ROMA Un interrogatorio lungo e sofferto, interrotto più volte, nel corso del quale il sindaco di Roma Virginia Raggi è andata spesso in difficoltà, anche con qualche crollo emotivo(«La chat dimostra che non volevo dare un ingiusto vantaggio a Renato»). Alla fine non ha convinto e, sull'elemento più delicato delle contestazioni- che i pm Paolo Ielo e Francesco Dall'Olio le hanno mosso per otto lunghe ore, il falso in atto pubblico, è stata costretta a promettere agli inquirenti una memoria scritta per chiarire.
LA MAIL SOSPETTA C'è almeno un punto che rimane oscuro nella lunga ricostruzione in cui il sindaco ha tentato di spiegare come e perché abbia scelto proprio Renato Marra, fratello di Raffaele, per l'incarico di capo del dipartimento Turismo. E che ora rischia di aggravare la sua posizione in relazione al falso in atto pubblico, il reato più grave di cui risponde il sindaco (con relative conseguenze in relazione, soprattutto, al codice etico grillino): la mail, firmata dall'assessore al Turismo Adriano Meloni. Perché in quel testo, inviato al capo del personale Antonio De Santis, Raffaele Marra e la stessa Raggi, Meloni ringrazia per il «vostro» suggerimento. Circostanza che smentisce le parole del sindaco: «Quello che conta, alla fine , è che abbia fatto tutto io», ha detto più volte, e invece dagli atti risulta che l'intero gruppo, e non la sola sindaca, abbia individuato in Renato Marra, come candidato ideale per quel ruolo. Poco chiare anche le spiegazioni sulle procedure di selezione. Ai pm la Raggi ha detto che non era necessaria una selezione dei curricula, una dichiarazione opposta rispetto a quella resa all'autorità Anticorruzione del Campidoglio, chiamata a rispondere ai rilievi dell'Anac su quella nomina sospetta. La valutazione è stata fatta dalle «strutture competenti», aveva precisato il sindaco. E nelle carte sequestrate dalla Squadra mobile ci sono sei curricula di candidai che potrebbero non essere stati neppure valutati.
IL RAGGIO MAGICO L'interrogatorio, centrato sull'accusa di abuso d'ufficio, è partito dalla ricostruzione di come sia nato il gruppo che ha portato all'elezione di Virginia Raggi. Lei e Daniele Frongia stringono un patto di alleanza durante la scorsa consiliatura e nel 2013, Salvatore Romeo diventa un militante sempre più attivo del gruppo. E' lui a presentare agli altri il «capo» del suo ufficio, Raffaele Marra. L'intesa è immediata: Marra aiuta Frongia nel ruolo di capo della commissione Spending review ed è la fonte principale dei documenti contenuti nel libro Io pago. Non a caso, la stessa Raggi coi pm a verbale ha detto: «E' l'uomo che mi apriva le porte della macchina comunale».
MARRA DAI PMUn rapporto fiduciario che, stando alla sua versione, si sarebbe rotto quando la stessa Raggi ha scoperto che la promozione per il fratello di Marra comportava un aumento di stipendio di 20mila euro. «Fino a quel momento non lo sapevo», ha detto ai pm anche se i pm le hanno contestato gli screenshot che Marra confezionava per lei - inviati anche questi via chat - in cui le mostrava le pagine del regolamento comunale in cui si diceva chiaramente che Renato, cambiando ufficio, avrebbe anche cambiato fascia contrattuale, e dunque stipendio.
Proprio in relazione all'accusa di abuso d'ufficio di cui rispondono entrambi, il dirigente ora in carcere per corruzione dovrebbe essere sentito all'inizio della prossima settimana. E non è detto che abbia intenzione di confermare la versione dei fatti data dal sindaco. Resta ancora tutta da chiarire anche la storia del dossier contro Marcello De Vito. Raggi ha detto ai pm di non sapere chi l'avesse confezionato e di non aver mai letto il parere legale che Daniele Frongia sventolava contro l'allora capogruppo accusandolo di aver abusato del proprio ruolo. Proprio Frongia, a questo punto, sembra essere il prossimo destinato a varcare il portone di piazzale Clodio per dare la propria versione.
