PENNE Dolore, ansia e tanta tensione. I congiunti e gli amici di chi si trovava all'interno dell'hotel Rigopiano si sono ritrovati in buon numero dentro l'aula magna dell'ospedale San Massimo, il luogo messo a disposizione dal Comune di Penne. Occhi lucidi di commozione, tanta rabbia in corpo e nessuna voglia di parlare: i parenti degli ospiti e dei dipendenti dell'albergo sono stati isolati con un cordone di protezione istituito dagli psicologi, dagli uomini e le donne delle associazioni di volontariato e dalla cittadinanza che si è stretta loro attorno. Urla di dolore misto a rabbia, l'andirivieni degli psicologi dell'associazione regionale che hanno provato a dare conforto a chi sta vivendo un dramma immane. Tensione altissima: «Se siete giornalisti da qui ve ne dovete andare altrimenti ora alziamo le mani!», ha gridato un giovane ai tanti cronisti e operatori televisivi. Immagini dure da vedere e da raccontare.
L'ospedale di Penne è tornato ad essere per un terribile destino quello che per decenni è stato: un punto di riferimento territoriale importante. La Regione lo sta svalutando, però. «Stavano andando via dopo la prima scossa di terremoto, ma la strada era innevatissima e i mezzi per pulirla non si vedevano!» commenta un capannello di persone giunte da Farindola. «Ho avuto notizia anch'io di questa circostanza da mia figlia che era in contatto con una sua amica» fa presente Gabriele Pasqualone, segretario regionale della Fials ed operatore sanitario. «E poi vorrebbero ridurre ai minimi termini l'ospedale.» si lascia andare l'ex assessore comunale.
Al San Massimo si è andati avanti così per l'intero pomeriggio. A pochi metri la sede della Croce Rossa, iniziale punto di appoggio del centro operativo comunale poi spostato al palasport, e luogo di rientro di molti soccorritori. Fra questi il pennese Antonio Crocetta, fra i responsabili del servizio regionale del soccorso alpino. Stremato. «Non so cosa dire, non ce la faccio più. Sono arrivato sul luogo del disastro all'interno della colonna di soccorso nella tarda mattinata dopo 12 ore di viaggio. Ho visto cose che non potrò dimenticare. Neve e macerie, ci siamo fatti strada in tutti i modi, abbiamo scavato con le mani. Ora scusate, devo mangiare qualcosa, altrimenti svengo», e si inginocchia ormai privo di forze. Gianni Di Giosaffatte, fratello di Luigi, direttore generale di Confindustria, ha raccontato del figlio impegnato nei soccorsi. «Mi ha parlato di una situazione allucinante, da fine del mondo. Conosco alcune delle persone ospitate nell'hotel e sono preoccupatissimo per le loro condizioni. Altro non posso dire».
LA PREGHIERA DI FUSILLI
Davanti al Palasport trasformato in centro operativo comunale il deputato pescarese Pd Gianluca Fusilli, chiuso in un'auto, vive in silenzio il suo dramma personale: tra i dispersi c'è Sebastiano Di Carlo, fratello della sua amica e consigliera comunale Simona e anche di Laila, moglie di Riccardo Ciferni, imprenditore notissimo a Pescara per le sue celebri Tonde, le pizzette rosse. E' chiuso nel suo dolore, Fusilli, ma non dispera e si affida alla preghiera: «In momenti come questo l'unica cosa che puoi fare è pregare, sapendo che il destino comanda e può decidere nel bene o nel male». Sperando in un miracolo.