Consulenze fittizie per più di un milione di euro, affidate a una società riconducibile a tre super dirigenti dell'Atac e pagate dalla stessa municipalizzata romana. Un peculato a tutti gli effetti che porta sul banco degli imputati l'ex amministratore delegato di Atac, Gioacchino Gabbuti, l'ex direttore generale Antonio Cassano e Mauro Anselmi, componente del collegio sindacale di Atac Patrimonio srl. Sono stati rinviati a giudizio su richiesta dei pubblici ministeri Laura Condemi e Alberto Pioletti, a termine di un'inchiesta durata più di tre anni.
IL BUCO
A detta dei magistrati, i pubblici ufficiali, quando erano dirigenti della società interamente partecipata dal Campidoglio, avrebbero scavato una voragine nelle casse già dissestate della municipalizzata (ha 120 milioni di euro di deficit). Il buco nei conti dell'Atac, riscontrato dall'inchiesta, ammonterebbe a un milione e 62mila euro. Quei soldi, in teoria, sarebbero dovuti essere destinati a migliorare le condizioni precarie dei mezzi di trasporto romani. Secondo la ricostruzione della Procura, tra il 2007 e il 2010, invece, i manager avrebbero stipulato contratti di consulenza e disposto una sfilza di ordini d'acquisto «per attività di mera facciata» da effettuare con la società Pragmata Srl, scrivono i pm nel capo d'imputazione. Ma c'è di più: nel febbraio del 2007, Gabbuti e Cassano avrebbero acquisito la titolarità del capitale dell'azienda in questione, intestandolo a fiduciarie offshore. Le quote dei manager sarebbero poi state trasferite interamente a un prestanome: Umberto Bianchi, inizialmente titolare del 20 per cento del capitale azionario, rappresentante legale e liquidatore della Pragmata. Anche lui è stato rinviato a giudizio e sarà a processo insieme ai dirigenti.
SOLDI ALL'ESTERO
I fatti contestati dai pubblici ministeri risalgono al periodo che va dall'aprile del 2007 al giugno del 2010. All'epoca, gli imputati erano alla guida dell'azienda di trasporto pubblico e della società che ne gestisce il patrimonio immobiliare. In sostanza, avrebbero dirottato denaro all'estero attraverso le società offshore, che avevano sede in particolare a San Marino. Attraverso questo meccanismo occulto, basato su una serie di schermi fiduciari e ricostruito dalla Guardia di finanza capitolina, i manager avrebbero mascherato la vera titolarità della società, facendo transitare indisturbati il denaro fuori dall'Italia. Nel 2010, le quote della Pragmata riconducibili a Gabbuti e Cassano sarebbero poi state trasferite totalmente a Bianchi. Per gli inquirenti, si tratterebbe di un escamotage messo in atto per beneficiare dello scudo fiscale nello stesso anno.
IL RUOLO DEL SINDACO
Secondo le ipotesi della Procura, i tre «si appropriavano della somma di 1.062.000 euro stipulando contratti di affidamento di consulenza e disponendo ordini di acquisto per attività di mera facciata». Tutto «in ragione dei ruoli effettivi, dei poteri e delle cariche rispettivamente rivestite all'interno» dell'Atac e abusando dei propri incarichi. Cassano e Gabbuti in particolare, «conferivano incarichi di consulenza per un importo pari a 1.545.840 euro» alla stessa Pragmata. Anselmi, sindaco di Atac Patrimonio e commercialista, avrebbe coordinato la supervisione tecnica delle operazioni finanziarie «relative e sottostanti gli schermi fiduciari». Per chi indaga, i manager sarebbero colpevoli di peculato (ricostruiti dalla Procura undici episodi). Dovranno difendersi davanti al giudice dell'ottava sezione penale. La prima udienza dibattimentale è prevista il prossimo 10 maggio. Nel frattempo, il Campidoglio si è costituito parte civile con l'avvocato Enrico Maggiore. La condotta degli imputati avrebbe infatti procurato un grave dissesto finanziario alle casse comunali.