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Pescara, 25/11/2024
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Data: 19/02/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tra vessilli pci e cori si torna indietro al 900

ROMA Livorno 1921 fu una cosa seria. E questa? L'atmosfera è un po' da film dei Monty Python: «Siete del Fronte popolare Giudeo?». «Ma vaffa!!! Siamo del Fronte popolare di Giudea!». Ecco, l'ennesima scissione nella sinistra storicamente malata di scissionite, sembra il trionfo dell'auto-referenzialità e della sfumatura anche lessicale come pretesto per farsi del male. E una delle poche virtù del passato - la solennità del momento dell'addio, che Antonio Gramsci riassunse così: «Lo spirito di scissione è una grande idea, applicabile a una grande storia» - è proprio quella che manca in questo strappo dal Pd. Al suono e al canto di «Bandiera rossa», nel catino neo-novecentesco del teatro Vittoria. E c'è da chiedersi, ma la risposta già si sa: «Bandiera rossa la trionferà»? Intanto, «avanti popolo, tuona il cannone», mentre scorrono sul video le immagini di Enrico Berlinguer. E la colpa della «mutazione genetica», che egli imputò a Craxi, i nuovi amigos e compagneros D'Alema-Bersani-Emiliano-SperanzaRossi la vedono incarnata in Renzi. Si alza pure qualche pugno chiuso, nella sala del Testaccio sormontata dalla scritta «Rivoluzione socialista».
I TRENI A VAPORE
Arriva l'ex Iena Lucci, vestito da soldato dell'Armata Rossa, e i presenti fingono d'indignarsi. Ma in fondo godono: il neo-novecento è una rassicurante coperta di Linus. E finalmente quello che Francois Furet chiamava «il passato di un'illusione» - «Spero che cantare Bandiera rossa vi tolga le rughe dal cuore», si augura il presentatore della kermesse - funge da speranza (illusoria) per il futuro. I capitalisti ridiventano capitalisti brutti, sporchi e cattivi (perfino per Bersani e D'Alema che un tempo sembravano volerci provare a rompere le catene della tradizione) ma ecco il governatore toscano Rossi che prima confessa la sua «inquietudine verso il presente» (notoriamente all'epoca dei treni a vapore si stava meglio) e poi invoca «un partito partigiano che stia con i lavoratori». E se il lavoratori la nuova Cosa Rossa non la voteranno, la colpa di chi sarà? Della Fodria, ossia le Forze Oscure Della Reazione In Agguato che esistevano nell'immaginario comunista del ventesimo secolo ma ormai anche in quello del neo-novecento?
IL LESSICO
Come sempre e più di sempre, nel lessico della scissionite si va sul tradizionale. Non solo tra quelli che rompono con il Pd ma anche in Sinistra Italiana, che è nata piccola e fragile in queste ore a Rimini ma già si è scissa nell'incubatrice, avvolta nelle note dell'«Internazionale», tra quelli di Scotto e i vendoliani e questi ultimi a loro volta sono divisi su D'Alema. Mangiare il rospo Max (un tempo lo chiamavano Dalemoni perché in combutta bicamerale con Berlusconi) come vuole Nichi o rifiutarlo perché ognuno ha la sua scissione e guai a mescolarle? Al solito, ci si scinde invocando una futura unità, con chi si è appena lasciato, e un «nuovo inizio» che non s'è mai rivelato elettoralmente radioso considerando le scissioni del passato. E ci si scinde fingendo di essere uguali (ma D'Alema non ha detto che Emiliano è una sorta di fascista?), cercando di mandare avanti l'altro per poi sfilarsi (questo sta accadendo tra i frondisti) e insieme lottando sotto sotto per chi fa il capo. Il Comandante Max stavolta s'atteggia a padre nobile, Speranza è Speranza, l'attesa Bianca Berlinguer boh, mentre Emiliano forse si sfila ma se non lo fa vuole essere il numero uno: «Avete presente i vecchi western? Ecco, io sono lo sceriffo». Inoltre il classico malato di scissionite, oltre a sentirsi antropologicamente diverso, è convinto che gli scissionisti sono sempre gli altri: «E' Renzi che vuole la spaccatura del Pd», assicura Rossi. Lo stesso Renzi che prima ha chiamato Emiliano, poi Rossi e poi Speranza («Al telefono gli ho dato l'ultima chance», annuncia il vicer-sceriffo Bob): e dunque, almeno il telefono non piange, nonostante il fuorionda di Delrio, nella commedia anche psicologica («Poverino Gentiloni, per Renzi non esiste», parola di governatore toscano) di questo strambo neo-novecento. In quello vero, Ettore Scola narrò la tragedia della scissione del Pci-Pds nel film «Mario Maria e Mario». In quello posticcio, il rischio è l'irrilevanza. «Ma se il popolo mi fischia - così scriveva Orazio nelle sue «Satire» - ci penso io, a casa, ad applaudirmi».

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