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Data: 28/01/2017
Testata giornalistica: Il Centro
«C’è probabilità di un terremoto». Il ricercatore Valensise: gli effetti non sarebbero pari a quelli verificatisi in occasione della tragedia del 6 aprile 2009

L’AQUILA «Purtroppo esiste una probabilità, non piccola, di nuove scosse nella zona a sud-est di Campotosto, tra Montereale e Preturo. C’è una probabilità abbastanza alta che si verifichino terremoti fino a magnitudo 5.5 e una probabilità più bassa che vi siano scosse anche più forti». Parla un linguaggio semplice e chiaro, seppur tecnico, il sismologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Gianluca Valensise, un esperto in sismo-tettonica. E fa luce su quanto sta accadendo nel Centro-Italia, dentro la crosta terrestre. A partire dal terremoto di Amatrice, fino allo sciame sismico dell’Alta Valle dell’Aterno e alle ultime scosse nell’Aquilano, con epicentro Coppito. La terra, dal 24 agosto scorso, continua a tremare. Cosa dobbiamo aspettarci? «La prima scossa, quella di Amatrice, è avvenuta in una zona dell’Appennino nota per la presenza di faglie estensionali, che fanno parte di un “serpentone” appenninico che va dalla Liguria fino allo Stretto di Messina. Mille chilometri di dorsale interessati da un sistema continuo di faglie, ciascuna lunga fra i 10 e i 40 chilometri, in grado di produrre terremoti di magnitudo tra 5.8 e 7.2, proporzionalmente alla lunghezza di ciascuna faglia. Quel terremoto è avvenuto in una zona dove non si verificavano eventi da almeno tre secoli e questo rappresenta un’aggravante, in quanto la mancanza di esperienza diretta dei terremoti ci porta ad abbassare la guardia». Il secondo evento, il 26 ottobre dell’anno scorso, è stato una diretta conseguenza del primo? «La scossa del 24 agosto ha messo sotto sforzo tutte le faglie limitrofe. La nostra penisola subisce uno stiramento in senso sud-ovest-nord-est, ovvero dal Tirreno all’Adriatico e la cresta dell’Appennino è il punto dove l’estensione trova sfogo attraverso queste faglie. Quello che fa la differenza è il grado di caricamento, nel corso del tempo. Tornando al terremoto del 26 ottobre, si può dire che abbia contribuito all’attivazione della faglia di Montereale, incrementando lo sforzo sul piano della faglia stessa». Quattro scosse consecutive con magnitudo intorno a 5 sono state definite un evento anomalo. È d’accordo con questa interpretazione? «Negli ultimi decenni, da quando si utilizza la misurazione strumentale dei terremoti, non sono state registrate scosse telluriche di questa magnitudo e così ravvicinate. Almeno nella dorsale appenninica. Quasi certamente è successo in passato, ma non abbiamo dati sufficientemente accurati per affermarlo con sicurezza». Significa che la sequenza non è finita qui? «Rispetto a quanto avvenuto ad Amatrice, esistono tre sistemi di faglie che potrebbero attivarsi: quello responsabile del sisma del 1703, da Norcia all’Aquila, la cui attivazione è poco probabile in quanto ha provocato terremoti tra 6.5 e 6.7 tre secoli fa, un lasso di tempo breve per i processi geologici. Il secondo si trova tra Visso e Camerino. Infine, a sud-est di Campotosto, tra Montereale e Preturo, anche se non siamo in grado di stabilire se questo sistema di faglie si sia scaricato completamente. Le scosse del 18 gennaio, hanno una magnitudo troppo piccola per aver scaricato tutta l’energia. Sommando le scosse di Montereale si ottiene un terremoto “equivalente” di magnitudo 5.8 circa, pari a 1/6 dell’energia rilasciata dal sisma del 2009, che ebbe magnitudo 6.3». Quanto è concreta la possibilità che si verifichi un nuovo terremoto all’Aquila? «C’è una buona probabilità di nuove scosse nell’area compresa tra Montereale e Preturo, fino a una magnitudo di 5.5 circa. Più bassa la probabilità che avvengano terremoti di magnitudo superiore. Le prossime settimane sono quelle a maggior rischio, ma dobbiamo ricordare che il terremoto del 2009 si è verificato esattamente sotto la città dell’Aquila: riteniamo, quindi, abbia liberato tutta l’energia presente nel sottosuolo. Anche se dovesse attivarsi la faglia tra Montereale e Preturo gli effetti non sarebbero confrontabili con quelli del 6 aprile». Gli aquilani devono mantenere alta la soglia di allarme? «Dopo il sisma del 2009 non credo che in città siano rimaste situazioni di rischio palese. Chi vive in abitazioni nuove o riparate adeguatamente non ha nulla da temere, così come chi abita in case che hanno superato bene la scossa del 6 aprile. Non dimentichiamo che gli effetti del sisma sono legati soprattutto alla qualità delle abitazioni». Nelle ultime ore si è registrata una sequenza di piccole scosse, in zona Coppito. E’ un segnale preoccupante? «Siamo in corrispondenza dell’estremità nord della rottura della faglia del terremoto del 2009. Si tratta di scosse molto piccole, che si registrano ovunque, nelle zone sismiche, in qualsiasi momento. Sono state avvertite in quanto concentrate in un unico punto. Finora l’Ingv ne ha registrate una ventina, con magnitudo tra 1 e 2.5. Sono scosse collegate a tutto il sistema delle faglie appenniniche. A questo livello di magnitudo se ne verificano in continuazione, in tutta Italia, gran parte delle quali non sono neppure avvertite. Dal 24 agosto ad oggi, l’Ingv ha rilevato oltre 50mila scosse solo nell’Appennino centrale».


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