L'AQUILA Sono state formulate diverse domande anche sulla figura del Governatore Luciano D'Alfonso nelle sei ore complessive di interrogatorio di Giancarlo Di Vincenzo, uno degli indagati nel filone di appalti della Regione Abruzzo che riguarda la ricostruzione di palazzo Centi. Il giovane architetto ieri ha affrontato il secondo round con il Pm dell'Aquila Antonietta Picardi. A tenere banco, l'appalto da 13 milioni per la sede storica della Giunta regionale, all'Aquila. Accompagnato dall'avvocato di fiducia Emilio Bafile, Di Vincenzo è accusato di aver beneficiato dell'incarico di redigere per conto della Dipe il progetto per la partecipazione della gara, che in qualche modo sarebbe dovuta essere pilotata in favore della stessa impresa da suo padre, Berardino Di Vincenzo, ex alto dirigente del Mibact Abruzzo ora in pensione, ma soprattutto uomo molto vicino al presidente Luciano D'Alfonso, a sua volta indagato in vari filoni dell'inchiesta della Procura aquilana.
CIRCOSTANZE DA CHIARIRE Nel corso dell'interrogatorio gli investigatori del Noe di Pescara che seguono l'indagine hanno chiesto al giovane professionista, tra le tante cose, anche il ruolo che avrebbe potuto rivestire il Governatore in relazione all'appalto e se entrambi (padre e figlio, indagati) lo conoscevano. «C'erano delle altre circostanze da chiarire perché il lavoro della procura è stato laborioso ha detto l'avvocato Bafile all'uscitadalla stanza dove si è tenuto l'interrogatorio -. C'erano tante intercettazioni anche ambientali e abbiamo voluto dare chiarimenti su tutto il fronte. Rapporti intercorsi, la frasi pronunciate tra le stesse persone che sono interessate nella vicenda. La Procura ha formulato delle contestazioni ma la linea dei miei assistiti è veramente chiara e ci siamo sottoposti a questo interrogatorio, laborioso, complesso, proprio per chiarire ogni questione, sulla posizione dei miei assistiti che non è critica, tutt'altro. C'è stata una inchiesta sugli appalti pubblici,- ha aggiunto - in questa fattispecie si verifica un caso particolare in cui un architetto libero professionista partecipa ad un appalto con una ditta mentre il papà ricopre l'incarico di funzionario in un ufficio pubblico ma che nulla ha a che fare con la gara che è stata espletata. Tanto è vero che poi la stessa non è stata aggiudicata ai professionisti e alla società interessata ma è stata aggiudicata ad altri, questo rende il quadro un po più critico sotto il profilo dell'attenzione della Procura ma certamente non ci sono cose particolari noi i chiarimenti li abbiamo dati. Di Vincenzo padre non poteva influire con il suo ufficio, che era distante nei lavori di palazzo Centi, di proprietà della Regione. L'unica cosa che si può dire è che questo rapporto tra i due Di Vincenzo ha creato una situazione da parte della Procura che ha approfondito e noi abbiamo chiarito fino ad oggi».
I COMPUTER SEQUESTRATI Infine l'avvocato Gennaro Lettieri, ha presentato ieri istanza al Tribunale della Libertà, chiedendo il dissequestro dei computer sequestrati al proprio assistito nell'ambito dello stesso filone d'inchiesta. Si tratta di Claudio Ruffini, di Mosciano San'Angelo, capo dello staff del presidente della Regione, per due volte presidente della Provincia di Teramo, ex sindaco di Mosciano e Giulianova, ex consigliere regionale del Pd.