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Data: 14/01/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
allegato: LEGGI L'ARTICOLO
Quei conti opachi della Cgil e il patto sul dopo Camusso. Bilanci, il caso trasparenza e il mistero dell’ingente patrimonio immobiliare. La staffetta con Landini: la ex leader in Parlamento, il capo Fiom al suo posto

Forse la segreteria della Cgil avrebbe fatto bene a rileggere bene, in questi ultimi anni, un libro uscito nel 2002 per il Mulino. A scriverlo, uno dei pochi sindacalisti-intellettuali rimasti in prima nella confederazione rossa, che un tempo ne vantava a bizzeffe: Gaetano Sateriale, diretto collaboratore da sempre di Susanna Camusso. Ma soprattutto allievo dello storico Giorgio Rochat, poi lunghi anni tra i chimici della Cgil, poi ancora sindaco di Ferrara dal 1999 al 2009 prima di tornare alla Cgil nazionale, come coordinatore della segreteria. Il libro profeticamente s'intitolava Relazioni pericolose- sindacato e politica dopo la concertazione. E ovviamente identificava in Berlusconi colui che si era messo la concertazione alle spalle.
Non poteva immaginare, Sateriale, che un premier segretario del Pd, Renzi, 12 anni dopo dedicasse nemmeno un'ora scarsa a incontrare i sindacati prima di varare il Jobs Act. Eppure la ricetta che indicava quel libro era valida allora, e resta valida oggi. Il vecchio doppio ruolo di obbedienza alternato all'influenza decisiva sulle decisioni del Pci-Ds-Pds-Pd apparteneva a un passato destinato a non tornare. Il sindacatone rosso doveva giocare una libera partita nella prateria delle trasformazioni del lavoro e dell'impresa italiana.
Era ed è una tesi riformista. Che però non ha vinto. Né nella Cgil di Cofferati, né in quella di Epifani, né in quella della Camusso. I leader Cgil hanno continuato a concepire il ruolo della confederazione come eminentemente politico, e tutti finiscono in politica appena finito il mandato. Ormai, alla sinistra del Pd. Ed è, sussurrano in molti, la stessa cosa che avverrà alla Camusso, che accetterebbe la candidatura la prossima primavera, in caso di elezioni anticipate. Non nel Pd renziano, ovviamente. Ma nella neoformazione a sinistra a cui lavorano i fuoriusciti del Pd insieme a Pisapia e alla Boldrini, sempre che non si aggiungano anche esponenti della minoranza Pd oggi ancora nel partito.

IL PATTO A quel punto si anticiperebbe, aggiungono le voci, il compimento del patto del contrattone. Lo scambio convenuto tra Camusso e Landini, il ferrigno leader della Fiom alla testa della Cgil più antagonista. Landini firmi l'innovativo contratto di produttività con Federmeccanica seppellendo l'ascia di guerra, e in cambio entrerà nella segreteria confederale. E Landini ha firmato. Senza elezioni anticipate, nella prossima primavera entrerebbe così nella segreteria confederale in occasione della prevista conferenza nazionale d'organizzazione e programma. Ma se in primavera il parlamento andasse al rinnovo, allora Landini potrebbe saltare la sala d'attesa della segreteria confederale e senza aspettare un anno candidarsi a segretario generale dell'intera Cgil.
La partita non si gioca solo sul campo della leadership carismatica. Che a Landini non manca. Anche se, alla fine, ha perso in Fiat come nel contratto innovativo dei meccanici, che la Fiom è tornata a firmare dopo tre successive mancate firme ai rinnovi. Im questione c'è la natura del sindacato e della Cgil. E, in particolare, che spazio dare alla sua tradizione riformista, invece che esclusivamente a quella antagonista. Con Lama si era fatto un grande passo avanti nell'ammissione degli errori oltranzisti, ma erano gli anni del terrorismo e dell'inflazione a doppia cifra. Trentin, pure intellettualmente di estrema sinistra, era un realista. Dopo Cofferati, che inchiodò D'Alema bloccandolo sulla riforma delle pensioni, già Epifani si trovò a dover accuratamente nascondere la sua ascendenza socialista, e non comunista. I governi Berlusconi e quelli tecnici hanno ovviamente dato una mano all'antagonismo. E Renzi il rottamatore ha fatto cortocircuitare i resti del riformismo Cgil, pure storicamente molto importanti nei 110 anni di storia Cgil, compiuti lo scorso settembre.

