L’AQUILA Affila le armi il vice sindaco, Nicola Trifuoggi. E si dice pronto a scendere in campo, in vista della prossima tornata elettorale, in nome del rinnovamento. Sposando in pieno la filosofia dell’Arcivescovo emerito dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari, che alla «vecchia politica, attaccata alle poltrone» preferisce i giovani. Candidato sindaco sì, ma a capo di una lista civica, lontana anni luce dai partiti tradizionali. Non ci sarà nessun apparentamento, neppure con i 5 Stelle, anticipa Trifuoggi. Idee chiare per il braccio destro dell’attuale primo cittadino, Massimo Cialente: tra i due non vi è mai stato un particolare feeling nelle scelte amministrative. E la presa di distanza dal centrosinistra ne è una dimostrazione. Dottor Trifuoggi, sarà uno dei prossimi candidati a sindaco? «Non ho ancora assunto una decisione definitiva. Sto riflettendo, ma esiste la concreta possibilità che mi presenti a capo di una lista civica. Una compagine eterogenea con cui stiamo lavorando per creare un progetto comune, indipendentemente dalla provenienza ideologica e partitica di ciascun componente. Un gruppo di aquilani innamorati di questa città». Il timore espresso dai partiti tradizionali è che il fermento delle liste civiche, unito ai pentastellati, possa avere la meglio sulle coalizioni di destra e sinistra. Cosa ne pensa? «Personalmente intendo dialogare con tutti, tranne che con i partiti. Equivale a dire che non è ipotizzabile un’alleanza neppure con i 5 Stelle. Si avverte con forza la necessità di un cambiamento a livello politico e della creazione di una nuova classe dirigente, accompagnando la formazione dei giovani, che vanno incoraggiati. In questo sono pienamente d’accordo con monsignor Molinari. Qualcuno, tra cinque o dieci anni, dovrà pur governare questa città, ma dovrà farlo con una buona preparazione di base. Manca una nuova classe dirigente perché nessuno l’ha voluta far crescere, per tornaconto personale. Da questo dipende, in parte, la difficoltà delle coalizioni nella scelta dei candidati». Più giovani in politica? «Più giovani e più donne. L’auspicio, comunque vada, è che il nuovo consiglio comunale sia composto da tanti under 40 e da molte donne, ma non nel rispetto delle quote rosa, che sembrano una riserva indiana, bensì perché l’assise comunale deve rispecchiare il meglio che questa città sa esprimere, in termini di nuove leve». State già lavorando ad un programma di governo? «È prematuro, ma le linee di intervento ci sono. Il lavoro, come priorità assoluta per evitare di ricostruire una città che resterà vuota. Poi, la giustizia sociale: le differenze attuali sono troppo marcate. Questo significa anche una riconsiderazione delle frazioni, delle delegazioni e delle periferie, con un maggior coinvolgimento dei cittadini alla vita politico-amministrativa attraverso i Consigli territoriali di partecipazione, che vanno riscritti e riorganizzati. Altro nodo, la ricostruzione che va da sé, ma richiede un opportuno controllo per evitare intoppi e imprevisti. È necessaria anche una riorganizzazione della macchina amministrativa del Comune, che deve porsi al servizio dei cittadini». Quale dovrà essere il ruolo dell’Aquila? «Quello di capoluogo di regione, che oggi rappresenta solo sulla carta: una città unita e forte. L’Aquila deve occupare un posto di guida, non subalterno rispetto alle altre città e alla Regione, a cui oggi è condannata per motivi politici».