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Pescara, 24/07/2024
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Data: 27/02/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Tra Renzi e Speranza volano accuse in tv. Sale la tensione. L’ex segretario: «La spaccatura porta la firma di D’Alema». Orlando: «Il partito è prigioniero di un algoritmo oscuro»

ROMA In attesa che la scissione si compia formalmente domani in parlamento, con la creazione del nuovo gruppo che nasce alla sinistra dem, ieri i big del Partito democratico e di Democratici e progressisti, si sono fronteggiati in tv. Ed è stata subito alta tensione tra i due schieramenti che potrebbe riflettersi sul lavoro del governo e del parlamento già da questa settimana. Roberto Speranza, uno dei leader di Dp, rispondendo a L’intervista di Maria Latella su Sky tg24 ha attribuito a Renzi la completa responsabilità della scissione del partito: «Passerà alla storia come il segretario che ha distrutto il Pd». Mettendo in guardia il premier sulla tenuta del suo governo a causa di possibili sgambetti dell’ex segretario: «Gentiloni deve aver paura di Renzi, non di Speranza». In serata, la replica dell’ex segretario da Che Tempo che fa. «La scissione? Era già tutto scritto, ideato e prodotto da Massimo D’Alema», ha risposto Renzi a Fabio Fazio, liquidando così le cause che hanno portato alla nascita di Dp: «È una cosa di palazzo, stanno facendo la scissione sulla data del congresso, sui codicilli. Da quando c’è stato il referendum è tornata la prima Repubblica, stanno nascendo tanti partiti». Lavoro, riforma dei voucher, nuovo welfare, pressione fiscale, sono molti i temi su cui i due schieramenti si sono fronteggiati. «Abbassare le tasse è un dovere. Non sono soddisfatto di quello che abbiamo fatto per alleggerire la pressione fiscale, è stato solo un passettino» ha ammesso Renzi che ha ribadito che, grazie al suo governo «sono stati creati 600mila posti di lavoro». Una visione che Speranza ha criticato duramente: «Il problema in questi anni è stata una comunicazione di un’Italia che ce l’ha fatta. Di un lavoro che arriva e invece è una realtà che continua ad essere drammatica». Renzi ha poi bocciato senza appello anche il reddito di cittadinanza: «Dobbiamo trovare un paracadute per chi non ce la fa, ma non possiamo dire “reddito cittadinanza”. L’Italia muore così». Oggi si passa dallo scontro in tv alla realtà. Entro domani Speranza conta di battezzare i gruppi (50 deputati) per la formazioni del nuovo gruppo parlamentare Democratici e Progressisti. Ma le prove di dialogo tra i due fronti della Sinistra si vedranno nella commissione Affari Costituzionali dove approda il decreto sicurezza, rispetto al quale il gruppo di Scotto e Speranza ha un approccio diverso dal Pd. Poi, in commissione Lavoro, governo e Pd portano avanti una legge di riforma dei voucher che eviterebbe il referendum della Cgil, ma Speranza ieri ha ribadito la richiesta di indire la consultazione. Anche all’interno del Pd i toni si sono alzati. Critiche all’ex premier dal ministro della Giustizia Orlando, sfidante alla carica di segretario: «Siamo prigionieri di un algoritmo oscuro nel nostro partito. Sembra più importante confliggere con i propri compagni che con gli esterni. Questo anche con chi è fuoriuscito. Bisogna interrogarsi su come rompere questo algoritmo. Renzi è andato in California e ha detto, sbagliando, che “quelli lì sono rimasti a litigare”, come se non fossimo compagni di partito. Per capire il populismo Renzi non doveva andare in California, ma in Michigan dove gli operai hanno votato Trump».


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