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Data: 25/02/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Nuovo piano Alitalia fino a 4 mila esuberi. Intesa compagnia-sindacati sul contratto: resta il vecchio accordo, rinnovo a maggio

MILANO Breve e medio raggio in formato low cost, forte spinta e investimenti sul lungo raggio, specie sulle rotte intercontinentali: Asia e Nord America, queste ultime da Linate modificando il decreto Lupi che le limitava. L'inversione a U della mission di Alitalia deve avvenire con una quarta resurrezione ma purtroppo con un nuovo costo sociale elevato: dopo gli 8.200 fuoriusciti del piano Fenice (2008), adesso ci sarebbero quasi 4 mila dipendenti complessivi interni (su 12.600) ed esterni (su 30 mila) in esubero per effetto di un taglio più energico dei costi funzionale a riportare in equilibrio i conti almeno nel 2020, mentre nel 2019 dovrebbe tornare positivo il margine operativo.

LUNEDÌ CONSIGLIO La terapia d'urto, tanto conclamata da governo e azionisti italiani guidati da Intesa Sanpaolo (20,59%) e Unicredit (12,99%) per promuovere la svolta, inizia a vedere la luce nella bozza del piano industriale ancora macro, licenziata nelle ultime ore da Cramer Ball sotto la diretta supervisione dei vari advisor coinvolti: Lazard, Roland Berger, Kpmg, Dla Piper. L'alternativa è il fallimento con tutto quello che ne consegue in termini di immagine, reputazione costi, disagi, ripercussioni economiche sul sistema Paese. Senza tagli i soci non sono disposti a mettere altri soldi: le banche farebbero un passo indietro a iniettare altri 175 milioni freschi e a convertirne 165 in equity, come ipotizzato nelle linee guida tracciate da Lazard (Etihad ne dovrebbe mettere altri 275 dopo i 100 di dicembre e la conversione di 220 milioni del bond). I nuovi interventi devono essere compatibili con le proiezioni del nuovo piano. Le banche hanno siglato un accordo di moratoria valido fino al 31 marzo.
Nel pomeriggio di lunedì 27 tornerà a riunirsi il cda presieduto da Luca Cordero di Montezemolo. Una riunione dove tutti saranno collegati in call visto che non è necessaria la presenza fisica: sul tavolo l'esame del budget solo argomenti di gestione ordinaria. Ormai i grandi azionisti di Alitalia Cai che controlla al 51% Alitalia Sai tramite Midco, hanno deciso di prendere in mano il day by day riunendo ogni settimana il board in modo da affiancare Ball il cui destino è sempre in bilico. Non verranno sostituiti adesso i consiglieri dimissionari Antonella Mansi e Roberto Colaninno: i grandi soci italiani avrebbero concordato di cooptare i nuovi membri quando ci sarà una stabilità aziendale, quindi post approvazione del piano. Al consiglio di lunedì potrebbe essere fornita una prima informativa sul nuovo business plan che comunque sarà oggetto di rifiniture nel week end in funzione della spalmatura del taglio dei costi per essere presentato martedì 28 agli stakeholders: banche e Generali, sottoscrittore del Dolce vita bond (scadenza 2020) che avrebbe già detto no alla conversione in capitale Alitalia, rendendosi però, disponibile a una ristrutturazione. Da notare che le nuove proiezioni capovolgono l'impostazione del vecchio piano, non solo aumentando di oltre il 50% i tagli ma anche rivedendo al ribasso di circa il 20% i ricavi per le difficoltà legate alla riconversione del business. Dalla prossima settimana partiranno le negoziazioni che si spera possano concludersi entro fine marzo, non oltre. Alitalia brucia 100 milioni al trimestre e alla luce dei nuovi obiettivi andranno tarati gli ulteriori sacrifici delle banche e di Etihad. Non è scontato bastino perchè non è detto che le misure ipotizzate da Lazard possano soddisfare le esigenze patrimoniali.
Lo spettro dei 4 mila esuberi finora paventato, adesso potrebbe materializzarsi per effetto della crescita del taglio costi, visto che i 160 milioni annui del vecchio piano erano inadeguati per Intesa Sp e Unicredit per riportare in equilibrio i conti. Nella nuova formulazione sarebbe previsto un risparmio di 200-250 milioni annui, a seconda dell'andamento dei tagli che riguarderanno anche altre spese come i derivati. I risparmi sono figli della riconversione del modello di business. Sulle tratte brevi e a medio raggio, Alitalia diventerà low cost in modo da essere competitiva con Easyjet e Ryanair.
Con il cambio del modello di business si ridimensionerà il personale: tra assistenti e piloti le eccedenze dovrebbero crescere dai 1600 stimati prima a circa 2 mila ai quali si aggiungeranno almeno altri 2 mila fra i dipendenti indiretti delle attività in outsourcing: catering, handling, manutenzione, amministrazione e contabilità, merci e spedizioni. L'indotto comprende circa 30 mila unità operanti negli scali dove vola la compagnia. Le imprese romane coinvolte sono circa 50.