«Dimissioni? Ci ho pensato ma ho la fiducia di Grillo»
ROMA Si capisce che anche questa nuttata è passata per Virginia Raggi quando la scorta del M5S la saluta fuori dagli studi de La7. La sindaca a Bersaglio mobile ha appena detto che ha pensato di dimettersi, ma che andrà avanti; ha spiegato in maniera credibile o di sicuro in piena post verità la storia delle polizze a sua insaputa («Chiederò di cambiare beneficiario: l'idea mi mette ansia, i soldi li metto nel materasso») e quindi dopo Raffaele Marra, ha scaricato politicamente e, chissà forse umanamente, anche Salvatore Romeo. Ecco, sono quasi le otto di sera, Raggi se ne ritorna in Campidoglio per affrontare l'ultimo ostacolo (c'è da ratificare la linea con la maggioranza, giusto per atto di cortesia) di una giornata lunghissima. Figlia di un'altra ancora più tosta davanti ai pm, e la scorta del M5S si gode la quadratura del cerchio. E cioè Rocco Casalino, capo supremo della comunicazione e sempre più numero 3 del M5S (dicono nel M5S: «Rocco, Beppe e Davide è come se fossero un cervello collettivo») e Silvia Virgulti, «coach tv» dei pentastellati e compagna di Luigi Di Maio, il premier in pectore. Ortodossi grillini (in piena sindrome da minoranza Pd) non pervenuti a rosolarsi il fegato sulle chat, Raggi che se ne va, provata e un po' scavata nel volto, ma soddisfatta. «Siamo andati bene, no?», chiede al codazzo dello staff dopo l'intervista con Enrico Mentana.
LA GIORNATA Che il vento fosse cambiato intorno lo si era capito già dalla tarda mattinata. La grillina arriva in Campidoglio, passa dall'ingresso principale, non si sottrae alla ressa dei cronisti e fa una battuta che ostenta una sicurezza incredibile fino a dodici ore prima: «Ho l'appoggio di Grillo. Cosa mi ha detto? Che farà polizze a tutti». Sorriso teso, ma largo. E se ne va nei suoi uffici. Dopo poco, ecco il tutor, il deputato Alfonso Bonafede, con valigia tipo 24 ore. Il secondo indizio sulla tenuta della pentastellata porta le spalle larghe di Casalino. L'ex del Grande Fratello entra in Campidoglio all'ora di pranzo: sta qui per allenarla, Virginia andrà in tv per difendersi e quindi rilanciare. Altro che cacciata, altro che autosospensione, altro che bilico. La blindatura è totale. Rimangono certo i rumori di sottofondo: gli sfoghi inconfessabili di certe deputate («Deve dimettersi, vedrete che uscirà dalla procura») e le dichiarazioni frastornate dei consiglieri comunali travolti da questa storia «tristissima» della polizza. La sindaca ecumenica manderà a dire agli avversari interni vicini e lontani: «È una lezione che tutti prima o poi imparano nella vita: ci sono persone che ti amano e persone che ti amano meno, facciamocene una ragione e andiamo avanti».
LA DIFESA Del bel gesto di Salvatore Romeo dice: «Ha fatto una grande leggerezza a non informarci delle polizze». Poi rincara la dose: «Mi fidai, con il senno di poi in maniera sbagliata di Marra e di lui». Fu proprio l'ex capo della segreteria, attivista del M5S, a presentarle il dirigente poi arrestato per corruzione («Tipo proprietà transitiva»). E Raggi rivendica di essere stata de sinistra come si dice a Roma («Votai anche Verdi e Idv») per scacciare i fantasmi di strane triangolazioni negli ambienti della destra romana e non solo. «Se c'è stato un legame tra Previti, Marra e Romeo, tendo ad escluderlo». La sindaca non parla delle otto ore passate con i magistrati giovedì, ma assicura che il tempo le è servito per spiegarsi al meglio. E' provata, ma in palla. Meno spigolosa di altre occasioni. Prova a fare paragoni con il trattamento ricevuto da altri politici indagati, ma il passaggio non è efficace, così come il tentativo di giustificare la pressione sul Campidoglio per il no alle olimpiadi. Allora sdrammatizza: «Come sto? Potevo stare meglio: mancano solo le cavallette e siamo solo all'inizio dell'anno». Battute prima di uno sfogo su questi mesi e sulle voci che si rincorrono cicliche di bufera in bufera: «Non posso dire di non averci pensato alle dimissioni. Le difficoltà che abbiamo affrontato in questi mesi avrebbero sfiancato anche un toro». Ma anche questa volta le è andata bene. Quando Raggi lascia gli studi televisivi prima di andarsene scuce il vero virgolettato illuminante di questi setti mesi: «Io mi scuso con i romani per non aver fatto tutte le strade, ma avevamo bisogno di prenderci tutto il tempo che la legge richiede». Non a caso Grillo le ha detto: «Cara Virginia, ora deve iniziare il secondo tempo di questa partita».