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Pescara, 24/07/2024
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Data: 28/01/2017
Testata giornalistica: Il Centro
«Preso a pugni dal conducente del bus». Via Dalla Chiesa, il cittadino si era lamentato per il fumo dei gas di scarico dentro casa durante le soste del mezzo Tua

PESCARA Ossa del naso rotte, trauma cranico, il volto coperto dai lividi. Massimiliano Di Blasio, 45 anni, sembrava uscito da un incontro di pugilato. «E invece sono stato preso a pugni da un autista della Tua», denuncia l’uomo, che è disoccupato, sposato e padre di due figli. È successo sotto casa sua, in via Carlo Alberto dalla Chiesa, al culmine di una discussione scatenata dal gas di scarico dei bus che sostano ogni giorno (ogni ora) in quel punto. Di Blasio si è rivolto alla polizia, ha riferito tutto e sporto querela. E chiede giustizia. Anche perché, dice, è da troppo tempo che sopporta una situazione sgradevole, insieme alla moglie, cardiopatica e asmatica. Per questi problemi di salute la donna si è vista assegnare dal Comune di Pescara, circa undici fa, un alloggio in via Carlo Alberto Dalla Chiesa, all’epoca riservato a persone disabili. Tutti gli anni trascorsi in quella casa sono stati contrassegnati da uno spiacevole neo: «Sotto la nostra abitazione fa capolinea il pullman numero 14 e gli autisti lasciano il motore acceso durante le lunghe soste che si verificano prima di riprendere la corsa», dice Di Blasio. I fumi emanati dai tubi di scarico provocano «un inquinamento ambientale che ci investe in pieno» e ogni volta questo disagio si protrae per circa venti o trenta minuti, racconta ancora. Di Blasio ha spiegato agli autisti, avvicinati di volta in volta sotto casa, che la moglie non può rispettare quel fumo. Ha chiesto a ognuno di loro «la cortesia di spegnere il motore del pullman durante le soste», ma è stato accontentato solo in alcuni casi. Ha anche «interessato ripetutamente i vertici dell'azienda Tua affinché sensibilizzassero gli autisti». I suoi appelli sono «caduti nel vuoto» perché di fatto «non è mai cambiato nulla, se non in qualche raro caso». La sera del 14 gennaio, poi, si è verificata l’aggressione: «È arrivato il pullman e, in attesa di riprendere la corsa, l'autista ha tenuto il motore acceso durante la lunga sosta». Di Blasio era sul balcone, al primo piano, e i fumi di scarico raggiungevano l'alloggio per cui «dopo quindici minuti mi sono sentito in dovere di scendere e chiedere all’autista di spegnere il motore. Ho fatto presente che la mia abitazione era invasa dal fumo e che non gli sarebbe costato nulla spegnere il bus, tanto più che avrebbe dovuto rispettare il Codice della strada e il Regolamento interno dell’azienda». Sempre stando al racconto di Di Blasio, «l'autista, del tutto inaspettatamente, in modo provocatorio, si è tolto il giubbotto e lo ha poggiato sullo schienale del sedile, invitandomi a risolvere la questione “a modo suo”. Mi ha sferrato almeno due pugni violenti al volto in rapida successione, facendomi stramazzare a terra, sulla pedana del pullman. Ho accusato violentemente la botta, poi mi sono rialzato e sono sceso dal mezzo. Mentre ero seduto alla fermata ho notato che l'addetto della Tua chiudeva le porte del pullman e ripartiva, passandomi con la ruota anteriore sul piede destro. Fortunatamente, indossavo delle scarpe antinfortunistica per cui non ho subito lesioni. Frastornato, sono risalito a casa e mia moglie ha avvisato 118 e polizia». Di Blasio è finito in ospedale, dove è stato giudicato guaribile in trenta giorni. E ora si augura che venga individuato il responsabile. Un risultato, però, lo ha già ottenuto: da quel giorno mai più bus accesi a quel capolinea.

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