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Data: 13/02/2017
Testata giornalistica: Il Centro
«Abbiamo perso la speranza, reagiamo». Il segretario Cgil invoca l’unità per far ripartire l’economia e cambiare il decreto-terremoto che «ha gravi dimenticanze»

TERAMO Un territorio che con le ultime due batoste ha perso la speranza. Per questo c’è bisogno dell’impegno di tutti. L’analisi è di Giovanni Timoteo, segretario della Cgil di Teramo a un anno esatto dalla sue elezione. «Terremoto e neve hanno fatto emergere la fragilità del nostro territorio, dal punto di vista istituzionale ed economico. Un anno fa», esordisce, «quando venni eletto potevamo guardare al futuro con una speranza in più: era stata approvata un’area di crisi complessa e c’erano le risorse del Masterplan. Nel primo caso come sindacato abbiamo spinto molto su quell’opportunità, ma al tavolo organizzativo non ci siamo seduti quasi mai. Eppure è un riconoscimento arrivato grazie anche alle vertenze messe in piedi dai lavoratori tessili e metalmeccanici che ancora attendono di rientrare nei cicli produttivi. Noi non sappiamo quando si inizierà e quando sarà creata occupazione. Sul Masterplan noi più di qualche critica l’abbiamo fatta, abbiamo chiesto con forza che aprano i cantieri, ma ancora non è avvenuto. Insomma, si deve uscire dalla politica degli annunci». I due motivi di speranza sono, per così dire, “congelati”. «Eppure», osserva Timoteo, «la crisi di questi anni ha logorato tutti i meccanismi di relazione sociale: se mancano per troppo tempo risposte ai bisogni delle persone, in primis il lavoro, si rompe la coesione sociale». Poi sono arrivati il terremoto e la neve. «E un tessuto economico e sociale che provava a guardare avanti ha trovato un blocco ulteriore, senza ottenere risposte adeguate», aggiunge, «ora bisogna subito guardare a una ripartenza. In questi giorni ci sono diverse iniziative: però bisogna fare un tavolo unico che faccia la sintesi, con i rappresentanti istituzionali locali». Sul “decreto terremoto” Timoteo parla di gravi dimenticanze come quella della mobilità o della Naspi, la cui durata non è stata prorogata come la cassa integrazione e come si fece per il terremoto dell’Aquila. E poi non è previsto nessun ammortizzatore sociale per il maltempo, che ha colpito anche fuori del cratere. «Il legislatore non ha saputo riconoscere le esigenze del territorio». E questo è grave perchè si inserisce in «un assetto industriale che conosce più momenti di crisi che di ripresa: aziende storiche come la Veco di Martinsicuro o l’Hatria di Sant’Atto hanno difficoltà non superate».

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