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Data: 07/02/2017
Testata giornalistica: Mapero'
Dimissioni Magnifiche di Lilli Mandara

E alla fine Luciano D’Amico si è dimesso. Messo alle strette dall’Anac e da un’inchiesta della procura, il rettore dell’Università di Teramo ha dovuto scegliere: o la Tua o l’Università. E ha scelto (giustamente) l’università.

La sua nomina ha rappresentato l’ennesimo capitombolo della politica dalfonsiana, del disprezzo assoluto di leggi e regolamenti, di assunzioni fatte a dispetto di tutto e di tutti. Ci sono dei paletti, ma la Regione, con tutti i suoi accoliti, se ne strafotte. E’ successo all’Istituto Zooprofilattico, con Manola Di Pasquale prima e con Mauro Mattioli poi (nomina contestata dalla ministra Lorenzin che ha presentato ben due denunce in procura), con Paolo Menduni all’Aric, con i pensionati insediati in ogni dove (mentre il giorno prima con la ministra Madia si magnificavano i contenuti della riforma, tra cui il no ai pensionati), col manager della Asl dell’Aquila Rinaldo Tordera preso addirittura dall’albo della Lombardia perchè si era scordato di presentare domanda in Abruzzo, con le poltrone ritagliate su misura (come quella per Rocco Micucci alla Fira), e i termini dei bandi come quelli per il Gal prorogati ad hoc e gli staff con i posti in piedi.

Nomine a tutti i costi, che hanno procurato a D’Amico una cattivissima pubblicità, e lui certo non se la sarebbe meritata, e che continua a indurre nei Regionali cattivissimi pensieri, frutto di arroganza e di ignoranza:

“Il caso D’Amico deve diventare nazionale – ha scritto ieri Camillo D’Alessandro, consigliere dellegato ai Trasporti – Nel rispetto di tutti e della legittima azione di controllo e di verifica ritengo legittimo riflettere su come sia possibile impedire l’esercizio di una generosità professionale a titolo gratuito senza il rimborso neanche delle sigarette e senza sottrarre tempo alle attività prevalenti di Rettore. Non appena le condizioni lo consentiranno, non esiteremo un istante a chiedere a Luciano D’Amico di tornare a dare una mano all’Abruzzo”.

Insomma, le leggi se non ci stanno bene si superano si ignorano o si cambiano, magari con l’aiuto di un sottosegretario o di un ministro. Ma le incompatibilità non sono solo e soltanto uno stipendio non corrisposto o un rimborso rifiutato: sono altre, se si fa il Rettore di un’università. E questo D’Amico lo sa benissimo. E non basta neppure fare bene, perchè il saper fare è merce rara ma poi le leggi sono leggi.
Il governatore ieri in una nota ha affermato che

“gli organi governativi e accademici (Anac, Miur e Università di Teramo), che si sono espressi sulla sua posizione, non hanno mai ravvisato alcun profilo di incompatibilità”.

No, infatti, non c’è incompatibilità. Ma peggio: “inconferibilità”. E’ di questo che parla l’Autorità anti-corruzione, puntando il dito contro la Regione:

“L’incarico era inconferibile fin da principio per divieto assoluto dei professori all’esercizio del commercio, dell’industria e di alcun’altra professione, sempre che non si mettano in aspettativa”.

E non fa niente che poi il ministero scriva che no, non ci sono profili di illegittimità perchè lui lavora gratis. La legge prescrive che l’unica soluzione sarebbe stata chiedere l’aspettativa. Cosa che D’Amico non ha fatto.

“Ho atteso il parere del Ministero e, conseguentemente, il parere della mia Università – scrive il Magnifico nella sua lettera di dimissioni indirizzata al Presidente della Regione Abruzzo, ai segretari regionali dei sindacati del settore trasporti, a lavoratori e componenti del consiglio di amministrazione dell’azienda – che hanno confermato la piena legittimità e regolarità della mia nomina. Tuttavia, al solo fine di sgomberare il campo da qualsiasi strumentalizzazione nell’interesse primario dell’azienda, ho rassegnato le mie dimissioni irrevocabili».

Insomma, la Regione ha giocato un bruttissimo scherzo al Rettore. Che è caduto nella trappola senza mettere in conto la bruttissima figura che avrebbe rischiato. Il giorno dopo il parere di Raffaele Cantone, Dalfy tentò una sviolinata, un’azione riparatoria. Che ha fatto più danni che altro: finì sbeffeggiato da tutti, e in effetti:

“Luciano D’Amico è una figura angelica, angelicata e integerrima, la sua moralità immacolata è garanzia di rettitudine – aveva detto D’Alfonso – e sono sicuro che qualsiasi accertamento sul suo operato si concluderà con la constatazione che egli ha sempre agito rispettando le norme».

ps1: certo, lui ha sempre agito rispettando le norme. Chi le ha forzate, è stata la Regione.

ps2: e adesso via alla nomina del nuovo presidente Tua. Sarà senz’altro all’altezza di D’Amico, non credete?

ps3: un altro che se ne va. Perso il conto dei dirigenti in fuga.

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