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Data: 11/01/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Jobs Act, il giorno della decisione. Consulta divisa. Poletti in Senato si scusa «E sui voucher cambiamo» Ma il governo lo lascia solo

ROMA Il contraccolpo politico è inevitabile, qualunque sia la decisione che la Consulta prenderà oggi sul referendum sul Jobs Act, proposti dalla Cgil. Sarà letta, a seconda dei casi, come un giudizio sulle politiche renziane, come un anticipo di quello che avverrà tra due settimane con la decisione sull'Italicum e, soprattutto, potrà rendere più o meno probabile il ricorso a elezioni anticipate, che una parte del sistema istituzionale vuole evitare e una parte del sistema politico tiene come carta nel cassetto. Nascono da qui anche le ricostruzioni sul pressing di ministri renziani, come Delrio e Franceschini, su alcuni giudici, Giuliano Amato in testa. Il Pd ha smentito: le posizioni di Renzi in materia di lavoro sono chiare, la decisione della Corte sarà rispettata. È intervenuto anche Tommaso Nannicini, ex sottosegretario e ora tra quelli che si occupa del programma del partito: «Nessun tifo».
Quello che, in linea generale, si può considerare un dato di fatto, è che un via libera al quesito sull'articolo 18 renderebbe molto più concreta una battaglia per il voto anticipato a giugno che punti a evitare la pericolosa consultazione referendaria, il cui esito rischierebbe di impattare sul governo, ma anche sul Pd di Renzi, già reduce dalla débacle del referendum costituzionale di dicembre. Se si andasse alle urne, invece, il referendum sul Jobs Act slitterebbe, per legge, di un anno.
LA PROCEDURA
Al di là dei tatticismi politici, la Corte - che oggi prima sentirà gli avvocati della Cgil e l'avvocato dello Stato a porte chiuse e poi deciderà in camera di consiglio - dovrà stabilire principalmente se i tre quesiti hanno i requisiti di univocità e omogeneità. Il primo punta ad abrogare le modifiche apportate dal Jobs Act all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ripristinando le tutele per chi subisce un licenziamento illegittimo; il secondo chiede di abolire i voucher, i buoni lavoro per le prestazioni accessorie introdotti sempre dal Jobs Act; il terzo vuole reintrodurre la responsabilità in solido tra appaltante e appaltatore. Per questi ultimi due il via libera è più scontato. Per il primo, no e la Corte è spaccata, i caso di parità, sarà il voto del presidente (che vale doppio). Il risultato preoccupa anche gli industriali: «Fare riforme e smontarle prima ancora che realizzano gli effetti è negativo per tutto il Paese», ha dichiarato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che giudica «allarmante» il dato sulla disoccupazione giovanile.
Sui voucher, intanto, è dibattito aperto. Il ministro del lavoro Poletti, sotto attacco da parte delle opposizioni, ha ribadito che il governo vuole una revisione dei voucher. Ma la minoranza Dem chiede garanzie: «O si interviene immediatamente - ha detto Roberto Speranza - o al referendum voteremo sì».

Poletti in Senato si scusa «E sui voucher cambiamo» Ma il governo lo lascia solo

ROMA Il ministro Poletti si scusa. «Erano frasi lontane dal mio pensiero e dalla mia storia». Quasi parole a sua insaputa. Cioè quelle che aveva pronunciato a proposito dei giovani italiani che vanno a cercare fortuna all'estero: «Il nostro Paese non soffrirà a non avere più tra i piedi alcuni di loro». In Senato, Poletti esprime le sue scuse. Ma la polemica che lo riguarda resta accesa con la mozione di sfiducia di M5S, Lega e Sinistra italiana e la richiesta di dimissioni da parte di Forza Italia e di Ala. Il ministro ha ammesso di aver «sbagliato» a esprimersi in quel modo ma ha anche denunciato la campagna di insulti e minacce sui social non solo contro di lui ma anche contro la moglie e il figlio definendola «allarmante». Però era solo nell'aula di Palazzo Madama il ministro che provoca imbarazzi anche in seno alla maggioranza di governo. Nessun collega insieme a lui, a fiancheggiarlo nell'autodifesa. A riprova di una debolezza politica e personale che permane. Anche se Poletti promette modifiche sui voucher, che sono il tema più spinoso anche al centro della nuova campagna referendaria, se ci sarà la consultazione sulla legge sul lavoro. Poletti ha ribadito che i voucher (norma oggetto di uno dei quesiti con cui se ne chiede l'abolizione) riportando lo strumento «alla funzione per la quale era stato disegnato». «Ho sostenuto - ha detto Poletti nella sua informativa al Senato - che non è giusto affermare che quelli che lasciano il nostro Paese sono i migliori e che, di conseguenza, quelli che restano hanno meno competenze e qualità degli altri. Ho aggiunto a questa opinione, che considero legittima e non offensiva, un inciso sbagliato e tale da ingenerare la convinzione di una mia insensibilità», nei confronti di quei ragazzi che cercano una prospettiva lontano dall'Italia.
LO SBAGLIO
E ancora: «Constatato il mio errore, ho considerato mio dovere scusarmi subito per quella espressione. Scuse che confermo in questa aula parlamentare» Poletti ha aggiunto che «è bene che i nostri giovani abbiano l'opportunità di andare in giro per l'Europa e per il mondo» ma che devono anche avere la possibilità di tornare nel nostro Paese. E se i firmatari della mozione di sfiducia sottolineano che le scuse non bastano, la richiesta di dimissioni arriva anche dai senatori di Ala: «Quando un chirurgo dopo aver fatto mille interventi sbaglia ed asporta un rene sano - ha detto Lucio Barani - non ha scusanti. Ha creato comunque un grave danno al paziente».

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