PESCARA Antonio Castricone con Michele Emiliano, Maria Amato sostiene il ministro Andrea Orlando, mentre sul Pd il vento della scissione soffia sempre più forte. Ancora 24 ore per riflettere, in attesa della riunione di domani della direzione nazionale che dovrà gestire la fase congressuale del partito, dopo le dimissioni rassegnate ieri nel corso dell’assemblea dal segretario Matteo Renzi. In Abruzzo, nonostante le diversità di vedute tra le varie anime del Pd, si continua a sperare in una ricomposizione. Per Castricone, che sostiene la posizione del governatore della Puglia «la situazione è ancora in evoluzione, ma mi auguro anche», ha detto, «che con l’ultimo appello di Emiliano si riesca ad arrivare a una ricomposizione. Non sono favorevole alla scissione, spero che venga evitata». La parlamentare Maria Amato, ha lasciato l’assemblea prima dell’intervento di Emiliano, che ieri ha sorpreso la platea con un appello dai toni sensibilmente diversi da quelli usati il giorno prima. «Mi fido del segretario, ha detto Emiliano, il giorno dopo aver chiesto «scusa per aver sostenuto Renzi in passato». «La consapevolezza», ha detto invece Amato, «è che per il bene del Paese, il Pd sia quel grande partito pluralista sul quale abbiamo lavorato. Non potrà essere la stessa cosa senza quella parte di sinistra che porta i suoi valori all’interno di questo progetto. Sono rimasta colpita emozionalmente dall’intervento di Walter Veltroni, che ha richiamato ai valori, alla storia dell’Ulivo, a come è nato il Pd». La parlamentare si dice vicina al progetto del ministro Andrea Orlando, che ha proposto «la conferenza programmatica, non per allungare il brodo, ma per vedere se ci sono le condizioni per andare avanti insieme» e allontanare lo spettro della scissione. «Voglio ancora sperare che la spaccatura non ci sia. Io sono stata dalla parte di Bersani e Cuperlo», ha aggiunto Amato, «ed è facile che possa esserci ancora, ma non è così scontato se è solo l’astio che regge l’azione e non un vero progetto da condividere. Ci penserò molto. Tutto è in divenire, non ho ancora deciso nulla. Io, comunque, non sono di nessuno, e soprattutto penso che il destino individuale non possa mai essere più importante del destino collettivo». Alexandra Coppola, della direzione nazionale del partito, ha detto di aver molto apprezzato l’intervento di Emiliano, «anche se ora qualcuno lo sta ridicolizzando. Il senso era evitiamo la scissione, cerchiamo di fare un passo indietro». Secondo Gianluca Fusilli «l’unità del partito è un valore assoluto. Chiunque ha il dovere di fare qualunque sforzo per evitare ipotesi di separazioni immotivate e incomprensibili. Gli ultimatum nella vita sono inaccettabili, figuriamoci in politica. Se qualcuno vuole andare via a tutti i costi se ne assume la responsabilità». Tommaso Ginoble parla della scissione come di un evento che denota «grave, scarso senso responsabilità, se si pensa a come si trova in questo momento il nostro Paese. Noi siamo una forza sulla quale i cittadini devono poter contare. Credo che questa scissione», ha commentato, «sarebbe una cosa per alcuni versi incomprensibile dal punto di vista politico. Purtroppo anche la politica è fatta da persone che qualche volta si fanno prendere da propri sentimenti o umori personali, piuttosto che pensare al ruolo di responsabilità che ricoprono. È necessario che il governo Gentiloni arrivi fino alla scadenza ordinaria. Abbiamo tante cose da fare, la lotta alla povertà, le riforme in corso. Chiedere al segretario uscente di non ricandidarsi, da parte di chi vuole andare via, mi sembra veramente fuori dal mondo, anche perché nonostante la sconfitta al referendum Renzi rappresenta ancora il punto di riferimento più alto per una eventuale candidatura a premier. Io rimarrò nel Pd, perché credo che sia ancora una straordinaria opportunità per il popolo di centrosinistra. Nella parte finale mia vita politica mi sembrerebbe di tradire me stesso Non demonizzo nessuno, neanche quelli che vogliono andare via. Anzi, spero di ritrovarli sulla strada della coalizione».
E a sinistra si apre il dibattito sulle alleanze. In Abruzzo si guarda a Si. Dove potrebbero convergere i dem secessionisti. Ma Rifondazione già si sfila
PESCARA Il congresso fondativo di Sinistra italiana ha eletto il primo segretario del nuovo partito, Nicola Fratoianni. E anche l’Abruzzo guarda con interesse alla novità che si affaccia sulla scena proprio mentre il Pd, dilaniato da mesi una lotta intestina che lo ha portato a un passo dalla scissione, è disperatamente alla ricerca dell’unità perduta. Ai “secessionisti” del Pd gli “eredi” di Sel guardano con molto interesse, mentre Bersani e D’Alema sarebbero già pronti a convergere verso una nuova formazione a sinistra, e con loro almeno una decina di senatori e una ventina di deputati, con l’intento di dare vita a gruppi parlamentari autonomi. Il percorso preconizzato dai bersaniani è la costituente di stampo ulivista, nella quale magari coinvolgere anche Giuliano Pisapia e gli ex di Sel, oltre che la Sinistra italiana di Fratoianni. Speranza incontra oggi Pisapia a Venezia, e l’ex Sel Arturo Scotto già apre a «una sinistra popolare e di governo». Ma a Speranza e compagni, nel suo primo discorso da segretario, Fratoianni ha lanciato subito una sfida. «Se la scissione dovesse portare a nuove articolazioni nei gruppi parlamentari vorrei vedere cosa faranno nel momento in cui si dovesse la fiducia al governo Gentiloni». In Abruzzo Sel, ora confluita in Si, conta un solo parlamentare, Gianni Melilla. Un altro esponente del partito, Mario Mazzocca, ricopre l’incarico di sottosegretario alla presidenza. Lo scenario, attualmente, è tutto da costruire, e molto dipenderà dalle vicende nazionali, ma il governatore Luciano D’Alfonso potrebbe ritrovarsi a dover gestire contraccolpi all’interno della Giunta. Chi di sicuro non farà parte della nuova “cosa rossa” di Bersani e D’Alema è Maurizio Acerbo. «Nessuna parentela con loro», taglia corto, «perché le nostre strade si sono divise tante anni fa. Trovo legittima e comprensibile la rivendicazione circa la propria storia e la propria identità da parte di D’Alema e Bersani, però per me il Pd non era di sinistra neanche prima di Renzi. Mi fa piacere che abbiano riscoperto “bandiera rossa”, ma non basta. Per quanto ci riguarda non è un percorso che ci interessa perché sono 20 anni che fanno cose che non sono di sinistra. D’Alema fa parte dei rottamarori di ieri che adesso vengono rottamati, anche se giudico positivamente il fatto che si siano schierati con noi per il no al referendum costituzionale. Mi fa piacere, comunque, che ci sia stata questa ripresa di orgoglio, ma spero non si tratti della solita lotta potere per le poltrone. Renzi non è di sinistra, e almeno questi lo sono stati. Speriamo in un ravvedimento operoso». Secondo Acerbo, complessivamente, l’unico modo per restituire serietà alla politica, in Italia, è il ritorno al proporzionale, anche con uno sbarramento, «che ci liberi di partiti senza programmi e dei trasformisti».