ROMA A parole c'è la massima unità d'intenti. Con abbracci e sorrisi al termine di un cda durato meno di due ore. Una riunione che, secondo fonti ufficiali, ha da un lato rinnovato l'appoggio al management di Alitalia e, dall'altro, al piano che prevede un taglio dei costi da 160 milioni solo per il 2017. Nei fatti però qualche tensione in cda c'è stata ieri pomeriggio. Perché al di là della volontà di stemperare le polemiche, i soci bancari, ovvero Intesa e Unicredit, non sono ancora convinti della necessità di andare avanti con l'ad Cramer Ball e, sopratutto, con il vicepresidente James Hogan. Insomma, almeno una delle due banche, preferirebbe una forte discontinuità per far marciare il business plan, un piano che adesso dovrà essere validato dai due advisor nominati ufficialmente dalla compagnia, Roland Berger per la parte industriale e Kpmg per quella finanziaria.
LA PRESSIONEPer il momento Etihad, che ha il 49% del capitale, tiene duro e non cede al pressing su Ball e Hogan, facendo notare che cambiare il management in questo momento sarebbe solo una perdita di tempo. E che, come già assicurato al governo, ci sarà il massimo coinvolgimento degli azionisti, chiamati, come noto, a mettere mano al portafoglio già a marzo con una nuova iniezione di liquidità non lontana da 600 milioni.
Ma a sfiduciare Ball, dopo le bordate del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, che ha definito inadeguato l'attuale vertice aziendale, fanno capire sempre le banche, potrebbero essere invece gli advisor indipendenti. Se i consulenti dovessero individuare forti criticità nel piano, a pagare sarebbe proprio il top management che in queste settimane si gioca tutto con la definizione delle linee guida per i prossimi cinque anni. A partire, il dato è emerso ieri, dal maxi-taglio da 160 milioni. Sforbiciata che riguarderà tutti i costi: dal leasing degli aerei alle forniture. In questo conto non figurerebbero il taglio delle rotte improduttive e, sopratutto, quello del costo del lavoro. Di certo sia Intesa che Unicredit prima di fornire nuove risorse intendono verificare punto per punto i risparmi individuati. Altrimenti, giurano, si ritireranno in buon ordine.
Sul fronte esuberi, il tema più sensibile, il cda ha evitato di entrare nei dettagli. Ma si sa che la cifra oscilla tra 1.600 e 4.000. Con il blocco delle anzianità per i dipendenti con più anni di attività, le esternalizzazioni, la scure sul personale di terra e la possibile estensione del contratto di CityLiner, calibrato sul modello delle low cost, ad un maggior numero di piloti e assistenti di volo. Contratto che, come noto, prevede stipendi inferiori fino al 35% rispetto a quelli attuali della ex compagnia di bandiera. Non è chiaro se questa estensione del contratto low cost, per reggere la concorrenza di Ryanair e Easyjet, sia propedeutica alla creazione di due società, una tradizionale per il lungo raggio e una, molto meno costosa, per il corto e medio. Di fatto però l'obiettivo è proprio quello di riorganizzare radicalmente il vettore, dando maggiore flessibilità, anche attraverso una politica tariffaria più aggressiva e il pagamento dei tutti servizi accessori. Difficilmente il nuovo piano potrà vedere la luce nelle tre settimane, come promesso al governo. Più probabile che il presidente Luca Cordero di Montezemolo, proprio per ottenere il più ampio consenso, chieda un nuovo slittamento.