L'AQUILA Dieci condanne, tra due e tre anni di reclusione, tutte condonate per indulto. Risarcimenti da liquidare separatamente, ma con provvisionali immediatamente esecutive a favore delle parti civili per quasi quattro milioni di euro (3,7). Chi si aspettava una sentenza in fotocopia rispetto alle 19 assoluzioni della Corte di Assise di Chieti è rimasto sorpreso, ieri, alla lettura del verdetto in Corte d'Assise d'Appello, all'Aquila, sulla mega discarica dei veleni di Bussi. Il collegio, presieduto da Luigi Catelli, ha significativamente riformato la sentenza di primo grado. È stato derubricato e dichiarato prescritto, così come accaduto in Assise, il reato di avvelenamento delle acque da doloso a colposo. La corte d'assise d'Appello ha ritenuto sussistente il reato, ma frutto negligenza o imprudenza e non di volontà di commettere un crimine, come invece chiedevano l'accusa e le parti civili. La prescrizione è intervenuta perché scaduto il termine previsto di sette anni e mezzo. Sempre per questo capo di imputazione è stato dichiarato il non luogo a procedere per Vincenzo Santamato, che si occupava di sicurezza ambientale in Ausimont, deceduto. Assoluzione piena, che dunque sovrasta la prescrizione, per Guido Angiolini, amministratore delegato pro-tempore di Montedison (2001-2003) e membro del Cda di Ausimont (1995-1998). È stato dichiarato inammissibile l'appello proposto dalle parti civili nei confronti di Maurizio Piazzardi. Dunque non luogo a procedere, per prescrizione, nei confronti degli altri imputati: Luigi Guarracino, Camillo Di Paolo, Maurilio Aguggia, Carlo Cogliati, Nicola Sabatini, Angelo Domenico Alleva, Nazzareno Santini, Giancarlo Morelli, Giuseppe Quaglia, Carlo Vassallo, Luigi Furlani, Alessandro Masotti, Bruno Parodi, Mauro Molinari, Leonardo Capogrosso e Salvatore Boncoraglio.
LA SVOLTA Anche per il capo B, il disastro, la sentenza ha seguito la stessa traccia di quella di primo grado, condividendo la tesi del delitto colposo, rifiutando quindi quella del dolo proposta da Procura generale e parti civili. Ma con una differenza che segna il punto di svolta del verdetto di secondo grado. La Corte d'Assise di Chieti aveva ritenuto sì sussistente il disastro colposo, ma lo aveva dichiarato prescritto con un calcolo non condiviso in Appello il meccanismo sarà spiegato nelle motivazioni. Per questo il collegio è entrato nel merito delle singole posizioni. Così sono stati condannati Aguggia, Cogliati, Capogrosso e Boncoraglio a tre anni: si tratta dell'ad pro tempore di Ausimont (Cogliati) e dei vari responsabili Pas (protezioni ambientali stabilimento). Due anni sono stati inflitti a Sabatini, Alleva, Santini, Guarracino, Vassallo e Morelli. Tra loro ci sono responsabili di stabilimento e direttori delle discariche. Siccome i fatti sono antecedenti al 2 maggio 2006 la contestazione arrivava al 2002 le pene sono state condonate per indulto. I condannati, in solido tra loro, dovranno anche risarcire le parti civili, con somme da stabilire in separato giudizio. Per il momento le provvisionali più consistenti riguardano la Regione (500 mila euro), la Provincia e il Comune di Pescara (200 mila euro l'uno), l'Ente d'ambito territoriale n.4 (1,01 milioni), la famiglia Bucci (200 mila), i Comuni di Tocco da Casauria e Castiglione a Casauria (100 mila l'uno). Diecimila euro andranno a Wwf e Legambiente, cinquemila alle altre associazioni. Cogliati e Sabatini dovranno risarcire anche Solvay. Motivazioni della sentenza entro il 18 maggio.
«Accusa confermata in gran parte» l'esultanza della Procura generale
L'AQUILA Esultano gli ambientalisti, si chiudono nel più completo silenzio le difese dei condannati, la procura generale parla di «ipotesi d'accusa in gran parte confermate». È questo, in estrema sintesi, il quadro delle reazioni a caldo al verdetto della Corte d'assise d'Appello dell'Aquila sulla maxi discarica dei veleni di Bussi. Il pg, Romolo Como, ha detto che «è stata riconosciuta la sussistenza del reato di cui al capo A, ovvero l'avvelenamento colposo, che ritengo un importante punto di arrivo». «Riteniamo ha aggiunto che sia stata sostenuta la bontà della tesi dell'avvelenamento della falda. La cosa difficile era vedere il dolo da parte degli imputati, soprattutto in concorso tra loro. Leggeremo le motivazioni per capire meglio».
Per l'avvocato Tommaso Navarra, che ha rappresentato le parti civili Wwf Italia e Legambiente onlus, «ora c'è lo strumento giuridico per sostenere la necessità della bonifica e della messa in sicurezza. Non a caso si è arrivati alla condanna anche in termini di provvisionali. È uno scenario nuovo, un cambio di passo, purtroppo prendiamo atto che arriva in ritardo rispetto al primo capo di imputazione (prescritto, ndr) perché anche lì saremmo arrivati all'affermazione di una responsabilità penale». Anche il delegato Abruzzo di Wwf, Luciano Di Tizio, ha esultato: «È stato compiuto un passo avanti importante nell'accertamento della verità ma l'obiettivo finale, come abbiamo sempre detto, resta la bonifica del territorio e l'applicazione del sacrosanto principio del chi ha inquinato paghi».
LA GERARDISSoddisfatta l'avvocatura dello Stato, rappresentata da Cristina Gerardis: «È una grande sentenza perché dimostra la giustezza delle nostre tesi. La prima sentenza aveva incentrato le assoluzioni sul non superamento dei limiti e sulla non gravità dell'inquinamento in un certo punto dei luoghi. Evidentemente, ma dovremo leggere le motivazioni, questa corte ha valorizzato il tema della tutela della falda come oggetto giuridico del reato, che è l'argomento su cui ci siamo concentrati maggiormente in Appello. Si apre lo scenario dei risarcimenti, importante anche sotto il profilo civilistico. È riconosciuto il diritto al risarcimento del danno che si potrà attivare con una base significativa».
Parlano di «pietra miliare nella giurisprudenza nazionale» le associazioni del Comitato Bussiciriguarda: «Questa sentenza non solo dà ragione alla nostra battaglia, ma ci consente di rafforzare il nostro impegno dandoci ulteriori energie affinché si possa ottenere quanto prima il ripristino della qualità dei luoghi. Da domani, pertanto, abbandonate le aule dei Tribunali, saremo sentinelle vigili e di stimolo continuo affinché tutte le amministrazioni, nazionale, regionale e locali facciano quanto di loro competenza per restituire alla collettività acque e terreni risanati».