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Data: 15/01/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Alitalia, Etihad gioca la carta Lufthansa

ROMA Etihad ha deciso di accelerare i tempi per mettere in sicurezza Alitalia. Al di là della focalizzazione sul lungo raggio, il nuovo modello di business che ha in mente Abu Dhabi passa per una partnership, prima commerciale e poi industriale, con Lufthansa. Per questo i contatti con la compagnia tedesca sono ripresi con forza e nella massima riservatezza. Ma trattare in una fase così complessa e con perdite superiori ai 400 milioni non è agevole per Abu Dhabi. Alternative in campo però non ce ne sono. Proprio le banche azioniste, Intesa e Unicredit, sono state tra le prime a sponsorizzare il matrimonio un paio di mesi fa. Con l'obiettivo preciso di liberarsi al più presto di una partecipazione ingombrante che, visti i conti in profondo rosso, costringe a continue ricapitalizzazioni.
PORTA STRETTASolo a fine dicembre, come noto, i due istituti di credito e il socio emiratino, hanno sborsato 470 milioni per tappare i buchi di bilancio e consentire alla compagnia di continuare a volare. A marzo ne arriveranno altri 590 per proseguire l'avventura. Anche perchè le banche non hanno più intenzione di aprire il portafoglio. «Credo che Alitalia non abbia un minuto da perdere - dice al Messaggero Andrea Giuricin, analista ed esperto di trasporto aereo dell'Istituto Bruno Leoni- perchè senza i tedeschi non credo ci sia un futuro. Anzi forse siamo già fuori tempo». E questo perché la ex compagnia di bandiera continua a pagare l'errore storico di aver puntato sul medio e corto raggio. Una scelta, quella della rinuncia graduale alle rotte intercontinentali, avvenuta con l'abbandono del matrimonio con Air France-Klm, oltre 10 anni fa, proseguita con la gestione Colaninno e confermata nell'ultimo piano disegnato proprio dagli arabi. Ricostruire un network internazionale non è cosa che si può fare in tempi rapidi però. «Ci vogliano almeno un paio di anni per avere frutti da una rotta di lungo raggio - spiega sempre Guercin che aggiunge: «Etihad e i soci italiani non si sono poi accorti che Ryanair in quest'ultimo anno e mezzo è diventato molto forte a Fiumicino, spodestando Alitalia con nuove rotte e tariffe imbattibili». Tagliare poi le rotte domestiche e quelle europee, come prevede il piano messo in cantiere dall'ad Cramer Ball, rischia di impattare anche sul lungo raggio, non portando fieno in cascina. L'integrazione con Lufthansa, che ha una strategia multi hub, servirebbe invece a dare una scossa e a risollevare le sorti di Alitalia. Ma le nozze, sempre che Etihad riesca a chiudere il cerchio, non potranno non passare per un forte ridimensionamento dell'azienda. «Nel complesso - spiega Giuricin - le perdite dall'arrivo di Abu Dhabi sono state di 2,6 miliardi di euro, tenendo in considerazione che nel 2015 la compagnia ha avuto anche un beneficio straordinario che ha alleviato le perdite di circa 200 milioni di euro». La compagnia ha quindi bisogno di ridurre i costi, ma il vero pericolo, paventato dalle banche, è che ormai sia troppo piccola con i suoi 22 milioni di passeggeri per competere a livello globale. Solo per fare un raffronto, Ryanair, primo vettore in Italia, trasporta oltre 110 milioni di passeggeri l'anno. Sempre la low cost opera con un costo operativo per posto chilometro di circa 3,5 centesimi (vale a dire che un posto che vola mille chilometri costa 35 euro alla compagnia irlandese) contro i 75 euro in media di Alitalia. Il fatto poi di avere investito poco nella flotta a lungo raggio, ha spinto Adr, il gestore dello scalo romano, a puntare su nuovi partner per sviluppare l'aeroporto. «Non è un caso - conclude Giuricin - che proprio dalla stagione estiva del 2015, Fiumicino abbia avuto la più grande aggiunta di voli low cost in Europa circa 200 voli settimanali in più seconda solo alla somma di tutti gli aeroporti londinesi».
Lunedì incontro governo sindacati per evitare in extremis uno sciopero che sarebbe fatale per il futuro della compagnia. In attesa che Ball, oggi meno in bilico, trovi un'intesa ampia con i soci italiani. Banche che, mai come adesso, tifano per Lufthansa, prima di dire sì al business plan corretto.

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