PESCARA Massimo Paolucci eurodeputato napoletano eletto nel Pd nella Circoscrizione Sud (di cui fa parte anche l’Abruzzo) è tra i promotori di Articolo 1 (dalla Costituzione: “L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro”), il movimento politico nato dalla scissione dei democratici, da qualche giorno in parlamento con i gruppi dei Democratici e Progressisti. Giovedì Paolucci era all’Aquila e a Teramo per alcuni incontri. Ieri lo abbiamo intervistato in redazione. Con lui c’erano l’ex assessore regionale Marco Verticelli e l’ex parlamentare Pina Fasciani, eletta nel 2006 con l’Ulivo. Onorevole Paolucci, sappiamo molto dei Democratici e Progressisti in Parlamento, poco di quello che sta succedendo nei territori. «Intanto siamo girando molto, perché non vogliamo che Articolo 1 sia una roba che nasce e finisce nei gruppi parlamentari. Stiamo lavorando regione per regione promuovendo comitati territoriali tematici su questione specifiche: comitati aziendali, di associazioni, di polisportive...». Come lavoreranno? «Ogni comitato promotore fa la sua richiesta di adesione, avanza una proposta, poi si farà un’assemblea provinciale. Da lì ci daremo una struttura organizzata. La mia idea è che poi l’assemblea nazionale di Articolo 1, quella che licenzierà la carta dei valori, lo statuto, la carta programmatica, viene sottoposta a referendum tra tutti gli aderenti. Ma non sarà un vestito preconfezionato per tutti, dalla grande città al piccolo comune. All’Aquila, per esempio, hanno le elezioni amministrative e pensano a un processo più rapido. E noi lo faremo più rapido». Avete tempi strettissimi. «Perché non c’era un disegno preordinato sul nuovo partito. C’è stata un’accelerazione nelle ultime tre settimane». Perché alla fine avete deciso di uscire dal Pd? «Per una montagna di motivi di merito. Perché innanzitutto non si può stare nello stesso partito se non hai la stessa idea di democrazia e di come si organizza lo Stato, vedi riforma costituzionale. L’altra questione riguarda i soldi pubblici: cosa ne fai e come li spendi. Secondo la tradizione moderna dei socialisti europei, devi detassare chi investe sul lavoro e tassare in maniera progressiva le rendite. Noi abbiamo detassato poco o niente il lavoro e abbiamo, in modo indistinto, abbassato le tasse al ricco e al pensionato che ha una casa. Poi ci sono differenze di merito sul jobs act. Sull’idea in base alla quale riducendo i diritti dei lavoratori e avendo più flessibilità si crea ricchezza. Una sorta di religione smentita dai numeri». A proposito di socialisti europei. In tre avete aderito ad Articolo 1 rimanendo nel gruppo del partito socialista europeo. Per il movimento, però. ci sono problemi. «Ieri l’Unità ha titolato “Doccia fredda su Mpd”, riportando un’intervista al presidente del Partito socialista europeo che non darà l’assenso all’adesione di Articolo 1. Lui è bulgaro e questa posizione sa di editto bulgaro in salsa nazarena. Ma credo che l’editto durerà poco. Il presidente dei socialisti si preoccupi piuttosto del Pd che alle elezioni in Francia appoggia il candidato del centrodestra Macron e non il candidato dei socialisti ». Torniamo alla politica di casa nostra. C’è chi teme, dopo la scissione, per la tenuta delle giunte regionali o comunali». «Abbiamo incontrato Gentiloni e gli abbiamo garantito sostegno». Questo per il governo. E per le giunte e i comuni? «Siamo nati per fare più forte il centrosinistra. È evidente che in tutte amministrazioni porremo questioni di merito. Ma la nostra condotta non sarà mai quella di mettere in crisi le amministrazioni. Ci auguriamo che lo stesso atteggiamento positivo venga dal Pd, senza ritorsioni o editti bulgari». E per le alleanze elettorali? Alle prossime amministrative ci sarà già il vostro simbolo? «Ripeto, noi lavoriamo per far vincere il centrosinistra ovunque ci sia la possibilità di avere sindaci bravi e programmi condivisibili. Quanto al simbolo, le amministrative hanno dinamiche differenti dalle politiche. Non credo che sarà quello il momento per testare il nuovo simbolo».