L’AQUILA L’inchiesta sull’assalto delle ditte per accaparrarsi l’appalto della ristrutturazione di palazzo Centi poggia anche sulla montagna di intercettazioni che gli investigatori hanno fatto in occasione della precedente indagine del 2015 su presunte tangenti nei puntellamenti nel post sisma, ovvero Redde rationem. E non è un caso che ai sette indagati iniziali si siano aggiunti anche gli imprenditori Giancarlo Di Persio e Mauro Pellegrini, i titolari della ditta Dipe inquisita in quel procedimento. L’inchiesta sui puntellamenti è ancora lontana dalla definizione ma la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per una quindicina di persone che negano ogni addebito. Questi contatti emersi nelle vecchie intercettazioni hanno indotto i carabinieri del Noe a insistere nelle verifiche e ora, per l’appunto, si ipotizza il tentativo di entrare nell’appalto da 13 milioni. Le indagini hanno ricostruito i legami con dirigenti di primo livello quali Berardino Di Vincenzo, ugualmente indagato per palazzo Centi. L’ipotesi è che questi abbia chiesto ai due imprenditori di dare una consulenza al figlio in cambio di un interessamento per far ottenere loro l’appalto. Di Vincenzo nega tutto e, secondo quanto si è appreso, una volta conosciuta l’accusa, si è detto rasserenato in quanto, a suo avviso infondata. Inoltre, sempre nell’ambito di questo filone di inchiesta, ci sarebbero i primi riscontri sulla scorta di precedenti interrogatori anche su un altro versante. Prende corpo il sospetto che la Iciet di Castelli (Teramo) sarebbe stata favorita per l’aggiudicazione del lavoro: l’azienda che secondo l’accusa avrebbe avuto prima del bando la documentazione tecnica, in effetti ha avuto il maggiore punteggio sull'offerta tecnica, cioè sulla bontà del progetto, retrocedendo in seguito all'offerta economica al terzo posto, dopo la vincitrice, la General Costruzioni di Venafro (Isernia) con un ribasso del 35% e la Cingoli di Teramo. Dalle intercettazioni emerge il sospetto che la Iciet doveva essere avvantaggiata, vista anche la presunta conoscenza del titolare Eugenio Rosa dei risultati della Commissione tecnica prima che gli atti diventassero pubblici, e che dalle medesime attività tecniche si è appreso che lo studio tecnico incaricato dalla Iciet avrebbe avuto la disponibilità della progettazione preliminare mesi prima della pubblicazione del bando al quale hanno partecipato 29 imprese. Secondo i carabinieri è dimostrato, inoltre, che sarebbero state esercitate ripetute e indebite pressioni per la formazione di una commissione tecnica - diversa da quella che poi è risultata effettivamente nominata - e che, comunque, i componenti della commissione sarebbero stati successivamente avvicinati per la valutazione delle offerte tecniche depositate dalle ditte. La prossima settimana dovrebbe essere foriera di altre novità.
L’immobile di Penne e la «pressione indebita»Martedì il governatore riferirà in Consiglio regionale
PESCARA È la parte meno nota dell’inchiesta della Procura dell’Aquila. Ma è quella con l’accusa più pesante per l’indagato Luciano D’Alfonso, presidente della regione Abruzzo: corruzione. Riguarda Penne e la vendita di un fondaco, un immobile di proprietà del comune, a un privato. Il Centro è in grado di ricostruire la vicenda. Nel 2015 il Comune decide di vendere il fondaco situato in un palazzo storico della città nel quale ha sede anche il liceo scientifico. Il fondaco è affittato da una quindicina d’anni a una piccola attività commerciale per la vendita di piante. Il Comune, che si trova di fronte al rischio di non rispettare il patto di stabilità e di andare in dissesto, decide una manovra di rientro che prevede, tra l’altro, la vendita del fondaco allo stesso affittuario. Per portare a termine l’operazione occorre però superare il vincolo dei Beni culturali. L’allora sindaco di Penne Rocco D’Alfonso chiede alla Soprintendenza che il vincolo decada e attende il parere della relativa commissione per completare la vendita. La commissione però tarda a riunirsi e il sindaco, che ha urgenza di chiudere il bilancio, chiede l’intervento del presidente della Regione. Il quale telefona a un funzionario dei Beni cultruali per sollecitare il parere. Questa telefonata viene letta dagli inquirenti come una “pressione indebita” sul funzionario per favorire la decadenza del vincolo e la vendita dell’immobile. Il quale verrà comunque svincolato, ma dopo qualche mese. Commentando con i suoi collaboratori la vicenda, il governatore si è detto meravigliato dell’accusa, perché per statuto, ha sostenuto D’Alfonso, la Regione deve aiutare i Comuni a evitare il dissesto. Per le altre due vicende pescaresi dell’inchiesta condotta dalla pm Antonietta Picardi, D’Alfonso è indagato per “atti propedeutici per la turbativa di libertà d’incanto”, una disposizioneprevista dal legislatore quando si mettono in atto condotte di turbativa prima della pubblicazione del bando di gara. L’accusa è legata alla manutenzione straordinaria di 202 appartamenti di proprietà dell’Ater Pescara situati in via Salata vecchia e in via Caduti per il Servizio per il quale l’Ater aveva previsto un costo di 5 milioni di euro. D’Alfonso esegue il 5 novembre 2016 un sopralluogo in via Caduti per servizio su sollecitazione degli inquilini che avevano manifestato sotto la sede della Regione. Il consigliere regionale M5s Domenico Pettinari in quell’occasione dichiara al Centro: «D'Alfonso ha detto che avvierà delle verifiche per valutare il reperimento dei fondi, ma non ha dato risposte sui tempi. Sono due anni che denunciamo una situazione insostenibile ed è ancora tutto fermo». Il sopralluogo, come detto, viene effettuato lo stesso pomeriggio con l’intenzione di fare una stima dei lavori, che la Regione valuta in 2,5 milioni. Successivamente viene approvata in giunta una delibera che è in realtà un atto di indirizzo perché priva di previsione di spesa. Per la vicenda sono indagati anche Virgilio Basile, amministratore unico Ater, Carmine Morelli dirigente Ater e l’architetto Gianluca Marcantonio, indagato anche nel filone aquilano. Stessa accusa per i lavori al parco didattico del Lavino. Un progetto, inserito nel Masterplan, del valore di 3,5 milioni di euro. Si tratta del primo step di un intervento finalizzato alla valorizzazione dell’alveo del fiume e al recupero turistico delle antiche infrastrutture minerarie. Intervento riguarda sei Comuni (Roccamorice, Scafa, Abbateggio, San Valentino, Lettomanoppello e Manoppello) e la Provincia di Pescara che sarà l’ente attuatore. Una curiosità: D’Alfonso ha discusso del progetto anche in una diretta streaming con i rappresentanti degli enti interessati. Lo streming ha totalizzato 1.800 visualizzazioni sul sito della Regione. Per questa parte dell’inchiesta sono 7 «e altri» gli iscritti nel registro degli indagati. Intanto il governatore si prepara a parlare della vicenda giudiziaria in Consiglio regionale, probabilmente martedì prossimo. Lo ha annunciato il vicecapogruppo del Pd Alberto Balducci: «Il presidente non vede l’ora - per quanto di sua competenza e conoscenza - di informare il Consiglio regionale sulle vicende oggetto di indagine. Lo farà in autonomia, anche in assenza di un’interrogazione in merito».