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Data: 12/02/2017
Testata giornalistica: Corriere della Sera
Milano, liceale violentata sul treno «Contatti in chat con uno di loro». Milano, prima il silenzio poi il malore a scuola: traumi e lesioni. L’ipotesi della vendetta

Una vendetta. Una punizione. L’hanno colpita a calci e pugni fracassandole una costola, le hanno preso la testa per spingerla violentemente contro i sedili, le hanno appoggiato le mani sulle parti intime cercando di slacciarle i pantaloni e scostare gli slip. Loro sono due uomini forse sui 25 anni, forse stranieri e forse nordafricani; lei, studentessa italiana di un liceo milanese (che non nominiamo per proteggere la vittima minorenne), ha sedici anni, è sotto osservazione in clinica e inizialmente, rientrata a casa nel pomeriggio di giovedì, non ha raccontato alla mamma il pestaggio subìto sull’ultima carrozza del treno Milano-Mortara delle 14.42, quand’era sola e sono arrivati gli aggressori che forse l’avevano pedinata.

L’indagine degli investigatori della settima Sezione dell’Ufficio di prevenzione generale della Questura è cominciata il giorno dopo, venerdì. Tornata a scuola la sedicenne si è sentita male: dolori lancinanti, nausee, la testa che girava. Le amiche l’hanno accompagnata alla clinica. Ai medici è bastato un immediato esame per chiedere soccorso alle forze dell’ordine. Il corpo era pieno di ferite e portava i segni di pesanti contusioni.

Le indagini muovono oltre che dal racconto della 16enne (pur se non lineare e con molte mezze verità, probabilmente per la paura e l’angoscia) dall’esatta ricostruzione del suo percorso così da acquisire i filmati delle telecamere di videosorveglianza. Senza tralasciare le testimonianze delle amiche. Anzi. Una in particolare starebbe indirizzando i poliziotti guidati da Maria José Falcicchia su questo scenario: degli uomini, almeno uno era «conosciuto» seppur solo virtualmente dalla sedicenne, una conoscenza risalente a inizio 2016 tramite messaggi su Facebook e forse passata attraverso il rifiuto deciso di insistenti avance. Più laterale al momento (ma non trascurata) l’ipotesi di una «rappresaglia» indirizzata non contro la ragazza ma la sua cerchia di conoscenti e forse legata a questioni di droga. Quell’amica ha raccontato: «Si sentiva seguita e infatti aveva chiesto a una di noi di accompagnarla».

Terminate le lezioni, come d’abitudine, la vittima si è spostata su un tram fino alle Colonne di San Lorenzo, abituale ritrovo dei ragazzi milanesi e, fra le tante caratteristiche, anche noto punto di spaccio di «fumo»; un secondo tram l’ha portata in piazzale Cantore per percorrere un breve tratto a piedi, raggiungere la stazione di Porta Genova e attendere il treno. Ha detto agli investigatori la sedicenne: «Sono salita sull’ultima carrozza, quella dove si possono portare le biciclette. C’era un’altra passeggera, una signora, e un’amica. Entrambe sono scese ad Abbiategrasso. Io sono rimasta sola. La mia fermata era più avanti». Tempo pochi secondi e nel tratto compreso tra Abbiategrasso e Vigevano sono comparsi i due. Prima l’hanno insultata («Sei un t...») urlandole anche in arabo. Dopodiché è cominciata la selvaggia rappresaglia. L’hanno lasciata a terra insanguinata e sono scappati. «Ho provato a chiedere aiuto, invano».

Se è vero che l’hanno agganciata a Milano e avevano in mente un preciso piano, possono esser saliti anche loro a Porta Genova e aver aspettato in una delle carrozze vicine per far scattare l’agguato. Incrociando tragitto e orari, gli investigatori potrebbero avere già «individuato» gli aggressori ed essere nella fase, non facile, del «riconoscimento». La sedicenne, che domani lascerà la clinica, sarà ascoltata di nuovo dai poliziotti in cerca di ulteriori elementi, possibilmente più circostanziati. Saranno risentite anche amiche e compagne, casomai nelle ultime settimane avesse confidato segreti e si sentisse minacciata. Gli aggressori potrebbero essere dell’area che gravita sulle Colonne di San Lorenzo come di quella della cittadina nel Pavese dove risiede la vittima, oppure essere perditempo e abituali frequentatori della linea ferroviaria. In questo caso qualche passeggero pendolare dovrebbe averli notati e aver memorizzato particolari. Rimane però un mistero, poiché è improbabile che l’intero treno fosse deserto in pieno pomeriggio, come sia stato possibile che nessuno (a cominciare dal personale) abbia udito le prolungate grida di dolore.

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