ROMA Qualcosa è cambiato. Dopo la mozione firmata da 37 renziani alla Camera, con la quale è stato chiesto al ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, di non coprire aumentando le tasse i 3,4 miliardi di euro pretesi dall'Europa per non aprire una procedura d'infrazione, al Tesoro è iniziata un'affannosa corsa alla ricerca di misure in grado di sostituire l'aumento delle accise sulla benzina e sul fumo. Dal rincaro di due centesimi per ogni litro di carburante erogato dalle pompe di benzina, e dall'aumento sulle tasse per le sigarette, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan puntava a recuperare almeno 1,5 miliardi. Il tutto da inserire in un provvedimento da approvare già entro la fine di questo mese, prima che Bruxelles diffondesse il rapporto sul debito previsto per il 22 febbraio. Ma poi, come si diceva, è arrivata la mozione dei renziani contro l'aumento delle tasse e, contemporaneamente, la richiesta a Padoan di essere presente alla direzione del Partito democratico che si terrà oggi. Al Tesoro si è così deciso di provare a valutare una serie di vie alternative per evitare il rincaro su benzina e fumo. Si è pensato, per esempio, di agire sul fronte dei giochi. Ma una tassa, una sorta di Imu da far pagare su agli esercenti che ospitano le slot machine, non darebbe grandi risultati. La maggior parte sono bar e tabacchi, che sulle macchinette guadagnano poche migliaia di euro l'anno. Anche ipotizzando un tassa di mille euro, non si arriverebbe a 100 milioni. Una cifra sideralmente distante dal miliardo e mezzo che servirebbe a Padoan per evitare l'aumento delle accise.
LA PROROGA Inoltre sarebbe una misura che andrebbe in controtendenza rispetto alla volontà del governo di ridurre il numero delle slot e dei punti di gioco. L'altra ipotesi allo studio su questo fronte, è l'annullamento della gara per il rinnovo delle concessioni alle sale scommesse e la proroga, a pagamento, delle concessioni stesse. Una manovra che permetterebbe di incassare una ottantina di milioni l'anno. In realtà il governo sta valutando anche altri strumenti. Lo ha chiarito ieri il vice ministro dell'Economia, Enrico Morando. «Le entrate nel 2017», ha spiegato, «un qualche contributo lo dovranno dare, ma non è detto che lo debbano dare attraverso un aumento delle accise». Ci si potrebbe insomma, accontentare delle misure anti-elusive, come il rafforzamento dello split-payment. Secondo Morando bisognerebbe partire subito, già a marzo come prevede la riforma del bilancio dello Stato, per individuare i tagli di spesa per il 2018 che potrebbero «subentrare a quelle maggiori entrate che sono necessarie nel 2017 per la manovra». Una delle ipotesi che si sta valutando in queste ore, proprio per trovare misure sostitutive all'aumento delle accise, è quella di rispolverare il taglio delle partecipate degli enti locali. Il decreto che avrebbe dovuto portarle da 8 mila a mille, è stato censurato dalla Corte Costituzionale. Per sanarlo serve un'intesa del governo con le Regioni, L'ultimo tentativo c'è stato la scorsa settimana, ma è andato a vuoto. Il punto del contendere è la soglia di fatturato sotto la quale le società partecipate da Regioni e Comuni vanno chiuse in automatico.
Il governo vuole che l'asticella sia posta a un milione di euro. Le Regioni chiedono che sia abbassata a 500 mila euro. Con la soglia a un milione, la scure calerebbe su quasi 3 mila società partecipate consentendo, secondo le stime, risparmi per un miliardo di euro. Ma sarà possibile superare le resistenze dei governatori? Qualcuno avrebbe paventato che in caso di mancato accordo, il governo potrebbe presentare comunque il conto dei mancati risparmi alle Regioni, magari rivendendo gli aumenti del fondo sanitario.