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Data: 03/01/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni, il rischio di una mini restituzione a febbraio

ROMA L'inflazione al palo rischia di portare un indesiderato pezzo di carbone nella calza dei pensionati italiani. Non solo l'andamento piatto dei prezzi ha annullato, per il secondo anno consecutivo dopo 20 anni di aumenti, la rivalutazione degli assegni. Ma a gennaio, senza un intervento del governo, c'è la concreta possibilità che i trattamenti subiscano una trattenuta una tantum dello 0,1% dell'importo ricevuto nel 2015: ovvero la differenza tra l'inflazione programmata e quella effettiva su cui è stato calcolato l'adeguamento al costo della vita delle pensioni. La denuncia arriva da Spi-Cgil. Il sindacato, puntando l'indice sul decreto Milleproroghe di fine anno che non ha risolto la questione, calcola che nel caso di una pensione al minimo la perdita sarà di 6,5 euro all'anno e di 13 euro per una da 1.000 euro. Ma, facendo qualche ulteriore simulazione, si arriva a 20 euro per un assegno da 1.400 euro lordi ed a quota 28 per una pensione mensile di 3 mila euro lordi al mese.
L'AMMONIMENTO«Cifre che possono sembrare di poco conto ma che incidono in particolare sulle pensioni basse» ha ammonito il sindacato di Corso Italia ricordando che «lo scorso anno il governo intervenne rimandando questa restituzione a quando l'economia fosse effettivamente in ripresa neutralizzandone così gli effetti negativi. Anche quest'anno ha proseguito la Cgil il governo si era reso disponibile ad intraprendere la stessa strada ma per ora non lo ha fatto». Di qui l'invito al ministro del Lavoro Poletti «ad intervenire urgentemente per evitare che si penalizzino ancora una volta milioni di pensionati italiani». Senza un intervento di Palazzo Chigi, le cose sono destinate a restare così come indicato dal ministero dell'Economia il 17 novembre 2016: il decreto di Via XX Settembre fissa infatti la percentuale provvisoria di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni a quota 0 stabilendo che le pensioni corrisposte nel 2017 saranno immutate rispetto al biennio 2015-16. Al danno delle pensioni ferme, si aggiunge dunque la beffa dei soldi da restituire. Il conguaglio a perdere deriva dal fatto che, a inizio 2016, la perequazione provvisoria fu stimata allo 0,3% mentre alla fine del 2015 era stato accertato che un valore definitivo dello 0,2%. A quel punto, il governo avrebbe dovuto riprendersi quello 0,1% di importo pensioni in eccesso ma non lo fece congelando la questione e confidando su un recupero dell'inflazione che invece non c'è stato. Occorre ricordare che l'importo dei tagli in arrivo, in percentuale, scende per le pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo: chi gode di una pensione tra tre e quattro volte il trattamento minimo, subirà una trattenuta dello 0,95% dell'importo della pensione mensile moltiplicata per 13. Per i pensionati si tratta insomma di rivivere la pessima esperienza del 2011 quando il governo Monti, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, bloccò la perequazione automatica delle pensioni superiori a tre volte il minimo prima che una sentenza della Consulta, nel 2015, dichiarasse la misura parzialmente illegittima.

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