ROMA Riflettori sul padre e, da ieri anche sul figlio. La faccenda che ha investito il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a seguito delle infelici frasi sui giovani che espatriano, si ingarbuglia. I social rivelano che il figlio del ministro non è fuggito all'estero come molti dei suoi coetanei, ma guida una serie di settimanali locali emiliano-romagnoli controllati dalla Lega Coop che hanno ricevuto in tre anni dallo Stato contributi per mezzo milione di euro.
PROCEDURA
«Non ho mai pensato che sia un bene per l'Italia il fatto che ci siano giovani che se ne vanno, volevo solo sottolineare che qui ci sono dei giovani bravi, che ci sono giovani competenti, impegnati e che a questi giovani bisogna dare questo riconoscimento». Malgrado le video-scuse per la gaffe il ministro, e con lui il governo Gentiloni, a gennaio dovrà affrontare in Senato una mozione di sfiducia presentata da Sinistra italiana, Lega, M5S e alcuni senatori del gruppo misto. All'appuntamento non poteva mancare la sinistra del Pd che al momento della formazione del governo Gentiloni aveva spiegato che avrebbe votato con la maggioranza «valutando provvedimento per provvedimento». E poiché ieri la stessa cosa l'ha sostenuta Silvio Berlusconi, ieri pomeriggio l'ex capogruppo del Pd Roberto Speranza - per distinguersi da FI - ha postato sull'Huffington una lettera nella quale sostiene che la sfiducia Poletti se la merita non sulla gaffe ma se non modifica la procedura dei voucher previsti nel jobs act.
Speranza scrive che quella sui giovani che espatriano è «una brutta scivolata» a cui, a parte le scuse che sono state pronunciate, bisogna far seguire un'iniziativa per cancellare i voucher, nuova inaccettabile forma di precarietà». Come dire, leva i voucher e ti perdoniamo. Una linea che rischia di produrre l'effetto opposto. Ovvero la sfiducia al ministro non per la gaffe indifendibile, ma sul merito di una riforma, quella del jobs act, che lo stesso Paolo Gentiloni ha fatto propria al momento del suo insediamento a palazzo Chigi.
Per la verità la lettera di Speranza mantiene una buona dose di ambiguità sul fatto che la sinistra del Pd possa votare la mozione di sfiducia insieme a Lega e M5S, ma la sostanza politica non cambia e la sinistra del Pd conferma il suo ruolo di opposizione anche a questo governo ancor più spiccatamente di quanto non prometta di fare Forza Italia.
Infatti, il partito di Berlusconi, «disponibile su tutto» pur di tenere in vita la legislatura, non solo non ha firmato la mozione di sfiducia, ma promette di uscire dall'aula al momento del voto. Quando ci sarà il voto è ancora presto per dirlo. Il calendario del Senato prevede per il 10 gennaio la presenza del ministro in aula proprio per rispondere delle sue affermazioni e forse anche del lavoro del figlio sul quale la Lega ha presentato un esposto. Quest'ultimo ieri è stato difeso dalla Lega Coop Romagna: «È un ben triste Paese quello che per colpire i padri si accanisce sui figli. Il 42enne Manuel Poletti è il presidente di una cooperativa di giornalisti da ben prima che suo padre diventasse ministro».
STRUMENTALIZZATI
Pronta anche la difesa del capogruppo pd Ettore Rosato che attacca Speranza: «Poletti ha detto cose molto gravi, le sue scuse erano dovute e ha fatto bene a presentarle. Essere trascinato in una strumentalizzazione politica da parte di chiunque è però sbagliato». A difendere non tanto Poletti quanto i voucher, provvede il vicepresidente dei senatori di Area popolare Ncd-Centristi per l'Italia Bruno Mancuso, secondo il quale «non si può tornare indietro sulle politiche di riforma del lavoro avviate da questo governo».
Politica la risposta di Matteo Orfini: «Poletti ha detto una sciocchezza e si è scusato, per fortuna, subito». «Segnalo inoltre a Speranza - aggiunge il presidente del Pd - che la liberalizzazione dei voucher fu fatta dal governo Monti, con Bersani segretario e appoggio del PD: il governo Renzi semmai ne ha limitato l'uso».