Egregio Direttore, a chi se la prende con i comitati, perché avrebbero ostacolato la realizzazione della taumaturgica Filovia di Pescara, mi piace replicare, garbatamente, che la materia del contendere riguarda da sempre i lavori pessimi fatti a Pescara, non i sistemi di trasporto in genere: che includono, opportunamente, anche gli impianti filoviari. A proposito dei quali, occorrerebbe sostenere che una filovia è tale se tutto il percorso da servire è garantito dal filo aereo. A Pescara, viceversa, come a Verona del resto, si vorrebbe sperimentare il sistema bimodale cosiddetto "elettrico - elettrico", vale a dire pochi chilometri elettrificati (guarda caso proprio quelli di un viale densamente alberato, come tale incompatibile con i pali e fili elettrici aerei, a ragione della sfrondatura massiva da eseguire periodicamente sui rami della vegetazione a dimora che interferiscono pericolosamente con i cavi sospesi), per proseguire poi a batteria nelle zone centrali di pregio della città e riprendere con l'elettrificazione col filo aereo nei quartieri della periferia. Una scelta impropria, suscettibile di una duplice riflessione conseguente: 1) I pali e i fili sono considerati, in tutta evidenza, elementi fissi posti a nocumento del paesaggio, al punto da creare disturbo alla vista e al decoro abitativo dei residenti privilegiati delle aree centrali: altrimenti, non si capirebbe la preferenza di evitarli, colà, come la peste. Pertanto, i residenti della Strada Parco di Pescara, sarebbero cittadini minori giacché abituati da lunghi decenni a convivere con i disagi ambientali procurati dalla vecchia Ferrovia Adriatica elettrificata, costruita nel 1863, dismessa ai primi di gennaio 1988. E l'assunto, non va bene per niente! 2) I sistemi bimodali, caratterizzati dai ripetuti passaggi dall'alimentazione elettrica aerea a quella a batteria, sono falliti dappertutto. Il caso più recente è dato dal sistema TPL di Roma, dove sessanta filobus della specie sono stati cannibalizzati in pochi anni proprio a causa delle condizioni stressanti cui sono stati sottoposti gli accumulatori di bordo: con i rilevanti danni patrimoniali conseguenti. Senza considerare, da ultimo, il necessario intervento manuale dell'autista col bastone d'indirizzamento per l'aggancio delle bretelle al bifilare, in caso di malfunzionamento non infrequente dell'apposito automatismo. Condizioni, queste, che appaiono inaccettabili e antieconomiche per un sistema ad altissima tecnologia innovativa lautamente finanziato con denaro pubblico. Morale: se si ama il filobus, bisogna avere il coraggio di elettrificare l'intero percorso da servire. Altrimenti, meglio scegliere veicoli "full electric", dotati di super capacitori di ultima generazione, assai più economici e versatili, in linea con l'orientamento prevalente che si va affermando nelle città più evolute come Londra, Torino e tante altre ancora.
Ivano Angiolelli viabilita