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Data: 24/12/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sparatoria a Milano la polizia uccide il killer di Berlino. La Merkel ringrazia, ma è nei guai

SESTO SAN GIOVANNI (MILANO) Questione di centimetri e di attimi. Bastava che il proiettile sparato dalla calibro 22 di Anis Amri non colpisse la spalla, ma gli organi vitali dell'agente scelto Christian Movio, 36 anni, per ucciderlo. E solo la rapidità e il sangue freddo di Luca Scatà, agente in prova di 29 anni, che non aveva mai sparato a nessuno in vita sua, ha salvato la vita del collega, la sua e fermato per sempre il terrorista tunisino in fuga da Berlino dove aveva compiuto una strage. Sesto San Giovanni, 3 della notte, piazza di fronte alla stazione. Buio pesto, nebbia, luci gialle dai lampioni, freddo. Appoggiati al muretto dormono alcuni sbandati, ma quelli ormai li conoscono Christian, friulano, e Luca, siciliano, a bordo della volante. Poi però notano un tipo strano, nervoso, che non è lì a dormire.
CONTROLLI Ha uno zaino. E' uno straniero, ma non uno dei sedicimila che abitano e lavorano a Sesto, perché a quell'ora sono quasi tutti a riposare. I due agenti fermano la volante, gli chiedono i documenti, controlli di routine. «Sono di Reggio Calabria» prova a dire Amri, ma i poliziotti capiscono dall'accento che sta mentendo. Gli chiedono di appoggiare lo zaino sulla volante e di tirare fuori i documenti, lui lo fa, ma estrae la pistola. «Poliziotti bastardi» urla. Ha vissuto quattro anni in Italia, quasi tutti in carcere, e la nostra lingua la conosce bene. Spara. Colpisce alla spalla destra l'agente scelto Movio, per fortuna lo ferisce solamente. Questione di centimetri. L'agente cade a terra, si nasconde dietro alla volante. Amri non scappa, come dovrebbe essere normale per l'uomo più ricercato d'Europa, gira attorno all'auto e si avvicina a Movio per finirlo. Luca Scatà, siciliano, 29 anni, dopo due anni a studiare ingegneria informatica, per dodici mesi è stato volontario nell'esercito. Poi entra in polizia e il 27 ottobre lo trasferiscono al commissariato di Sesto San Giovanni. Ecco, il percorso iniziato dal suo paese, Canicatti Bagni in provincia di Siracusa, doveva arrivare proprio lì, alle 3 del 23 dicembre: doveva esserci, a salvare la vita a un collega e a fermare un feroce terrorista. Scatà estrae la pistola, gira anch'egli attorno alla volante, ma nell'altra direzione. E si ritrova di fronte ad Amri. Si guardano. Questione di attimi. Scatà spara per primo. Due volte. E colpisce il tunisino al costato. Chiama un'ambulanza, chiama gli altri colleghi del commissariato, ma fino al mattino non saprà che l'uomo che ha ucciso è colui che ha guidato un camion verso un mercatino di Natale, a Berlino, uccidendo dodici persone, tra di loro anche Fabrizia Di Lorenzo, 31 anni, di Sulmona. I medici dell'ambulanza fanno di tutto per salvare Amri, lo intubano mentre è ancora steso sull'asfalto. Tutto inutile. Macchie di sangue sull'asfalto.
LENZUOLO BIANCO «Quando sono passato - racconta un giovane operaio marocchino - erano le 6 e c'era il cadavere coperto dal lenzuolo per terra. Non era un musulmano, un musulmano non uccide altre persone, altri fratelli. Se doveva nascondersi, è strano che non si sia mescolato agli sbandati che dormono vicino alla stazione. Bastava che si sedesse, coprendosi il volto, fingendo di dormire. Invece ha attirato l'attenzione». La piazza della stazione di Sesto San Giovanni, diviene quasi subito un set, decine di telecamere, italiani e stranieri che passano, alcuni si scattano una foto con il cellulare. Tutti si domandano: perché è venuto qua? «Doveva avere dei complici - spiega Giovanni, un impiegato di 65 anni - anche il camion che poi è stato usato per la strage era partito da qui vicino, da Cisinello Balsamo. Mi sembra strano che sia solo una coincidenza». Anis Amri fugge da Berlino, beffa la polizia tedesca, raggiunge la Francia, passa il confine in Italia. Fa tappa a Torino e poi arriva alla stazione centrale di Milano. E' notte, la metropolitana è già chiusa, invece di fermarsi da qualche parte, sceglie di salire su un bus, una navetta sostitutiva, attorno all'una. E' determinato a raggiungere Sesto San Giovanni. Forse qui voleva prendere uno dei tanti bus che partono per l'estero, anche all'alba, forse qualcuno doveva consegnargli dei documenti. Ma ha incrociato il percorso della volante, di Christian e Luca. Due ragazzi, come Fabrizia, uccisa a Berlino. Questione di centimetri, questione di attimi.

