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Data: 27/12/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ed.nazionale - «Fabrizia via dall'Italia terra senza speranza»

SULMONA «Questa terra ancora non sa dare speranza». Ed è per colpa di questa terra senza speranza che Fabrizia è morta. «Perché questa giovane brillante e preparata ha dovuto lasciare la sua città per costruirsi lontano un divenire migliore». Un addio come metafora del poeta Eliot: Waste land Italia, terra desolata. Fabrizia Di Lorenzo, 31 anni, uccisa da un terrorista a Berlino perché il suo paese non le ha dato una chance. Picchia duro il vescovo di Sulmona Angelo Spina davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella e al ministro degli Interni Marco Minniti. Lancia frecciate che sembrano dirette, più che altro, al ministro Poletti, che non c'era. Accusa davanti alla bara di Fabrizia che è dovuta diventare Fraulein F., come si definiva lei stessa sui social, una giovane tedesca, per affermarsi nella vita e nel lavoro. «Sorella Europa», l'ha definita un cugino, perché si sentiva senza patria.
Forse è per questo che i genitori, la madre Giovanna e il padre Gaetano, ieri lividi per la troppa sofferenza nella cattedrale di San Panfilo, non hanno detto parola in pubblico in questi giorni di dolore. Perché sapevano che il vescovo Spina, già vicinissimo a papa Ratzinger, religioso attento ai temi sociali e all'uso dei media, con cui la famiglia è sempre stata in contatto, avrebbe dato voce in chiesa al loro sentimento di disperazione. E alla riflessione che Fabrizia non è stata uccisa solo da un fanatico integralista, ma dai ritardi di un paese che non sa offrire occasioni ai suoi ragazzi.

LE REAZIONI Non a caso subito dopo la cerimonia, la questione è diventata politica. Il governatore dell'Abruzzo, Luciano D'Alfonso, democrat vicino a Palazzo Chigi, ha dichiarato: «In questa terribile e insopportabile vicenda di sangue, le istituzioni devono riflettere per fare in modo che ogni territorio sia luogo di cittadinanza a partire dai Comuni». «Ho visto - aggiunge - la famiglia, ho conosciuto il fratello che è un ragazzo al pari e straordinario come la sorella. Un ragazzo che sta studiando a Torino, ed è prossimo alla laurea. Spero che lui possa trovare il suo progetto di vita qui senza doversi allontanare».
L'intervento del vescovo è stato il momento più significativo un funerale che, per il resto, si è svolto come chiesto dalla famiglia: all'insegna del silenzio e della mestizia collettiva. Ma la partecipazione della città è stata impressionante. La gente si è messa in fila già dalle prime ore del mattino, ferma davanti alle transenne della cattedrale dove l'imponente spiegamento di forze dell'ordine non consentiva a nessuno di avvicinarsi. Fuori i giornalisti, le telecamere e i fotografi. Discrezione, silenzio, rispetto. Alle 10 quando si aprono le porte della chiesa le navate si riempiono in un attimo: posti riservati ai parenti, alle autorità, al coro dei confratelli della Santissima Trinità, dove papà Gaetano canta ogni Venerdì Santo. A Sulmona è il giorno del lutto cittadino, la gente a migliaia si assiepa lungo i giardini comunali, davanti al sagrato della cattedrale, in fila lungo viale Matteotti a scortare il feretro portato a spalla. La gente applaude, soprattutto in piazza Carlo Tresca, diventata una sorta di luogo della memoria dedicato alla tragedia, con un altarino dove sono depositati lumini e fiori.

IDEALI Ancora, in chiesa. Il vescovo Spina, dopo la strigliata ai politici, regala anche parole dolci in sintonia con quello che è stato il profilo delicato ma inflessibile della sulmonese caduta a Berlino. «L'unica via è costruire la pace - ripete - quello in cui credeva Fabrizia, una ragazza dai grandi ideali e dai forti valori. Una stella che brilla e dice che la violenza è la profanazione di Dio». E' mezzogiorno passato quando, scortata dai corazzieri, la bara di legno, spoglia e semplice, esce da San Panfilo: un'ultima preghiera sul sagrato, un ultimo addio. Con mamma Giovanna che si avvicina per accarezzare la figlia. E ancora un applauso corale. Ciao Fabrizia.

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