PESCARA «Sarebbe bastato uno spazzaneve a turbina arrivato in tempo per salvare molte vite. Non dico che sia colpa di qualcuno, non è possibile allo stato affermarlo. Non ci sono indagati e non ci saranno per ora, ma il dato è questo: nel momento di massimo bisogno la turbina non c'era». Nel giorno della gioia per i primi salvataggi ha l'effetto di un pugno nello stomaco l'affermazione del Procuratore di Pescara Cristina Tedeschini. E spiega meglio di cento indiscrezioni la piega che l'inchiesta sta prendendo. Minuto per minuto, telefonata dopo telefonata, sms dopo sms. Chi ha fatto cosa, nei momenti cruciali dopo la slavina abbattutasi sull'Hotel Rigopiano. E soprattutto chi doveva fare cosa, in base ai piani di intervento, ai livelli di responsabilità e al senso comune che a ciascuno è richiesto in situazioni estreme. Anche a chi offre ospitalità a quattro stelle in una struttura arroccata a 1200 metri di quota.
DISPOSTE LE AUTOPSIE L'arco di tempo che va dalle 17,30 alle 19,30 di mercoledì scorso sarà vivisezionato dai Pm pescaresi che, intanto, hanno disposto l'autopsia per chi non ce l'ha fatta: se causa della morte sarà l'assideramento, allora l'eventuale ritardo nella partenza dei soccorsi potrebbe aggravare le posizioni. I carabinieri del reparto investigativo di Pescara e dai neo colleghi della Forestale hanno acquisito le prime carte: il piano neve della Provincia, ad esempio, e i tabulati telefonici delle utenze considerate calde, come il cellulare di Giampiero Parete, il primo sopravvissuto, del suo collega Quintino Marcella che ne ha raccolto il disperato grido di aiuto, i centralini di, 112, 118, centrale operativa della Protezione civile e fatalmente anche le utenze della Prefettura che hanno avuto contatti con lo scampato alla valanga e il suo amico. Un capitolo sul quale le versioni dei protagonisti divergono in molti punti. Tutto materiale già sul tavolo degli inquirenti. Poi il lavoro della Procura punterà sulla madre di tutti i problemi, le autorizzazioni concesse nell'arco di 50 anni per la costruzione e i successivi ampliamenti dell'albergo in una zona che molti pareri tecnici definiscono ad alto rischio di valanghe. Dalla scheda del piano neve relativa alla zona Penne-Farindola salta fuori la prima sorpresa. Per i 22 micidiali chilometri a monte di Penne, dal bivio di Cupoli, dove la colonna dei soccorsi mercoledì notte si è arenata per ore, fino a Rigopiano, il mezzo messo a disposizione della ditta privata convenzionata con la Provincia di Pescara è un «trattore agricolo con vomere e spargisale, potenza 127 Hp». Proprio così, un veicolo nato per arare i campi, meno potente di un suv e attrezzato alla bisogna con una pala anteriore per liberare uno dei comprensori più nevosi del territorio, che oltre all'hotel dei vip ospita una comunità di 1551 persone in gran parte anziane e le aziende che producono il celebre pecorino di Farindola, l'oro di queste montagne. Non è l'unica falla che affiora nel dispositivo del soccorso.
LE MANCANZE È Stefano Di Domizio, segretario provinciale della Cgil funzione pubblica di Pescara, a denunciare che nei giorni della tragedia lo spazzaneve a turbina in dotazione alla Provincia era guasto. Circostanza confermata dall'amministrazione, con la precisazione che proprio questo dato ha suggerito la richiesta di un mezzo dell'Anas fin dalla mattina di mercoledì. Ci si interroga poi sulle dotazioni private dell'albergo, che ha la responsabilità assoluta sul tratto di strada privata di circa duecento metri dal piazzale del parcheggio all'innesto con la provinciale. Ma che in teoria dovrebbe garantire a ogni ospite libertà di movimento. Risulta che le richieste di interrompere il soggiorno per cattivo tempo erano cominciate da sabato 14.
L'amministratore della Gran Sasso resort spa Bruno Di Tommaso afferma che la struttura è dotata di una semplice pala meccanica, risultata inidonea a fronteggiare l'eccezionale nevicata di martedì e mercoledì. Delicatissimo è il capitolo relativo al timing dei soccorsi. Alla versione di Quintino Marcella, l'uomo che afferma di aver lanciato l'allarme ma di non essere stato creduto, si contrappone la ricostruzione cronologica della Prefettura in base alla quale la prima telefonata di Parete arrivò al centralino del 118, mettendo in moto a cascata l'allertamento di Protezione civile e Prefettura. Le successive telefonate di Marcella sarebbero arrivate mentre era già in atto un ponte diretto con i due scampati alla slavina. Dalle 18 circa il pronto soccorso di Pescara è stato messo in preallarme, ma soltanto alle 19,30, dopo l'arrivo della turbina dell'Anas, la colonna dei soccorsi si è messa in moto da Penne. Sono questi i lunghi minuti fatali di cui parla il procuratore Tedeschini? Il rebus è appena all'inizio.