La Merkel ringrazia, ma è nei guai
BERLINO Se la situazione non fosse tragica, la metafora dal calcio calzerebbe a pennello: Italia-Germania 1-0. Per quattro giorni, dopo l'attentato terroristico a un mercatino di Natale a Berlino, le autorità di sicurezza tedesche si sono impegnate febbrilmente per dare la caccia all'attentatore, il tunisino Anis Amri di 24 anni, ma il finale di partita lo ha messo a segno l'Italia. Appena messo piede in Italia il terrorista è stato fermato in controlli di routine a Milano da due poliziotti. Una pallottola sparata da uno dei due dopo che Amri aveva colpito con una pistola il collega metteva fine alla vita del terrorista più ricercato in Europa. La Germania, a cominciare da Angela Merkel, ringrazia. Anche il ministro degli Interni Thomas de Maiziere, l'uomo della prudenza, dei condizionali, delle dichiarazioni sillabiche in questi giorni di paura in Germania, ha ringraziato sperticandosi in lodi per i colleghi italiani e i due valorosi agenti. «Il nostro grande grazie va alla polizia italiana e alle altre forze di sicurezza e giustizia per la massima collaborazione in questo caso», ha detto la cancelliera. Malgrado il grande sollievo il pericolo del terrorismo «continua come ormai da molti anni». La priorità del governo, ha ammonito, è la difesa dei cittadini: «La nostra democrazia, il nostro Stato di diritto, i nostri valori, la nostra umanità sono il modello opposto al mondo pieno di odio del terrorismo, ed essi saranno più forti del terrorismo». La cancelliera ha aggiunto di avere parlato con il presidente tunisino Beji Caid Essebsi e avergli detto che «dobbiamo accelerare l'iter dei rimpatri e aumentare considerevolmente le espulsioni».
GLI INTOPPI Il terrorista, di cui si è accertato con sicurezza che era affiliato dell'Isis, si era lanciato lunedì sera alla guida di un tir con targa polacca a tutta velocità contro il più famoso mercatino di Berlino ovest davanti alla Chiesa della Memoria, falciando decine di persone: 12 i morti, compreso il conducente polacco del camion, e oltre 50 feriti, il tragico bilancio. Cominciavano le indagini: la polizia del Land di Berlino, la polizia criminale federale, la procura federale, ministeri degli interni regionale, federale, cancelleria, tutti i vertici dello Stato mobilitati. Una lunga processione di intoppi, leggerezze, conflitti burocratici e falle gigantesche nella macchina della sicurezza venivano alla luce. Prima si dà la caccia a un pachistano che risulta assolutamente estraneo ai fatti. Poi si scoprono indizi importanti con grave ritardo perché per 24 ore il tir era stato sigillato. Finalmente, quando entra nel camion, la polizia assicura poco alla volta le impronte del presunto autore e trova anche sotto un sedile un documento da cui risale all'identità e al particolare che era un profugo tollerato in Germania. Era entrato nel 2015 proveniente dall'Italia, gli era stato rifiutato l'asilo e avrebbe dovuto essere rimpatriato.
ERA TOLLERATO La Tunisia ha intralciato però l'iter, prima negando si trattasse di un tunisino, e poi ritardando nella consegna dei documenti di identità. Le autorità tedesche risulta che fossero al corrente della pericolosità del tunisino (anche i servizi marocchini avevano informate a settembre che Armi s era radicalizzato). L'uomo però, anziché essere tenuto sotto osservazione, viene lasciato libero di circolare con il suo stato di tollerato, ovvero un limbo sospeso fra il rigetto della domanda di asilo e l'espulsione. Amri evidentemente si organizza, è in contatto con i circoli radicali islamisti, in particolare i predicatori d'odio salafiti che gravitano attorno alla moschea Fussilet 33 nel quartiere popolare di Moabit a Berlino. Secondo la polizia tre giorni dopo l'attentato era ancora a Berlino, sarebbe stato ferito al volto e facilmente riconoscibile. L'uomo viene ricercato in tutta Europa e verrebbe addirittura avvistato anche in Danimarca. In Germania si levano le critiche, soprattutto dai populisti dell'AfD, che secondo un sondaggio di ieri guadagnano il 2,5% in una settimana e schizzano al 15,5%. Sull'altro fronte, critiche sono giunte dai liberali, il cui leader Christian Lindner ha parlato di «fallimento» dello Stato, e dalla leader della Linke (Sinistra), Sahra Wagenknecht: Amri «era classificato come pericoloso: perché non è stato osservato 24 ore al giorno dopo il no all'asilo? Non si capisce», ha criticato.

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