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Pescara, 24/07/2024
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Data: 22/02/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Appalti, indagati tre assessori regionali. Accusati di falso Pepe, Paolucci e Sclocco per i lavori al parco di Lanciano. Opere a carico della Regione per 1,2 milioni. D'Alfonso: «Piena fiducia nell'azione dei magistrati»

L’AQUILA L’inchiesta della Procura aquilana sugli appalti della Regione punta il dito contro tre assessori della giunta in carica. Gli avvisi di garanzia con l’accusa di falso ideologico sono stati indirizzarti ieri sera agli assessori Silvio Paolucci, Marinella Sclocco e Dino Pepe. Sotto inchiesta anche il dirigente regionale Franco Bernardini nella sua veste di segretario di giunta e altre sei persone. Gli avvisi di garanzia sono stati inviati all'atto della proroga delle indagini e per questo non sono ancora chiare le contestazioni mosse ai sospettati I tre sarebbero chiamati in causa per aver partecipato alla riunione dell’esecutivo e votato la delibera della giunta abruzzese numero 367 del 3 giugno 2016, relativa alla riqualificazione del parco comunale Villa delle Rose di Lanciano, un’opera da un milione e 200mila euro. Si tratta di un'area di 60mila metri quadrati già usata per fiere e feste popolari, dotata anche di un ippodromo, di cui il Comune frentano ha proposto una riqualificazione che prevede la demolizione e ricostruzione delle tribune, la realizzazione di un campo di calcio e di piste pedonali e ciclabili. In particolare, si contesta un verbale di giunta nel quale era attestata la presenza del presidente Luciano D’Alfonso e Donato Di Matteo. In realtà, secondo l’accusa, i due non sarebbero stati presenti. Per contro erano assenti gli altri assessori Giovanni Lolli e Andrea Gerosolimo. Questo, per ora, dice poco, ma è anche vero che gli investigatori, che indagano da due anni sugli appalti regionali, sono in possesso di una larga messe di intercettazioni e documenti su cui far poggiare le contestazioni che più in là si chiariranno. Abbiamo provato a sentire gli assessori indagati, ma è stato possibile contattare soltanto Pepe il quale ha riferito di non aver ricevuto ancora nulla. Questo filone investigativo, il quarto aperto sulla Regione, ha avuto inizio quanto due giorni fa c’è stato un secondo blitz dei carabinieri del Noe negli uffici della giunta regionale dell’Aquila a palazzo Silone nel quartiere di Pettino. Se questo fascicolo è nella fase iniziale nella giornata di domani è già previsto il primo interrogatorio riguardante l’indagine sull’appalto per la ricostruzione di palazzo Centi all’Aquila che fino al 6 aprile 2009 era sede della giunta regionale. Domani, dunque, davanti al pm Antonietta Picardi si presenterà l’imprenditore Mauro Pellegrini titolare del Dipe che ha ricevuto un invito a comparire. Il suo difensore è l’avvocato Massimo Carosi. Nella stessa vicenda sono indagati il contitolare della Dipe, Giancarlo Di Persio, assistito dall’avvocato Riccardo Lopardi, oltre all’architetto Berardino Di Vincenzo e il figlio Giancarlo, difesi dall’avvocato Emilio Bafile. Qui l’accusa, rigettata da tutti gli indagati, è circostanziata e parla di «induzione indebita a dare o promettere utilità». Più in particolare Di Vincenzo, in quanto ex coordinatore del servizio di programmazione del segretariato dei beni culturali, in concorso con il figlio, prospettando la possibilità di influire sulla commissione di gara dell’appalto da 13 milioni, avrebbe indotto i due noti imprenditori aquilani ad affidare al giovane figlio l’incarico di programmazione per la partecipazione al mega appalto. Anche qui le intercettazioni sono importanti per calibrare le contestazioni. Per contro, si è appreso che l’architetto Di Vincenzo, che pure sapeva da mesi di questa indagine, ha affermato di sentirsi quanto mai al sicuro una volta a conoscenza delle contestazioni a lui mosse. Questa settimana ci dovrebbero essere anche interrogatori di altri indagati che sono stati destinatari di decreti di perquisizione. Finora gli indagati di questa mega inchiesta sulla Regione sono 27. Tra le persone coinvolte anche il governatore, Luciano D’Alfonso per un presunto caso di corruzione da lui respinto al mittente. D’Alfonso è assistito dagli avvocati Giuliano Milia e Antonio Valentini, il primo del Foro di Pescara e l’altro aquilano che devono ancora esaminare le carte.

