ROMA Non è vero che si tratta di una norma «costituzionalmente necessaria» come sostiene il governo. Almeno non lo è nella formulazione attuale. È questo il motivo per cui la Consulta ha ammesso il quesito referendario per l'abrogazione dei voucher proposto dalla Cgil. A far cadere l'assunto - dice la Corte - è la mancanza nell'attuale disciplina di «qualsiasi riferimento alla occasionalità della prestazione lavorativa quale requisito strutturale dellistituto». È il lavoro occasionale «che deve trovare obbligatoriamente una disciplina normativa». Ma «levoluzione dellistituto - spiegano i magistrati - nel trascendere i caratteri di occasionalità dellesigenza lavorativa cui era originariamente chiamato ad assolvere, lo ha reso alternativo a tipologie regolate da altri istituti giuslavoristici e quindi non necessario».
I NUOVI PALETTI Eccola quindi la parola chiave: occasionalità. La parola di cui il governo dovrà necessariamente tenere ben presente nei correttivi che si prepara a varare, se vuole avere qualche speranza di evitare il referendum. In realtà non è una sorpresa. Lo stesso ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha dichiarato che l'intenzione è proprio quella di riportare l'utilizzo dei voucher nel solco del lavoro accessorio occasionale. Il che però non significa ritornare alla vecchia versione, quella del 2003, quando c'erano precisi limiti e paletti anche alla tipologia di prestatori (studenti, pensionati e disoccupati). Le ipotesi al vaglio dei tecnici - che stanno analizzando i dati del 2016 - si concentrano invece soprattutto sui committenti. Alcuni comparti, l'edilizia in primis, forse saranno esclusi del tutto dalla possibilità di utilizzare i voucher. Per gli altri invece si pensa a una serie di soglie massime (non alternative tra di loro): al numero di ore annue; al numero dei giorni mensili (10/15, limite che vale anche se non sono consecutivi); al numero di voucher annui utilizzabili. Prendiamo questo ultimo parametro: attualmente l'azienda può attivare anche un milione o più di voucher. L'unico limite che ha è quello della soglia di 2.000 euro annui a voucherista.
Per definire i nuovi tetti conterà anche la dimensione dell'azienda: se ha più di 15 dipendenti le soglie si abbassano. Un principio che non varrà per le società senza scopo di lucro. Saranno tutti questi limiti - temporali e quantitativi - a definire e circoscrivere i confini del lavoro occasionale, dicitura che tornerà chiaramente nella norma (con il rischio, per chi abusa dello strumento, di essere portato in tribunale dal lavoratore). Invece dal 2015, come ricorda anche la Consulta nelle motivazioni, la parola «occasionale» è stata completamente tolta e si parla solo di «lavoro accessorio».
Ieri sono state rese note anche le motivazioni alla base della non ammissibilità del referendum sull'articolo 18: «Il quesito è inammissibile anzitutto a causa del suo carattere propositivo, che lo rende estraneo alla funzione meramente abrogativa assegnata all'istituto di democrazia diretta previsto dall'art. 75» della Costituzione. Nel quesito si chiedeva non solo il ripristino della tutela per i licenziamenti senza giusta causa, ma anche la sua estensione alle aziende con più di 5 dipendenti contro i 15 previsti dall'art.18 dello Statuto. A pesare sull'inammissibilità anche il «difetto di univocità e di omogeneità». Motivazioni che «non ci convincono» fa sapere la Cgil che comunque sottolinea di essere «determinata a proseguire con convinzione l'impegno a sostegno dei due referendum ammessi dalla Corte: per l'abrogazione dei voucher e per la piena responsabilità solidale negli appalti».