PESCARA Due enti sapevano dell’allarme valanghe a Rigopiano. Ma non l’hanno detto a nessuno. Per gli investigatori, è un dato certo: il 16, il 17 e anche il 18 gennaio, giorno della tragedia, la prefettura di Pescara e la Regione Abruzzo hanno ricevuto i bollettini Meteomont che segnalavano il pericolo crescente di slavine anche nella zona dell’Hotel Rigopiano a Farindola, ma dai computer non è partita alcuna comunicazione. Nessuna mail al Comune di Farindola e nessuna mail all’albergo. È un punto fermo nell’inchiesta sulla valanga che si è abbattuta sul resort con la forza di 4 mila camion carichi di neve lasciando dietro di sé 29 morti e 11 sopravvissuti. Un’indagine, per omicidio plurimo colposo e disastro colposo, che resta senza indagati ma che inizia a delineare un quadro di possibili responsabilità. Perché, in base alla ricostruzione dei carabinieri e della forestale, il compito di informare l’amministrazione comunale, secondo la prassi, è della prefettura. Ma, stavolta, la catena dell’informazione si è fermata troppo presto: una mancanza che potrebbe innescare un’accusa per omissione. Computer al setaccio. A dire che nessun allerta valanghe è stato rilanciato dalla prefettura (e anche dalla Regione) sono le mail sequestrate dagli inquirenti: nei computer non c’è traccia di messaggi per il Comune di Farindola. Come ha detto subito il sindaco Ilario Lacchetta: a Farindola, il dispaccio con l’allarme slavine non è mai arrivato. Né il sindaco né i gestori dell’albergo sapevano che, mercoledì, il rischio valanghe era di 4 su un massimo di 5. Anche il procuratore Cristina Tedeschini, che conduce l’inchiesta con il pm Andrea Papalia, ha sottolineato due volte che «il servizio Meteomont ha funzionato regolarmente». E la Tedeschini ha fatto capire che si tratta di una parte rilevante dell’inchiesta: «I bollettini Meteomont sono stati regolarmente redatti, trasmessi e ricevuti dai destinatari istituzionali. Questo è un fatto certo». Se il Comune avesse saputo della possibilità di una valanga, avrebbe potuto far sgomberare il resort? È una domanda impossibile, adesso. Anche perché gli inquirenti hanno scoperto che, a Farindola, dal 2005 è stata cancellata la commissione valanghe, istituita negli anni Novanta in quanto considerato territorio a rischio. Evacuazione. Ma soprattutto perché l’ordine di evacuare l’hotel sarebbe dovuto partire martedì, al massimo in serata. Infatti, mercoledì mattina gli ospiti dell’albergo si sono svegliati con oltre due metri di neve e la strada, pulita intorno alle 13,20 del giorno prima, ormai impraticabile. La strada per Rigopiano diventata una trappola di neve è un’altra parte importante dell’inchiesta: a Rigopiano avrebbe dovuto esserci una turbina della Provincia in azione ma il mezzo è rotto dal 6 gennaio scorso. Gli inquirenti hanno ispezionato l’officina in cui è stata portata a riparare la turbina e l’hanno trovata, a distanza di oltre due settimane, ancora smontata. Non è chiaro se per mancanza di soldi della Provincia o per la difficoltà di trovare i pezzi di ricambio. Con la strada bloccata e dopo le scosse di terremoto, l’hotel ha scritto una mail-appello a Provincia e Regione per segnalare la paura dei clienti. Permessi acquisiti. Terzo fronte dell’inchiesta è la storia del Rigopiano: già acquisiti, nel Comune di Farindola, i permessi di costruzione risalenti al 1967 e della ristrutturazione del 2007 quando sono stati realizzati il centro benessere e altri due edifici in legno. Ma secondo le indiscrezioni, i reati potrebbero scattare solo per l’allerta ignorato e per la strada non pulita che ha rallentato i soccorsi. Un’ora e 50 più tardi. Potrebbero non esserci violazioni penali per il ritardo dei soccorsi: su questo fronte sta indagano la squadra mobile. Il ritardo si aggira intorno a un’ora e 50 minuti. Un tempo che, per gli inquirenti, viste le condizioni della strada per Rigopiano, avrebbe cambiato poco nei soccorsi.