ROMA Nei primi dieci mesi del 2016 sono stati venduti in Italia 121,5 milioni di voucher, con un incremento del 32,3% rispetto al 2015. L’aumento dei buoni orari di 10 euro (7,5 euro netti al lavoratore, il resto sono tasse e contributi) l’anno precedente, era stato addirittura del 67,6%. Stessa tendenza in Abruzzo dove i buoni lavoro sono passati dai 2 milioni del 2015 ai 2,6 milioni del 2016 (nel 2014 erano stati “solo” 1 milione 100mila) con un incremento del 29,2%. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha più volte denunciato il dilagare di comportamenti impropri da parte delle aziende. Tanto che il governo, ormai, apre all’opportunità di ridefinire dal punto di vista normativo il confine dell’uso dei voucher. Lo ha prefigurato proprio il ministro del lavoro Giuliano Poletti ricordando che l’esecutivo Renzi ha introdotto la tracciabilità dei buoni lavoro. «Dal prossimo mese» ha promesso Poletti, «vedremo l’effetto: se è quello di una messa sotto controllo di questo strumento bene, altrimenti ci rimetteremo le mani». Quanto ai contratti di lavoro, nel periodo tra gennaio e ottobre l’Inps ha censito un saldo di 497mila nuovi contratti di lavoro (in Abruzzo sono stati 23.688 a tempo indeterminato e 80.585 a tempo determinato). La differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi) a ottobre 2016 risulta positivo e pari a +486.000, compresi i rapporti stagionali. E così nei primi dieci mesi del 2016 sono stati stipulati 1,3 milioni di contratti a tempo indeterminato, mentre le cessazioni sono state leggermente inferiori: il saldo è rimasto positivo, per 61.640 unità, ma è peggiorato dell’89% rispetto al saldo positivo di 588mila contratti stabili nello stesso periodo dell’anno scorso e anche di gennaio-ottobre 2014 (+101.255 stabili). E nel giorno in cui l’Inps conferma il boom del fenomeno voucher, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti finisce nella bufera per una dichiarazione sui giovani in fuga dall’Italia. «Bisogna correggere un’opinione», ha osservato, «secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori: se ne vanno 100mila, restano 60 milioni, sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei pistola. Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». Parole pesanti che per tutta la giornata hanno provocato il tiro incrociato delle opposizioni costringendo il ministro alle scuse. «Mi sono espresso male - ha poi corretto il tiro Poletti - penso semplicemente che non è giusto affermare che ad andarsene siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri».