ROMA Non è vero che i voucher sono uno strumento importante contro il lavoro nero. Sono solo «una goccia nel mare». A far cadere una delle principali argomentazioni del fronte dei sostenitori dei discussi buoni lavoro da 10 euro nominali l'ora, è il presidente dell'Inps, Tito Boeri, in audizione alla Camera. Bastano poco numeri e il mito è sfatato: il sommerso secondo l'Istat riguarda il 16% del lavoro, mentre i voucher coinvolgono appena lo 0,3% dei lavoratori, circa 70.000 persone. Se anche tutti i voucher venduti fossero stati usati per pagare lavoretti che prima invece si facevano in nero, l'emersione sarebbe una «goccia nel mare». E poi: il gettito contributivo da voucher è di circa 174 milioni di euro, meno di un millesimo rispetto all'insieme dei contributi versati. Anche la distribuzione territoriale dei buoni - molti di più al Nord rispetto al Sud - non collima con le sacche di sommerso. Per cui Boeri non ha dubbi: l'obiettivo dell'emersione del lavoro irregolare «non è stato raggiunto». Peggio: il sospetto è che i voucher abbiano «coperto lavoro nero», attraverso il giochino dell'utilizzare un solo ticket (per essere a posto in caso di controllo) a fronte di più ore lavorate.
Ma l'affondo del presidente Inps va oltre il fallimento degli obiettivi. Ancora una volta Boeri prende di mira l'ipocrisia di chi attacca i voucher (e come la Cgil si fa promotore di un referendum per l'abolizione) e poi in casa propria li utilizza a piena mani. Chi è in cima alla classifica dei principali committenti nel 2016? Boeri si affida alle tabelle: cooperative e sindacati. Sono ben 408 i committenti dell'universo coop e mutue assicuratrici: con i voucher hanno impiegato 20 mila lavoratori, per un totale di due milioni e 397.995 buoni lavoro utilizzati. Tra i sindacati si registrano 36 committenti (a partire da Cgil e Cisl, come è ormai noto) per 1.559 lavoratori e impiegato 279.976 voucher.
LA TRACCIABILITÀ Abbattute le false argomentazioni, il presidente Inps chiarisce che comunque demonizzare i buoni lavoro è sbagliato. È «importante scoraggiare l'abuso dei voucher senza necessariamente ridurne l'utilizzo» dice. Per farlo non serve limitare le categorie di lavoratori (studenti, casalinghe e pensionati) oppure escludere alcuni comparti. Bisogna invece spingere sui controlli e a questo proposito rilancia la sua proposta di affidarli all'Inps (ora li fa il ministero del Lavoro) così da incrociare la tracciabilità con i contributi versati. Intanto la stretta varata a ottobre - comunicazione preventiva e sanzioni salate per i furbi - sta dando i primi risultati: a gennaio sono stati venduti solo 9 milioni di voucher, contro un trend nel 2016 (a parte il primo mese quando ne furono venduti 8,5) sempre sopra i 10/11 milioni di tagliandi. E anche i dati forniti dal direttore dell'Ispettorato del Lavoro, Paolo Pennesi, confermano l'effetto deterrenza: con l'introduzione della tracciabilità è «aumentato il numero dei buoni sulla stessa testa». In pratica si è ridotto il fenomeno «del biglietto dell'autobus timbrato solo quando c'è il controllore» , ovvero l'acquisto di un solo buono a fronte di più ore di lavoro.