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Data: 01/02/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Strage di Viareggio - Manager condannati tra urla e polemiche. Sette anni a Moretti già ad di Rfi e sette anni e sei mesi al successore Elia. Quel vagone cisterna carico di Gpl che uscì dai binari e diventò una bomba. Il governo su Moretti: «Non deve dimettersi»

LUCCA Ventitré condanne per complessivi 97 anni, dieci assoluzioni e sei milioni di euro tra sanzioni pecuniarie e provvisionali. Dopo 140 udienze, vissute con passione e dolore dai familiari delle 32 vittime del treno che il 29 giugno 2009 è diventato una palla di fuoco nella stazione di Viareggio, i giudici del Tribunale di Lucca chiudono il primo capitolo del processo con trentatré imputati, che rispondono delle accuse di disastro ferroviario, incendio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali.
IL VERDETTO
L'aula del tribunale era troppo piccola per un procedimento di queste dimensioni, ma per la lettura del verdetto nemmeno un'ala del centro congressi sarebbe stata sufficiente: ci sono le madri e i padri delle vittime, gli amici, le associazioni, le parti civili. «E' stato un lavoro immane, senza precedenti, con centinaia di accertamenti tecnici. Ma in coscienza sappiamo di aver fatto tutto il possibile», dice emozionato dopo la sentenza il pm Giuseppe Amodeo.
Mentre si attende il verdetto un gruppo intona cori contro l'ex ad Moretti. Marco Piagentini, che nella strage ha perso moglie e figlio, li interrompe: «Ci fa piacere che siate qui ma vogliamo tranquillità». Dietro siedono i sopravvissuti, al momento della sentenza l'emozione è forte. Sette anni per Mauro Moretti, ex ad di Rfi, sette anni e sei mesi per Michele Mario Elia che in quell'incarico gli subentrò quando il manager oggi a Leonardo passò a Ferrovie, sette anni e mezzo anche per Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia e di Fs Logistica.
Tra le società a giudizio assolte figurano Ferrovie dello Stato e Fs Logistica e cadono le accuse anche per la Cima Riparazione, che montò sul vagone uscito dai binari l'assiale spezzato, mentre vengono condannate Rfi e Trenitalia con una sanzione di 700 mila euro. Le pene più pesanti sono per coloro che il disastro potevano evitarlo: i responsabili della Gatx Rail, la società tedesca che affittò a Fs i quattordici carri cisterna che deragliarono alla stazione di Viareggio alle 23.48 di quella notte di giugno: da uno di questi uscì il gpl che esplose e si incendiò in via Ponchielli, avvolgendo nel fuoco le case che si affacciavano sulla stazione. Nove anni e sei mesi la condanna inflitta a Rainer Kogelheide, amministratore di Gatx Rail Germania, e a Peter Linowski, responsabile sistemi manutenzione. E proprio questo riconoscimento di maggiore responsabilità aldifuori di Rfi porta il legale di Moretti, Armando D'Apote, a sbottare: «E' una sentenza populista».
«PROBLEMA DI SICUREZZA»
La lettura del dispositivo avviene nel silenzio assoluto e anche dopo i commenti sono pochi: i parenti delle vittime preferiscono rimandare a oggi le valutazioni, dopo un incontro con i loro avvocati dai quali cercheranno di capire qualcosa di più prima delle motivazioni, perché le Fs sono state assolte, perché per Moretti ed Elia la condanna è stata più che dimezzata rispetto alla richieste del pm di una pena a sedici anni. Solo Daniela Rombi, che piange la figlia di ventuno anni, sottolinea che «per la prima volta il sistema, e le Ferrovie, sono stati condannati: è stato riconosciuto che c'era un problema di sicurezza».
LA SPERANZA
La speranza, ripetono tutti, «è che questa sentenza sia solo il primo passo della giustizia che chiediamo». E di una maggiore sicurezza, dice Maria Antonietta Maccioni, che ha perso una sorella e due nipoti. «Dopo la strage - racconta - tra le case e i binari è stato costruito quel muro che chiedevano da anni e che, per un rimpallo di responsabilità tra regione e provincia, non è mai stato realizzato. Se ci fosse stato quella notte, forse oggi non saremmo qui».

