L'AQUILA Magari proprio felici no. Ma contenti di essere al sicuro, sotto tetti ben saldi in una terra che balla spesso a forza cinque, questo è un sentimento comune e un dato acquisito all'Aquila. Generazione 4.09, quelli rimasti nel capoluogo dell'Abruzzo vivendo nelle new town. Che sono 19 quartierini su piastre antisismiche, costruiti a corona intorno al cratere in appena sei mesi dopo il big one del 6 aprile 2009. La situazione di allora era un ground zero grande come la città. La prospettiva: trasferire definitivamente uffici e attività, deportare impiegati e lavoratori, portar via la forza viva scampata al terremoto lasciando il sogno della rinascita sotto le macerie. L'Abruzzo si ribellò, non volle le casette di legno in cui si sarebbe prolungata l'agonia di anziani e soggetti marginali, l'allora governo Berlusconi (Bertolaso alla Protezione civile) s'inventò le new town per dare certezze nel provvisorio, case vere seppur non definitive, e L'Aquila in qualche modo non morì.
LE BUFERE
Poi ci furono le bufere politiche, le rivolte dei comitati agganciati a questo o a quel partito, le inchieste giudiziarie per i balconi che crollavano, le difficoltà di intravedere un futuro per questi grandi blocchi abitativi costati 814 milioni una volta finita la ricostruzione. Ma tornando all'Aquila, oggi, è comunque dalle new town che bisogna ripartire, perché molti hanno ancora paura di rientrare nelle loro case ristrutturate, perché la metà del centro storico è ancora off-limits, perché è in quelle abitazioni che vivono studenti universitari e manovali impegnati nel più grande cantiere europeo. Dopo aver ospitato fino a 18.000 persone, i quartierini anti sisma continuano ad essere i pilastri della stentata rinascita. E nonostante i muri scrostati, le fogne che perdono, le caldaie che s'inceppano, la totale assenza di negozi e di servizi, i suoi abitanti non li guardano poi così male. Per quanto bruttini e tristi, hanno fatto il loro dovere.
Bazzano, 20 piastre abitative, duemila residenti, una delle new town più grosse con tanto di asilo (donato dalla Fiat) e tendone polifunzionale dove celebrare messa, giocare a carte e biliardino, dibattere i problemi della città provvisoria. Un bilancio dopo quasi 8 anni? «Quando sento il terremoto - dice Salvatore Di Mauro - mi giro e mi rimetto a dormire. Le sembra poco per chi gli è rovinata addosso l'abitazione? Questi edifici hanno l'indice di vulnerabilità 1, massima sicurezza. Certo, ci sono problemi di gestione, il Comune non arriva ovunque, questo inverno c'è chi è rimasto 22 giorni senza riscaldamento. Ma nel 2009 era tutto crollato».
Alfonso Ciocca è il primo ad aver ricevuto la casa, direttamente da Berlusconi. E' invalido, deve camminare con le stampelle. «Benedico questo appartamento, mi ha salvato. Qui si vive non bene, ma benissimo. Un'esperienza positiva da ogni punto di vista». Il controcanto arriva da Elisabetta alla fermata del bus. «Le guarnizioni si sono rovinate, nel mio appartamento spesso piove. Abbiamo dovuto patire il gelo. Ci arrangiamo, non è vera vita». Sotto una piattaforma, da un tubo sospeso, sono fuoriusciti dei liquami. Sui pilastri incrostati i ragazzi hanno inciso scritte d'amore. I giardini piantati ex novo sono grovigli di spine. Katia Smargiassi porta al guinzaglio un cagnolino a caccia di coccole. «Vabbè, non sarà il massimo, ma io mi ci trovo bene. La casa è confortevole, ci ha permesso di restare. Per il resto lavoro in un centro commerciale e quello è il mio luogo di socializzazione. Il vero problema dell'Aquila è la parte storica non fruibile. Ho una figlia adolescente: dopo la scuola e i compiti dove va?».
Le mamme con i figli piccoli, i ragazzi, gli anziani. Ecco chi patisce di più le new town. Antonietta è una vispa nonnina che aiuta nell'autogestione del tendone sociale: «Ci ritroviamo tutti qui per passare il tempo. Chiacchiere, la tv, qualche festicciola, c'è stato il teatro. Per noi anziani è dura. Per fare la spesa, andare alle poste o in farmacia ci vuole l'auto, e quasi tutti, a una certa età, non guidano più». Il perché i quartierini siano rimasti dei blocchi dormitorio senza un negozio, un tabaccaio, un ambulatorio, lo spiega il sindaco Massimo Cialente (Pd) ormai in scadenza. «Il progetto iniziale prevedeva una quota ad uso commerciale e servizi. Il bando è stato fatto, ma nessun privato ha aderito ai project. Il motivo? Commercianti ed imprenditori non hanno mai visto i nuovi quartieri come definitivi».
IL RUOLO
Se potesse tornare indietro, sosterrebbe le new town? «Hanno avuto un ruolo positivo - prosegue Cialente -. Si tratta di un modello ancora utile per città importanti, anche se adotterei una forma più leggera: magari eliminando le piastre in cemento armato. Tuttavia per realtà come Amatrice o Accumoli penso siano preferibili le case di legno per sostenere la residenzialità diffusa. Lì ci sono anziani legati alla terra, agli animali, non grandi uffici che rischiano di essere trasferiti».
Sant'Elia, un'altra delle new town, si segnala per il coraggioso esperimento di una società sportiva. Il Nuovo Basket Aquilano ha raccolto fondi e costruito un palas nuovo di zecca. Si chiama PalAngeli, in ricordo di tre bambini ammazzati dal sisma. E' diventato il punto di riferimento non solo di 200 baby giocatori, ma anche di amici e genitori. Oltre al parquet sono state realizzate sale studi, per giocare, una biblioteca, una stanza per le riunioni. Infine Cese di Preturo, la vergogna. Qui ci sono le palazzine dove sono crollati i balconi. Tossici e clandestini si sono fatti beffe dei sigilli, poi sono stati sgomberati anche loro. I ladri hanno fatto il resto razziando tutto quello che hanno trovato. Un angolo del quartierino più che new è una ghost town. Un'inchiesta dirà se è stato un altro imbroglio ai danni dei terremotati.