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Data: 25/02/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Fioccano adesioni all’iniziativa del 2 marzo contro il governo. La Cgil aderisce, come gli altri sindacati, alla manifestazione a Roma e anche a quella di domani per l'allargamento del cratere. Teramo, seimila senza casa per i danni delle scosse

TERAMO Fioccano le adesioni alla manifestazione di protesta organizzata da sindaci e Provincia per il 2 marzo a Roma. Ieri il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi è tornato sul tema facendo un appello ai cittadini: «Questa manifestazione è importante, dobbiamo essere in tanti, partecipiamo tutti». E sempre ieri hanno annunciato la propria adesione i tre sindacati confederali, la Camera di commercio, la Cna provinciale e il circolo Arci di Teramo. Sul tema si è espresso anche il gruppo politico di Futuro In, che in una nota firmata dai coordinatori comunali Valerio Pelusi e Francesca Di Egidio «chiede con forza la salvaguardia dei diritti dei cittadini di Teramo e provincia ed auspica una partecipazione massiccia di istituzioni e cittadini alla manifestazione che si terrà a Roma. 47 sindaci, il presidente della Provincia e il consiglio provinciale hanno ad oggi già dato la loro adesione, ma molte forze politiche e sociali appaiono troppo distaccate, timide, e con voce troppo flebile. La partecipazione di tutti alla manifestazione del 2 marzo, al di là di ogni appartenenza, è l’unica possibilità per fare in modo che il grido di aiuto dei teramani non resti inascoltato».
CGIL. Si è tenuta ieri l’assemblea delegati provinciali della Cgil per parlare dei due referendum sull’abolizione dei voucher e sulla responsabilità del committente negli appalti ma soprattutto per discutere dei danni di terremoto e maltempo in provincia. Hanno partecipato la segretaria nazionale Gianna Fracassi (con delega all’ambiente e territorio), il segretario regionale Sandro Del Fattore e il presidente della Provincia Renzo Di Sabatino, oltre ovviamente al segretario provinciale Giovanni Timoteo. «Abbiamo condiviso la piattaforma dei sindaci riuniti in Provincia. E abbiamo chiesto che si allarghi al fuori del cratere il provvedimento di cassa integrazione», afferma Timoteo, «quel che è accaduto nel Teramano non è mai accaduto in Italia: si sono sommate due calamità naturali. Si sono fermate molte attività che non hanno alcuna copertura salariale. Si pensi ai lavoratori delle cooperative delle scuole ancora chiuse. Si stima che siano state perse 130mila giornate di lavoro e non tutti hanno avuto un ammortizzatore sociale per tamponare». La Cgil aderisce, come gli altri sindacati, alla manifestazione a Roma e anche a quella di domani per l'allargamento del cratere. «Anzi», conclude Timoteo, «la Cgil nazionale che lunedì sarà in audizione sul decreto legge sul terremoto, presenterà emendamento perchè sia allargato il cratere a sette comuni: Basciano, Isola, Castel Castagna, Colledara, Castiglione, Cellino, Fano Adriano».

Teramo, seimila senza casa per i danni delle scosse. I giorni terribili della provincia: il culmine a gennaio con maltempo e blackout. E adesso l’incubo frane che hanno già causato lo sgombero di 400 cittadini

TERAMO Da sei mesi il vocabolario dei teramani è pieno di due parole: “sgomberi” e “sfollati”. Ma più delle parole rendono l’idea i numeri: hanno dovuto lasciare le proprie case per danni da terremoto in circa seimila (tremila solo nel capoluogo, quasi mille a Montorio al Vomano su una popolazione di ottomila); durante l’emergenza neve-blackout sono state sfollate sulla costa 2.500 persone; per le frane risultano sgomberati al momento quasi 400 cittadini (140 a Civitella, 120 a Campli e un centinaio nel territorio di Atri), buona parte dei quali purtroppo non rientrerà mai nelle proprie abitazioni. La serie nera. I sei mesi che hanno sconvolto la provincia aprutina, facendone un caso nazionale, sono cominciati la notte del 24 agosto. Da allora il lembo più settentrionale d’Abruzzo è stato flagellato da una serie di terremoti mai vista prima, da una nevicata che neanche i centenari riescono a ricordare – abbinata a un blackout di giorni (in alcune zone addirittura di settimane) e alla raffica di scosse del 18 gennaio – e, infine, da un’ondata di frane spaventosa. Morti da terremoto e frane non ce ne sono stati, mentre la grande nevicata ne ha fatti quattro (più migliaia di animali da allevamento massacrati nel crollo delle stalle). Ma non è, non può essere la conta delle vittime a rendere l’idea di quello che è successo. E quanto alla conta dei danni di questi flagelli, che il governatore D’Alfonso sollecita ogni giorno ai sindaci, adesso è impossibile. Perché le frane continueranno per mesi, perché è stata fatta solo una parte – più o meno la metà – delle verifiche sugli edifici lesionati dalle scosse e soprattutto perché i danni indiretti, quelli sull’economia già fragile del territorio, sono incalcolabili. E, alla lunga, saranno i più gravi. Fuga dall’entroterra. «Non abbiamo avuto morti e crolli ma è una città tramortita, i numeri lo dicono». Così il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi fotografa la situazione del capoluogo, dove proprio in questi giorni (vedi infografico) si sono superate le mille famiglie costrette ad andarsene di casa. Situazione comune a tutto l’entroterra teramano. I mille sfollati di Montorio fanno impressione, ma se andiamo a vedere i comuni meno popolosi i numeri restano da paura: 400 a Torricella Sicura, 380 a Civitella del Tronto, 274 a Valle Castellana, 264 a Tossicia, 184 a Isola del Gran Sasso, 150 a Bisenti e Cermignano, 130 a Cellino Attanasio, 125 a Penna Sant’Andrea, 113 a Notaresco, 93 a Colledara, 90 a Castelli e Montefino. A queste persone rimaste senza casa vanno aggiunte quelle che la paura del terremoto ha spinto lontano dai propri paesi, per lo più sulla costa. Un esodo difficilmente quantificabile, almeno adesso, ma che per molti non sarà temporaneo. Già da decenni molte cose (invecchiamento, carenza di servizi, viabilità disastrata, mancanza di lavoro) spingevano i teramani dell’interno verso le vallate e la costa. Il terremoto, e forse anche il senso di abbandono vissuto drammaticamente da queste comunità durante la nevicata e il blackout, accelereranno il processo. La reazione. La fascia pedemontana rischia la desertificazione, il capoluogo rischia di perdere ulteriormente la propria identità, ed è questo che sta spingendo amministratori locali e cittadini a organizzare proteste comuni mai viste prima. La prima si svolgerà domenica tra Colledara e San Gabriele, organizzata dai cittadini dei centri gravemente danneggiati dal sisma ma esclusi dal cratere. La seconda coinvolgerà tutti e 47 i comuni, altre istituzioni, forze politiche, associazioni e categorie. Tutti a Roma il 2 marzo (si punta a tremila persone) per chiedere allo Stato di battere un colpo e di aiutare davvero Teramo. Che da sei mesi è sballottata dalla tempesta perfetta.

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