Quel vagone cisterna carico di Gpl che uscì dai binari e diventò una bomba

ROMA Faceva caldo, quella sera a Viareggio. Un caldo estivo, con il cielo stellato. Gente per strada, gente in giro, gente a ridosso della stazione, gente ignara di quanto stesse per accadere. Alle ventitrè e quarantotto del 29 giugno 2009, il treno 50325, partito da Trecate (Novara) con destinazione Gricignano (Caserta), è pronto a entrare con il suo carico di Gpl distribuito in quattordici cisterne, che contengono ognuna 35 mila litri di gas liquido. Il convoglio procede a 90 chilometri all'ora, potrebbe arrivare fino a 100. Basta un attimo perché si scateni l'inferno.
L'ALLARME
Il treno va fuori dai binari, qualcosa si rompe nel carrello del primo carro, che è stato costruito nel 1974 nella Germania dell'Est. Schizzano i sassi, è tutto una scintilla. Il capostazione fa giusto in tempo a dare l'allarme, mentre viene fermata la corsa di altri due convogli che stanno per passare. Viaggiano da Nord a Sud e rischiano di incrociare i bomboloni ormai fuori controllo, sdraiati sui binari.
Sembra un film pieno di effetti speciali, è la drammatica realtà. Scoppia l'incendio. I macchinisti riescono a salvarsi appena in tempo, intuiscono subito quello che sta per accadere. Raggiungono la strada, la sede dell'associazione di volontariato che si trova di fronte, e urlano: «Date l'allarme, qui è tutto pieno di gas». Non fanno in tempo a finire che arriva il boato, il cielo diventa rosso. Brucia Rosario Campo, che passava in motorino al momento sbagliato. Bruciano le ambulanze della Croce Verde. Brucia via Ponchielli e la sua gente. Brucia il cuore della città.
I danni sono enormi. In pochi minuti muoiono 11 persone, investite dalle fiamme o travolte dal crollo degli edifici. Altre due vengono stroncate da un infarto, e decine rimangono ferite. Di queste, molte riportano ustioni gravissime, e dopo settimane di agonia, non sopravvivono alle gravi ferite. Una dopo l'altra. L'ultima è Elisabeth Silva, il 22 dicembre: dopo sei mesi di agonia. Si salvano miracolosamente i due macchinisti perché riescono a trovare riparo dietro a un muro.
Quando il treno perde il controllo sta passando in corrispondenza del passaggio pedonale che scavalca i binari. E' in quella zona che si propaga il gas, ed è lì che viene registrato il maggior numero di morti. In totale si contano 33 morti e 25 feriti.
FUNERALI DI STATO
Il 7 luglio vengono celebrati i funerali di Stato, alla presenza di Giorgio Napolitano. Vi partecipano almeno trentamila persone, a cantare c'è Andrea Bocelli. Ci vogliono due anni per avere le prime risposte riguardo alla natura dell'incidente. Due anni di perizie, di simulazioni, per arrivare a concludere che, molto probabilmente, è stata la ruggine a far spaccare il carrello. Gli uomini della Polfer che seguono le indagini per conto della procura di Lucca, concludono: allo stato dei fatti, «sussistono fondati sospetti di colpevoli lacune in fase di manutenzione dell'assile rotto». Ma il disastro avviene soprattutto dopo il deragliamento, quando una delle cisterne, fatta in Germania, viene perforata da un picchetto di tracciamento curva posizionato lungo la massicciata. E' in quel momento che il gas comincia a fuoriuscire e, a contatto con l'ossigeno, esplode.
I familiari delle vittime si riuniscono nell'associazione Il mondo che vorrei, e comincia una lunga battaglia legale. Intanto Viareggio prova a risorgere: rinascono le case, gli uffici, le aziende. E si aspetta l'esito del lungo iter giudiziario: trentotto gli indagati, tra i quali Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Fs, i vertici di Rfi e Trenitalia, i tecnici e dirigenti delle officine Jungenthal e Cima riparazioni. Lo Stato, deludendo le aspettative, rinuncia a partecipare al giudizio come parte civile. In cambio ottiene una liquidazione monetaria. A combattere restano i familiari, le associazioni, i sindacati. La sentenza arriva dopo 140 udienze, e con questa le condanne.

