole la rinuncia a Romeo, Renato Marra (fratello di Raffaele, a capo della Direzione turismo) e anche a Frongia. Una soluzione che sembra aver preso corpo nell’incontro fiume in serata. Quanto all’ipotesi di andare avanti senza simbolo M5S nell’amministrazione del Campidoglio, incontra una opposizione forte. Contrari il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito - vicino alla grande avversaria di Raggi, la deputata Roberta Lombardi - e il capogruppo del Movimento in Comune, Paolo Ferrara. È sera quando De Vito, il candidato sconfitto dalla Raggi per la candidatura a sindaco, lascia anzitempo l’incontro, mentre trapelano indiscrezioni su una Raggi disposta a cercare l’appoggio esterno di Fdi-An. «Improponibile» commenta il capogruppo, Fabrizio Ghera». Il caso Roma però è una spina nel fianco dei pentastellati. E difficilmente potranno restarne fuori dirigenti come Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio.

Nomine, anche Virginia rischia di essere indagata
Nel mirino dei pm la procedura che ha portato Salvatore Romeo in Segreteria. Interrogatori per Marra e Scarpellini. In procura atteso l’ex assessore Muraro.

ROMA Mentre sul Campidoglio si consuma una battaglia politica, a pochi chilometri di distanza, a Palazzo di Giustizia nei prossimi giorni sfileranno davanti ai magistrati, due dei volti più rappresentativi della giunta guidata da Virginia Raggi. Un fuoco di fila di appuntamenti giudiziari che potrebbero inguaiare la sindaca che rischia di finire indagata sull’inchiesta delle nomine. Prima tra tutte, quella di Salvatore Romeo a capo delle segreteria su cui si sono accesi i riflettori anche di Raffaele Cantone dell’Autorità anticorruzione. Nei giorni scorsi, la Guardia di finanza è entrata a Palazzo Senatorio per acquisire documenti che riguardano la nomina di Romeo attraverso una procedura considerata “anomala”. Protestò l’allora capo di Gabinetto, Carla Raineri che presentò un esposto. Ora per la nomina di Romeo il sindaco rischia molto. Gli interrogatori. Il 21 dicembre toccherà a Paola Muraro, la cinquantaduenne veneta ex assessore all’Ambiente, è indagata per abuso d’ufficio e reati ambientali. Cinque i capi di imputazione che riguardano la sua lunga carica di consulente dell’Ama: oltre dieci anni, guadagnando circa un milione di euro. Per l’accusa avrebbe “truccato” le autorizzazioni per gli impianti di smaltimento dei rifiuti. Il sospetto dei pm è che gli impianti di Rocca Cencia e Salario abbiano lavorato in regime ridotto per favorire altri impianti privati. In particolare, quelli di Manlio Cerroni, ras dei rifiuti della Capitale. Il giorno prima, martedì, toccherà a Raffaele Marra, 45 anni napoletano, capo del personale del Comune di Roma, comparire davanti al gip. Arrestato venerdì con l’accusa di corruzione insieme all’immobiliarista romano Sergio Scarpellini era considerato parte del “raggio magico” insieme al vice sindaco Daniele Frongia e Salvatore Romeo. Ieri, nel carcere di Regina Coeli, Scarpellini e Marra hanno incontrato ognuno i propri avvocati per preparare l’interrogatorio di garanzia. Entrambi hanno fatto sapere che hanno intenzione di rispondere alle domande del gip Maria Paola Tomaselli. Al centro dell’inchiesta, la compravendita di due immobili a Roma: uno, venduto dal funzionario capitolino all’imprenditore con uno strano giro di assegni per 367mila euro, l’altro un attico, acquistato dal dirigente dallo stesso costruttore con uno sconto di 500mila euro. Tutto questo avveniva quando Marra tra il 2010 e il 2013 in Campidoglio si occupava di Patrimonio e Casa, settori chiave per l’immobiliarista che faceva affari con il Comune di Roma. «Tanto se domani lo defenestrano... finito». L’inchiesta partita da un filone che coinvolge un vecchio esponente della banda della Magliana, Manlio Vitale (detto er gnappa) sarebbe all’inizio e i numerosi “omissis” nell’ordinanza lo confermerebbero. Dalle intercettazioni dei telefoni di Scarpellini e della segretaria Lavarello i carabinieri hanno scoperto il «rapporto viziato» tra il funzionario capitolino e il costruttore. Fatto, ritiene il gip, di «inesistenti regalie» Il 30 giungo scorso Marra disperato per gli attacchi che arrivano dai giornali, chiede al costruttore di intervenire su Gaetano Caltagirone editore de Il Messaggero per realizzare una campagna in sua difesa. Marra: Eh io sto a disposizione, tu diglielo... Se puoi, parlando con Sergio se può intervenire con Calta per farmi dare una mano sui giornali... in modo da tutelare. Lavarello e Scarpellini concordano di dire a Marra di aver cercato di contattare l’imprenditore anche perché ragionano su una possibile uscita di scena di Marra «Tanto se poi domani lo defenestrano... finito».

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