ROMA «L'Europa capisca che occorre una posizione comune sull'immigrazione». Il mantra degli addetti ai lavori alla Farnesina si fonda sulla dimostrazione d'efficienza delle nostre forze di sicurezza dopo la segnalazione di Anis Amri da parte della Questura di Catania e la sua uccisione a Sesto San Giovanni. Un assist agli sforzi diplomatici italiani perché il problema venga affrontato dai paesi europei in modo unitario. Al tempo stesso, però, la difficoltà tecnica di espellere criminali e indesiderati, come in questo caso, alimenta l'affondo degli euroscettici in tutta Europa, da Marine Le Pen all'olandese Geert Wilders, passando per Salvini e Beppe Grillo in Italia.
L'ANNO RECORD I governi si concentrano adesso sul meccanismo per facilitare le espulsioni. Il tutto sullo sfondo dei dati drammatici resi noti ieri. Il primo: l'Onu a Ginevra ha dichiarato che il numero di migranti e rifugiati morti nel Mediterraneo nel 2016 già supera i 5mila dopo gli ultimi naufragi con circa 100 persone annegate. Il secondo: nel 2015, secondo l'Istat, è circa raddoppiato il numero di persone in cerca di asilo e protezione in Europa. Il record spetta alla Germania con 441.800, pari al 35 per cento del totale UE che supera il milione (per l'esattezza 1.257.030). Dietro la Germania: Ungheria, Svezia e Austria. L'Italia è al quinto posto con 83.245 richieste. Squilibrati i dati relativi alla concessione della protezione: nel 52,5 per cento dei casi in Germania, nel 42 (sotto la media europea) in Italia, dove bassissimo (5 per cento) è il riconoscimento dello status di rifugiato se paragonato al 55 tedesco.
Il 2016 si profila come anno boom delle richieste di protezione se alla fine di ottobre il numero già pareggiava di fatto quello dell'intero 2015. A rilanciare il tema è la Germania con Angela Merkel, che promette «modifiche» alle norme per la tutela della sicurezza, peraltro già «aggiornate». La Cancelliera assicura tempi rapidi «laddove necessario per cambiare le misure attuali». Intanto è stato intensificato il livello di collaborazione sui rimpatri con i paesi d'origine. Il ministro tedesco della Giustizia, Heiko Maas, dice che in gennaio si stabilirà «il modo migliore per monitorare le persone pericolose ed espellere gli irregolari». Fino allo scorso novembre la Germania aveva effettuato 111 rimpatri in Tunisia (17 lo scorso anno), 99 in Marocco (invece di 61) e 140 verso l'Algeria (erano 57). Significativi i progressi fatti grazie alla visita del ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Maiziére, nei tre paesi del Maghreb. Il paradosso è che mentre l'Europa arranca per far valere il diritto internazionale, proprio ieri l'autorità libica di Tocra-Makroun contro l'immigrazione clandestina ha annunciato di avere espulso 507 clandestini lo scorso novembre: 325 del Ciad, 165 egiziani, 16 sudanesi e un senegalese. Dal Mali sono attesi funzionari in Europa, sulla base di accordi con la UE dopo la visita del ministro degli Esteri olandese, Bert Koenders, per identificare e accelerare le procedure di rimpatrio. L'accordo prevede 9 progetti per un totale di oltre 145 milioni di euro, nella cornice del piano d'azione adottato dai Paesi UE e africani lo scorso 15 novembre a Malta che comprende lo stanziamento di 1,8 miliardi di euro al continente africano per arginare le cause delle migrazioni.
NO AI MURI Si tratta della linea perseguita dall'Italia, che rifiuta i Muri e l'abolizione di Schengen ma si concentra sugli aiuti direttamente in Africa, i centri di smistamento e identificazione sull'altra sponda del Mediterraneo, le cooperazioni bilaterali sui rimpatri e la revisione dei Trattati di Dublino che impongono ai migranti di chiedere lo status di profughi nel paese di primo approdo e non in quello di destinazione finale. L'operazione di Sesto potrebbe aiutare la diplomazia italiana a farsi meglio valere.