Opere a carico della Regione per 1,2 milioni
A tanto ammonta l’onere di spesa per la riqualificazione del Parco. Finanziato coi fondi del masterplan

LANCIANO E’ di un milione 200 mila euro la quota che la Regione doveva investire nell’appalto di riqualificazione strategica del Parco di Villa delle Rose. Opera e appalto che sarebbero finiti nel quarto filone dell’inchiesta Abruzzo, avviata dalla procura dell’Aquila che coinvolge il governatore Luciano D’Alfonso. Dieci sarebbero gli indagati. Al momento è in corso una parte dell’appalto, ovvero quello di 300mila euro relativo ai lavori di demolizione e ricostruzione della vecchia tribuna del parco. Si tratta di una procedura negoziata, che scade il 28 febbraio, per individuare almeno 20 ditte che poi parteciperanno all’appalto del primo lotto dei lavori. La vecchia gradinata, non agibile dal 2012, e oramai in frantumi, verrà demolita e ricostruita con sette livelli di sedute per circa 2.400 posti. Sarà lunga 160 metri e alta 10 e sarà realizzata in pietra di Apricena e porfido. La recinzione esistente, che delimita l’anello dell’ex ippodromo dalla gradinata, sarà eliminata. I lavori dovranno essere terminati entro 210 giorni decorrenti dalla data del verbale della consegna. Il criterio di aggiudicazione sarà quello del prezzo più basso. Ma, il secondo lotto è quello che coinvolge la Regione con il milione e 200mila euro di fondi promessi dallo stesso D’Alfonso in campagna elettorale nel maggio-giugno scorso, per riqualificare tutta l’area. In particolare si dovrebbe aprire la parte dell’ex ippodromo che guarda verso Corso Trento e Trieste che verrebbe prolungato fino al vecchio stabilimento Torrieri. Verrebbe spostato il campo Esposito verso la pista di pattinaggio e abbattuti i box dei cavalli. Infine si creerebbe una pista ciclopedonale al posto dell’ex anello dell’ippodromo. E qui entrerebbe in scena il masterplan: i fondi, il milione e 200 mila euro dovevano essere presi dai 61milioni di euro destinati al completamento delle piste ciclabili. Lo stesso D’Alfonso, che ha firmato la delibera 367 del 3 giugno per Villa delle rose, parlando in città poco prima del ballottaggio, aveva difeso il progetto spiegando che faceva parte del masterplan. «L’area può e deve essere riqualificata», disse D’Alfonso, «secondo le previsioni progettuali dell’amministrazione civica, per restituire alla città un patrimonio ambientale che ha anche una valenza storico-culturale (...). Nel Masterplan ci sono 61 milioni dedicati al completamento delle piste ciclabili e l'intervento su Lanciano troverà copertura su questo capitolo». Parole chiare. Ma, bisogna capire se poi effettivamente il progetto è finito nel masterplan dove c’è invece, la pista ciclopedonale che dal Diocleziano arriva a San Vito (2.500.000 euro). E’ da capire visto che nei giorni scorsi il vice sindaco Pino Valente era tornato a sollecitare la Regione nel concedere i fondi promessi. La riqualificazione di Villa delle rose, o Central Park come era stato ribattezzato in campagna elettorale, grande sogno dell’amministrazione Pupillo, rischia di restare ancora una volta sulla carta?