I GIOCHI Di qui il patto Camusso-Landini: puntiamo tutto sui tre referendum del lavoro, e dopo la sconfitta di Renzi del 4 dicembre, una sconfitta a cui la Cgil molto ha contribuito, imponiamo sull'articolo 18 un'agenda economica radicalmente opposta. Senonché la Corte costituzionale ha scombinato i giochi. E se non ci sono elezioni politiche anticipate non è ancora scontato, che poi Landini nel 2018 conquisti la leadership Cgil, dopo aver passato anch'egli mesi a promettere una nuova cosa a sinistra del Pd.
Certo, nella prima fila Cgil oggi i riformisti doc sono rimasti in pochi. E non ammetterebbero mai di esserlo come distinti dagli antagonisti. La Camusso era sembrata puntare, per la successione, sulla trentasettenne Serena Sorrentino recentemente divenuta capo dei 400mila iscritti della funzione pubblica (sui 5,5 milioni totali della Cgil). La Sorrentino però al momento si tiene in attesa. Alla testa dei 216 mila della Filctem, la federazione da sempre più riformista per i contratti che firma senza grandi scioperi nel settore dei chimici, tessili, abbigliamento, vetri e piastrelle, c'è Emilio Miceli che potrebbe riservare sorprese. Ma scorrendo la nuova segreteria confederale varata dalla Camusso nel novembre scorso mancano leader riconosciuti. Anche se intorno a Vicenzo Colla, piacentino ex segretario della Cgil Emilia-Romagna, un organizzatore più che un contrattualista, potrebbe raccogliersi proprio per questo un'ipotesi di mediazione tra le diverse anime.
Paradossalmente, la Cgil che credeva di avere ottime carte per l'arrembaggio al Pd si trova dopo la sentenza della Corte a posizioni ribaltate. Nessuno può pensare che sui 2 quesiti residui si vinca la battaglia che sull'articolo 18 sembrava già vinta. Sfumerà anche il quesito sui voucher, basterà scrivere in legge che i voucher non possono oltrepassare una certa bassa percentuale di utilizzo in proporzione ai dipendenti di una società, e la Corte di Cassazione annullerà anche quel referendum. Saranno le scelte del Pd, a partire dalla data delle elezioni, a influenzare pesantemente la possibile ascesa di Landini, o una sua alternativa. Del resto non è un problema solo della Cgil. La Cisl della Furlan è in preda a una crisi che passa anch'essa sulla linea da seguire, e i toni dello scontro interno sono avvelenati. La Uil di Barbagallo da tempo ha innestato in molti settori la marcia indietro, mostrando un volto duro.
Dipende anche e soprattutto da questo, che le più importanti riforme di Renzi, sul lavorio e sulla scuola, appaiano oggi pericolosamente esposte al rischio di essere sterilizzate. Il riformismo del Pd è denegato da un pezzo dei suoi rappresentanti, e il sindacato è decisamente per traverso.

LE RIFORME Con queste premesse, non avremo altre riforme necessarie che dovrebbero cominciare dal sindacato stesso, e da una legge che applicasse l'articolo 39 della Costituzione. A cominciare dall'obbligo di produrre bilanci consolidati nazionali, e non di sole singole parti delle confederazioni bensì completi sia per la parte di conto economico sia patrimoniale. Ancora oggi tutti questi dati restano opachi. In base al numero di iscritti dichiarato e alla quota fissa versata su stipendi e pensioni, tenendo conto delle medie retributive italiane l'Espresso ha ipotizzato entrate da tesseramento pari a 740 milioni nel 2015, la Cgil dice che sono poco più della metà. Quanto alla stima degli incassi Cgil da Patronati e Caf: il Mef dichiarava per il 2013 43 milioni ai Caf Cgil, ma la cifra non torna rispetto ai 276 milioni complessivi previsti ai Caf nel 2016, e quanto ai Patronati Inca-Cgil, la stima è di almeno 85 milioni d'incasso. Nulla sappiamo dell'ingentissimo patrimonio immobiliare diffuso in tutta Italia.
La grande sfida per la Cgil e per il sindacato riformista avrebbe dovuto essere impegnarsi ventre a terra come protagonisti delle nuove politiche attive del lavoro, la gamba che ancora manca al Jobs Act e che passa dalla rottamazione dei vecchi centri provinciali dell'impiego. Invece sembra che la cosa non interessi a nessuno. E' di queste scelte con la testa all'indietro, che vive e prospera la prospettiva di una Cgil ancor più antagonista.

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