Intesa compagnia-sindacati sul contratto: resta il vecchio accordo, rinnovo a maggio

ROMA Accordo in extremis sul contratto Alitalia. L'incontro di ieri tra azienda e sindacati in un lussuoso hotel di Via Veneto, location a 5 stelle non proprio in linea con i conti in rosso della compagnia, ha messo qualche punto fermo, evitando una rottura che sarebbe stata devastante. Già lunedì infatti il vettore tricolore avrebbe potuto far saltare il banco, agitando con forza lo spettro del default. Invece in tarda serata è arrivato il compromesso. Dopo un tira e molla durato oltre 10 ore, la compagnia ha di fatto accettato di mantenere in vigore il contratto disdettato unilateralmente e di avviare, dopo la presentazione del piano industriale, la trattativa vera e propria per il rinnovo. Confronto che - hanno spiegato i sindacati - deve chiudersi entro il 31 maggio. Restano sospesi, ma solo sotto il profilo retributivo, gli scatti di anzianità che verranno recuperati in una seconda fase (con il blocco degli ultimi due mesi Alitalia ha risparmiato circa 5 milioni). Nessuna abolizione tout court quindi come richiesto in un primo momento. «L'accordo - dice Fiorentino della Fit-Cisl - riconosce la vigenza e la validità del contratto nazionale, impegna le parti a rinnovarlo entro il prossimo 31 maggio e mette fine ad ogni alibi». Esulta anche Claudio Tarlazzi della Uil Trasporti che era pronto a far sciopero se non ci fosse stato il dietro front aziendale: «Abbiano salvaguardato i diritti sull'anzianità».
Sostanzialmente le parti si sono date più tempo (rispetto all'ultimatum del 28 febbraio su cui si erano interrotte le trattative) per trovare un punto di intesa. Nello specifico la decorrenza del contatto scaduto il 31 dicembre viene allungata fino a maggio. Una mediazione che permette di restare nell'ambito del contratto nazionale, togliendo dal tavolo lo spinoso tema del regolamento che l'azienda intendeva introdurre dal primo marzo. Regolamento fortemente osteggiato da Cgil, Cisl e Uil che ora si concentreranno sul nodo esuberi (2 mila lavoratori coinvolti). Ad imprimere la svolta sarebbe stato in serata il ministro dello Sviluppo Economico. Carlo Calenda avrebbe spiegato ai sindacati che il carburante finanziario di Alitalia era davvero agli sgoccioli. «In cassa ci sono soldi solo per il prossimo mese, poi gli azionisti dovranno ricapitalizzare. E senza l'accordo con i sindacati non lo faranno», il duro ragionamento di Calenda che ha convinto anche Alitalia a fare un passo indietro. Del resto era stato proprio l'ad Cramer Ball a chiedere di ridurre «strutturalmente il costo del lavoro» in una lettera ai dipendenti. Proprio sulla sorte di Ball, non presente al vertice, si erano diffuse voci poi rientrate di una possibile uscita di scena. Gradita, tra l'altro, non solo ai sindacati, ma anche alle banche azioniste che, da tempo, vorrebbero un nuovo timoniere al comando.

IL DIVARIO Oltre ad aumentare i ricavi, l'obiettivo della compagnia è colmare il gap con le low cost sul fronte stipendi, riducendo la forbice che c'è, ad esempio, tra i piloti: quelli del vettore tricolore guadagnano in media il 50%-60% in più rispetto a Ryanair. Stesso discorso per quanto riguarda assistenti di volo e personale di struttura. Senza contare poi che piloti, hostess e steward del vettore irlandese - circa il 60-70% - non sono assunti direttamente dalla compagnia, ma da agenzie interinali che fanno risparmiare un bel gruzzolo al vulcanico ad Michael O'Leary (in questo modo non vengono pagate le malattie dalla compagnia e i contributi così come le tasse sono più bassi). Grazie a questi costi ridotti le low cost possono offrire biglietti a prezzi molto competitivi, spiazzando di fatto Alitalia sul corto e medio raggio. Solo quest'anno verranno aperte altre 44 tratte in Italia da Ryanair, mentre sempre nel nostro Paese le low cost hanno circa il 48% del mercato. E l'escalation continuerà se non si riuscirà a tenere lo stesso passo. «Se il governo ha deciso di dare spazio a queste compagnie - dicono da Alitalia - o ci adeguiamo o siamo morti». Altre strade non ce ne sono.

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