D'Alfonso: «Piena fiducia nell'azione dei magistrati»
Il governatore in consiglio regionale: «Le indagini certificheranno il lavoro svolto». Contento per la proroga delle indagini, così ci sarà un ulteriore approfondimento.
Ieri nell’aula consiliare del Comune di Pescara il primo discorso pubblico del presidente sull’inchiesta della Procura di L’Aquila che lo vede indagato

PESCARA Nessun dibattito in aula, zero accuse dai banchi dell’opposizione e toni fin troppo concilianti nel lungo monologo del presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso. Il suo primo discorso pubblico sull’inchiesta della Procura dell’Aquila per una serie di appalti finiti nel mirino dei magistrati del capoluogo, è andato avanti ininterrottamente per oltre venti minuti, senza alcuno strascico polemico. Benedette toghe. Ieri mattina in consiglio regionale, convocato in via eccezionale a Pescara, a Palazzo di Città, D’Alfonso è apparso sereno, collaborativo, al punto da lodare più volte «l’esperienza, la professionalità e l’imparzialità» dei magistrati, fino a dirsi «contento» per la proroga delle indagini che determina un ulteriore approfondimento sulle sue attività politiche. «Mi auguro che si verifichi al più presto un confronto», ha rimarcato il governatore durante quella che lui stesso ha definito «una essenziale descrizione» dei fatti che lo riguardano. «Non c’è sfida, non c’è partita né antagonismo», ha aggiunto parlando a una platea insolitamente numerosa, citando articoli del codice di procedura penale. Incoraggiato probabilmente anche dallo studio della giurisprudenza che, secondo i suoi piani, lo porterà a laurearsi nel giugno prossimo. «Questa è soltanto la normale attività di un ufficio della pubblica amministrazione, con ruolo costituzionale, che sta lavorando per capire se alcune denunce che ci sono state abbiano o meno radicamento. Personalmente mi sono fatto un’opinione su ognuna di esse e ho notato anche alcune coincidenze interessanti». Ipotesi di reato. La prima è la data delle perquisizioni: il 16 febbraio, stesso giorno in cui, a Pescara, si frantumò lo Huge Wine Glass di Toyo Ito a piazza Salotto a 46 giorni dall’inaugurazione. Il racconto di D’Alfonso in aula muove dalla descrizione dettagliata dei quattro diversi filoni d’inchiesta nei quali si ritrova oggi coinvolto. Per cominciare, la vendita a un privato di un fondaco di proprietà del Comune di Penne (l’accusa è di corruzione). Poi c’è la manutenzione straordinaria di 202 appartamenti di proprietà dell’Ater di Pescara situati in via Salara vecchia e in via Caduti per servizio (l’indagine è per «atti propedeutici per la turbativa di libertà d’incanto», ossia per presunte condotte di turbativa prima della pubblicazione del bando di gara). Si prosegue con la realizzazione del parco didattico del Lavino (il reato ipotizzato è lo stesso degli alloggi popolari) e, infine, il progetto di riqualificazione del parco pubblico Villa delle Rose, a Lanciano. Tutto registrato. «C’è una delibera di giunta regionale del 3 giugno, questo è un investimento di riqualificazione strategica che restituisce una porzione di vivibilità a Lanciano, peraltro sede della Sangritana», ha evidenziato D’Alfonso precisando di essere «certo e sicuro» di riuscire a provare la sua estraneità anche in considerazione che «tutto il lavoro fatto in Regione è videoregistrato». La fiducia incondizionata nell’attività dei magistrati si somma, insiste il governatore a un ringraziamento alla «delicatezza, costumazione e misura» dimostrata dai carabinieri che il 16 febbraio scorso hanno effettuato il blitz in Regione e, secondo il presidente della giunta, si sono distinti per «la non partecipazione sorridente a quel dolore che si stava comunicando». Piena collaborazione. Un riferimento neppure troppo velato al suo precedente processo, chiuso con l’assoluzione. «Dopo duemila giorni di indagine», scandisce il governatore durante il suo intervento. Anche perché, «non mi aspetto», ha dichiarato D’Alfonso, «che l’attività di rilettura dell’autorità giudiziaria sia invalidante, ma piuttosto certifichi il lavoro svolto. Da parte mia non c’è solo una condotta collaborativa, ma anche un apprezzamento di tipo istituzionale». Infine la precisazione che la sua attività politica è indirizzata «sempre al prevalere dell’interesse pubblico».

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