ROMA Gli svizzeri la chiamano «vignette». Un bollino annuale del costo di una quarantina di franchi, poco meno di quaranta euro, che chiunque voglia viaggiare su una strada della Confederazione deve apporre sul parabrezza. Questo nuovo bollo auto, potrebbe fare presto la sua comparsa anche in Italia. Non sostituirà il pedaggio autostradale o i telepass, perché per le autostrade già oggi a pagamento non cambierà niente. Il bollo servirà a pagare il transito su strade che per ora sono gratuite, tutte quelle cioè, attualmente in gestione all'Anas, la società pubblica che si occupa della manutenzione stradale. Sono numerose e anche importanti: si va dal Grande raccordo anulare di Roma, fino all'autostrada Salerno-Reggio Calabria. In totale oltre 25 mila chilometri sui quali in futuro, chiunque vorrà transitare, dovrà dotarsi dell'apposito bollino. Quanto costerà? È presto per dirlo. Qualche calcolo a spanne si potrebbe fare considerando che ogni anno all'Anas lo Stato trasferisce circa 2 miliardi di euro per gli investimenti sulla rete. Il bollo auto delle Regioni, quello attualmente pagato dagli automobilisti, vale 6 miliardi di euro circa. La cifra che serve per finanziare Anas, dunque, è più o meno un terzo di quella dell'attuale bollo auto.
IL MECCANISMO
La ragione per cui il governo ha allo studio questo meccanismo della «vignette», è che il Tesoro ha la necessità di portare fuori dai conti pubblici la società delle strade. Perché l'Europa accetti il fatto che Anas esca dal perimetro pubblico, Roma deve dimostrare che la società guidata da Gianni Vittorio Armani, è in grado di camminare sulle sue gambe, o con ricavi di mercato o con una tariffa. Il bollino per chi passa sul Grande Raccordo Anulare e sulle altre strade Anas, servirebbe proprio a questo. In realtà c'è anche un'ipotesi alternativa. Un meccanismo che pure era stato studiato fin nei minimi dettagli sia dai tecnici del ministero delle Infrastrutture che da quello dell'Economia, ma che sarebbe stato accantonato. L'idea era quella di far pagare una sorta di pedaggio occulto sulle strade Anas, destinando alla società una quota parte delle accise sulla benzina. Per i consumatori finali l'effetto sarebbe stato neutrale. Le accise non sarebbero aumentate, e dunque nemmeno la benzina, perché lo Stato avrebbe compensato il gettito destinato ad Anas con il mancato trasferimento alla società pubblica dei 2 miliardi annui che oggi gravano sulla fiscalità generale.
I DUBBI
Questo sistema, però, non avrebbe convinto del tutto i tecnici del Tesoro. L'obiezione sarebbe stata che il consumo di carburante può avere delle oscillazioni anche importanti. Vincolare al finanziamento di Anas una quota fissa del gettito, avrebbe rischiato, in caso di calo dei consumi, di ridurre troppo la parte di entrate che sarebbe restata nelle casse dello Stato. Non che il sistema del bollino non abbia dei lati negativi. Il primo è che, data l'estensione della rete stradale dell'Anas, più o meno tutti gli automobilisti sarebbero chiamati a pagarlo. Il secondo, forse anche più importante, è che non tiene conto del consumo, nel senso che se anche un automobilista dovesse passare una sola volta in un anno sul Grande Raccordo Anulare o prendere la Salerno-Reggio Calabria, dovrebbe comunque pagare la quota intera. In questo senso, insomma, potrebbe essere addirittura meglio un pedaggio simile a quello che hanno le autostrade gestite dai privati.
IL SEGNALE
Trovare un reddito di mercato all'Anas, tuttavia, è una priorità per il Tesoro, che ha necessità di dare impulso al piano di privatizzazioni per dare un segnale all'Europa. Il progetto prevede il conferimento della società delle strade all'interno delle Ferrovie e, successivamente, la privatizzazione di un pezzo della società dei treni. Sul mercato finirebbe la parte più remunerativa di Fs, le i treni dell'alta velocità, le cosiddette Frecce. Prima di arrivare al matrimonio tra le Ferrovie e l'Anas, però, c'è un altro problema che il governo deve risolvere: quello del maxi contenzioso in pancia alla società delle strade, contro cui sono state intentate cause per il valore monstre di 9 miliardi di euro. Se questo rischio fosse trasferito pari pari nelle casse di una società come Ferrovie, rischierebbe di far saltare tutti i «covenant» sui quali è poggiato il debito del gruppo guidato da Renato Mazzoncini. L'idea del governo è quella di fornire le Ferrovie di una «dote» in grado di assorbire l'impatto di eventuali sconfitte in questi contenziosi. Un rischio non elevatissimo, secondo i calcoli, pari a circa il 10% del totale. Si tratta comunque di 900 milioni di euro. Duecento milioni già sono nel fondo per i rischi di Anas, ai quali il Tesoro ne aggiungerebbe altri 700. Se queste due pedine, il bollino e il contenzioso, andranno a dama entro febbraio, allora la quotazione delle Frecce potrebbe esserci già nel 2017.