ROMA Non più il 23 marzo, ma fine giugno. Gli enti locali avranno tre mesi di più per compilare l'elenco delle società partecipate da tagliare e quindi degli esuberi da ricollocare. Sembra ormai certo che sia questo l'orientamento del governo in vista del decreto taglia partecipate bis che dovrebbe essere varato la settimana che sta per iniziare. Un decreto correttivo della riforma Madia, la normativa in vigore da settembre 2016, reso necessario dal pronunciamento della Consulta del novembre scorso che impone su alcune materie - e questa è una - l'intesa (e non solo il parere) in Conferenza unificata Stato Regioni.
Difficilmente però la concessione della proroga accontenterà le Regioni e i Comuni. E non è un caso che l'esame preliminare del nuovo decreto è slittato di una settimana (lo si attendeva nel consiglio dei ministri dell'altro ieri). Gli enti locali infatti insistono su un'altra modifica: l'abbassamento della soglia di fatturato minimo richiesta per tenere in vita l'azienda a partecipazione pubblica. La riforma Madia la fissa a un milione di euro in media negli ultimi tre anni. Gli enti locali chiedono di dimezzarla, portandola a 500.000. Per ora ancora si tratta. Il governo in linea di principio è contrario alla modifica. Ma non è detto che poi alla fine l'asticella si possa fermare in un punto di mezzo.
LE STIME Il problema vero è capire quante sarebbero le partecipate salvate dall'abbassamento della soglia. Dati ufficiali non ce ne sono. Nemmeno il dossier dell'allora commissario alla spending review, Carlo Cottarelli - che individuava nelle giungla delle partecipate uno dei maggiori sprechi di soldi pubblici - aiuta a capirlo. Il dossier infatti, per quanto riguarda il fatturato, calcola in 2.545 il numero delle società pubbliche non in grado di certificare il superamento del milione di euro nel loro bilancio. Ma nulla dice su quante sono quelle sotto i cinquecentomila euro. Magari sono la fetta più piccola. Insomma una soglia così bassa potrebbe spuntare notevolmente le lame delle forbici.
La soglia di fatturato non è l'unico requisito che gli enti locali chiedono di modificare. L'altro è quello degli organici: la riforma prevede l'addio alla partecipate prive di dipendenti o con un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori. Quella di avere più poltrone che scrivanie è una condizione in cui si ritroverebbero, secondo una stima del ministero dell'Economia, tra le «tra le 500 e le 800 società». In base alle tabelle di Cottarelli in realtà potrebbero essere interessate dalla tagliola un numero di micro-aziende partecipate ancora più elevate, visto che l'ex commissario individuava in ben 3.035 le aziende con organici fino a 5 persone. In ogni caso anche fermandoci alla stima più prudente del Mef, il solo requisito degli organici farebbe fuori una società su dieci, visto che le partecipate attive si calcola siano circa ottomila.
Solo una volta stabiliti i requisiti definitivi, gli enti locali potranno procedere alla revisione straordinaria delle partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, con l'individuazione di quelle da alienare; e alla ricognizione del personale in servizio, con l'individuazione degli eventuali esuberi .