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Data: 28/02/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Intervista a Claudio De Vincenti (*) - «Nuovo Welfare e Sud così la spinta al lavoro»

Per i giovani, specie nel Sud, meglio un lavoro di cittadinanza come quello di cui ha parlato Matteo Renzi, che un mero sostegno al reddito. Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno ma anche economista di lungo corso, vede un filo rosso tra alcune misure già impostate dagli ultimi due esecutivi e le nuove forme di protezione sociale che sono al centro del dibattito nel Pd. E conta che nelle Regioni meridionali il 2017 possa essere un anno di svolta, con una convenienza a investire per le imprese «che non si vedeva da molti anni».
Il decreto appena approvato dal Parlamento però ha una portata limitata...
«Il decreto tocca alcune situazioni specifiche ma allo stesso tempo ha un grande valore generale. Sulla vicenda Ilva vengono rafforzati i compiti dell'amministrazione straordinaria nelle attività di bonifica, ulteriori rispetto a quelle che farà il nuovo investitore. Questo è un grande tema non solo italiano ma europeo e di tutte le economie avanzate: come rendere l'industria siderurgica pienamente compatibile con l'ambiente e con la salute. L'Ilva di Taranto dovrà essere uno stabilimento all'avanguardia nel mondo. Abbiamo anche rafforzato gli ammortizzatori sociali: servono a tutelare i lavoratori accompagnandoli verso la nuova gestione. L'accordo di ieri al Mise lo conferma. Poi sempre nel decreto ci sono misure come quelle per i porti con la vocazione del transhipment, la stessa Taranto e Gioia Tauro: questa del traffico container è un'attività nella quale il nostro Paese può avere un ruolo importante con gli spazi che si sono aperti dopo il raddoppio del canale di Suez».
Sono temi importanti, ma quali sono le misure con una validità più generale?
«Con un emendamento del governo, in Parlamento è stato inserito il rafforzamento del credito d'imposta per gli investimenti. Ci sono buoni motivi per pensare che le imprese lo utilizzeranno in pieno: in questo caso con un tiraggio di 600 milioni l'anno si avrebbe un effetto leva pari a 1,7 miliardi di investimenti privati aggiuntivi. Risorse che si sommano a quelle pubbliche del Masterplan e dei Patti per il Sud. Questo 2017 può davvero essere un anno di svolta. Il credito d'imposta per le imprese va visto insieme alla decontribuzione piena per le nuove assunzioni, che nelle Regioni meridionali è di nuovo in vigore da quest'anno. Una situazione di incentivazione delle attività produttive come non si vedeva davvero da molti anni: questo è uno dei momenti di maggiore convenienza per investire nel Mezzogiorno».
Quale sarà il passo successivo?
«Intanto tutte queste cose una volta approvate vanno attuate ed è un lavoro da fare con attenzione e impegno. Poi ci stiamo confrontando con la commissione europea per definire i criteri con cui si potranno attivare le Zone economiche speciali (Zes): aree circoscritte e con una particolare vocazione produttiva e di apertura ai mercati internazionali, nelle quali con una combinazione di incentivi si può creare un contesto ancora più favorevole agli investimenti. La prima sarà Gioia Tauro ma ce ne saranno delle altre. Penso che entro la fine della primavera si potrà arrivare ad una proposta condivisa con Bruxelles».
Eppure alcune delle analisi seguite alla vittoria del no nel referendum costituzionale hanno evidenziato una forte sofferenza sociale proprio al Sud, nonostante la narrazione positiva che veniva dal governo. Come lo spiega?
«Il governo Renzi e ora quello Gentiloni hanno riportato il Sud al centro dell'agenda. Ma bisogna ricordare che quei territori hanno alle spalle 15 anni in cui si è allargato il divario con il resto del Paese. Solo nel periodo 2007-2014 le Regioni del Mezzogiorno hanno perso 13,2 punti di Pil mentre al Centro Nord la caduta, comunque molto pesante, è stata del 7,8. Dal 2015 c'è stata un'inversione di tendenza con finalmente il segno più davanti al Pil per l'Italia e per il Sud. Dobbiamo rafforzarla e consolidarla, continuare metodicamente a ridurre il divario. È evidente che in questi anni si sono create situazioni di sofferenza forte: penso alla disoccupazione di lunga durata, più intensa di quella del resto del Paese; a quella dei giovani, che toglie la speranza a tanti ragazzi».
E come si affronta questo disagio?
«Renzi ha parlato di lavoro di cittadinanza: vuol dire fare in modo che tutti possano avere la loro occasione per inserirsi in un'attività. Il problema dei giovani non è solo quello del reddito, è soprattutto avere un lavoro produttivo, che sia motivo di orgoglio, di riconoscimento vero, di identità. E questo vale in particolare nel Mezzogiorno».
Concretamente che significa lavoro di cittadinanza?
«Significa prima di tutto politiche per la crescita, come il Masterplan, e per l'inclusione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, come con il Jobs act. Poi dobbiamo guardare ad alcune sperimentazioni interessanti come quelle in corso in tre Regioni, Emilia-Romagna, Friuli e Lazio. Si tratta di politiche attive per la formazione e l'inserimento nel mondo del lavoro che usano risorse del Fondo sociale europeo. E questo sarà uno dei compiti chiave della nuova Agenzia nazionale per le politiche attive, l'Anpal, che a sua volta ha a disposizione una parte del Fse. Il tutto si collega anche con il disegno di legge sulla povertà che sta per essere approvato in Parlamento».
La sua proposta Renzi l'ha fatta in vista del congresso del Partito democratico..
«Sì. E infatti questo è il motivo per cui io, come iscritto al Pd, appoggio la leadership di Matteo Renzi con grande convinzione. Ritengo che rappresenti al meglio l'esigenza che è all'origine stessa del Partito democratico: fondere culture diverse per superarle costruendo una cultura nuova che sappia leggere la società come è oggi. Senza ideologismi ma con grandi ideali. Renzi è il leader di un Pd che ritrova il gusto di stare sui problemi reali della società italiana. Abbiamo bisogno di innovazioni di politica economica e sociale che rispondano alle sofferenze generate da tanti anni di crisi economica, valorizzando le grandi potenzialità che il Paese ha di svilupparsi e competere, a cominciare da imprese che stanno nel Mezzogiorno e riescono a esportare anche più delle altre».
Lei però è anche ministro. Spera di poter portare avanti il suo incarico ancora per qualche mese?
«Il compito del governo è lavorare, la durata della legislatura è nelle mani del capo dello Stato. Lavoriamo con interventi che facciamo oggi ma che guardano alla costruzione delle condizioni di lungo periodo della crescita italiana».

(*) ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno

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