Il governo su Moretti: «Non deve dimettersi»

ROMA Mauro Moretti, il ferroviere nominato dal governo Renzi alla guida di Leonardo-Finmeccanica, resiste. Non si dimetterà dal vertice della società aero-spaziale. Da Palazzo Chigi e Tesoro non sarebbe arrivata nessuna richiesta di fare un passo indietro. Trattandosi di una sentenza di primo grado, dunque non definitiva, l'atteggiamento sarebbe al momento «garantista». Ieri sera un consiglio di amministrazione straordinario di Leonardo, ha confermato la fiducia a Moretti. E lo ha fatto sulla base di alcuni pareri «pro veritate» redatti dai principali studi legali nazionali e internazionali richiesti dallo stesso board. Nessuna norma di legge o regolamento, secondo quanto emerso dalla sentenza, comporterebbe l'obbligo di lasciare la carica di amministratore delegato della società, anche considerando che il manager è stato condannato per reati «colposi» (incendio colposo, disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali colpose).
LE CONCLUSIONI
Non richiede le dimissioni l'articolo 2382 del codice civile, quello che stabilisce che chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi, debba lasciare l'incarico. Non le richiede nemmeno l'articolo 2387 dello stesso Codice, quello sui requisiti di onorabilità. Così come non lo richiedono nemmeno le norme del Testo unico della finanza e neppure la direttiva del ministero dell'Economia perché, pur prevedendo la decadenza in caso di pronunce non definitive, non include tra i reati quello per il quale Moretti è stato condannato. Siccome Leonardo è una multinazionale, il consiglio di amministrazione ha chiesto di verificare agli stessi studi legali, se la condanna potesse avere conseguenze in altri Paesi. Nelle giurisdizioni di maggior interesse è stato confermato che la pronuncia di condanna emessa nei confronti di Moretti per i suddetti delitti colposi non integra alcuna causa di esclusione dalle gare indette da enti pubblici o agenzie governative e pertanto non comporta, di per sé, limitazioni per la società alla capacità di partecipare a dette gare. L'altro aspetto è che i legali di Moretti si preparano a presentare l'appello. E hanno qualche ragionevole speranza di poter ribaltare la sentenza di ieri. Anche perché, il manager pubblico è stato assolto come amministratore delegato di Ferrovie e condannato invece come amministratore delegato di Rfi, la società che gestisce la rete dei treni, la cui guida Moretti aveva lasciato tre anni prima dell'incidente di Viareggio. Secondo la sentenza la colpa dell'ex amministratore delegato delle Ferrovie, sarebbe stata quella di non aver investito abbastanza risorse per mettere in sicurezza la rete ferroviaria e anche questo avrebbe contribuito, tre anni dopo, all'incidente di Viareggio.
LA POSIZIONE
Qualche dubbio sull'opportunità delle dimissioni di Moretti, lo ha espresso anche il presidente dell'Authority anticorruzione Raffaele Cantone. «Non so se Moretti si debba dimettere», ha detto, «bisogna vedere che tipo di responsabilità la sentenza individuerà, si tratta di un reato colposo. C'è sicuramente un tema di sensibilità, la nomina è in scadenza, sarà la politica a dover fare questa scelta». Ed in effetti l'incarico di amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica, scadrà con la prossima assemblea di bilancio del gruppo pubblico insieme a quelle delle altre principali società controllate dallo Stato, come Eni, Enel e Poste. Ieri, intanto, il titolo di Leonardo ha perso il 2,3%.

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