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Data: 05/03/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Alitalia, le banche blindano il piano

MILANO Più di un miliardo tra capitale e cassa per la gestione corrente (carburante e stipendi) in modo da sostenere la rinascita di Alitalia Sai sulla base di un piano industriale non ancora definito ma, assieme ai contenuti, gli istituti vogliono garanzie di poterlo appoggiare in termini di nuovi prestiti senza rischi di revocatorie e altre responsabilità penali fallimentari: ecco perché nelle ultime ore le banche avrebbero schierato i propri legali per studiare come confezionare il piano secondo l'art. 67 legge fallimentare da raccordare però, con gli accordi di ristrutturazione in essere in Cai, controllante di Sai tramite Midco. Domani alle 11 dovrebbe riunirsi il cda Alitalia Sai per esaminare lo stato di avanzamento della manovra complessiva. Sulla parte industriale dovrebbe prevedere la riconversione di Sai in low cost sul corto raggio (con 20-25 aeromobili in meno) e un rilancio delle rotte intercontinentale, tra forti tagli di costi (da 160 milioni nel 2017 in crescita fino a 250 milioni annui entro il 2021), 2 mila esuberi interni, riduzione di stipendi del 25-30%, altri 2 mila in meno presso le imprese dell'indotto, ricavi fino a 3,7 miliardi a regime considerati troppo prudenti. Il fabbisogno finanziario di 1,2-1,3 miliardi è ancora approssimativo ma su questo ordine di grandezze Etihad e banche si stanno confrontando. Il ceo di Intesa Sp Carlo Messina ha escluso di poter avere un ruolo di partner industriale al fianco degli arabi aprendo a nuovi prestiti, tutti da discutere in funzione delle prospettive. La manovra va resa compatibile con gli accordi di investimento sottoscritti ad agosto 2014 tra Cai, la newco dei soci italiani e Etihad, azionista con il 49% di Sai. In mezzo c'è Midco, una struttura societaria controllata al 100% da Cai che ha il 51% di Sai, nata per volere di Poste: volendo distinguere il suo investimento rispetto al passato, il gruppo di corrispondenza ha sottoscritto un bond da 75 milioni al tasso del 4% con scadenza 2035 ma con una serie di corsie preferenziali nella cedola rispetto a quelle accordate alle banche.
La nuova manovra totale in Sai va tarata con il bond di Poste e gli impegni in Cai per 995 milioni, dei quali 695,3 ristrutturati da Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Popolare Sondrio in azioni 1, azioni 3, azioni 4 con diverse e complicate priorità di pagamento di interessi proiettati a giugno 2025 a fronte dei quali il 51% di Sai è in pegno ai creditori: ecco perchè le due grandi banche vogliono vederci chiaro nelle assunzioni del piano rivisto da Roland Berger e Kpmg.

TABELLA DI MARCIA A fine dicembre 2016 quando è stato firmato l'accordo di moratoria al 31 marzo nel quale Etihad ha convertito 210 milioni di un bond da 232 per ripristinare il patrimonio e ha iniettato 100 milioni per cassa, mentre Intesa Sp, Unicredit e Mps hanno versato 75 milioni di factoring più 87,5 di rcf (Sondrio si è tirata fuori) era ipotizzata una fase 2 tutta da confermare. Le banche avrebbero dovuto concedere 175 milioni di rcf e convertirne 146 (già utilizzati) in strumenti di semi-equity mentre Etihad ne avrebbe dati 275 di cassa con l'impegno per un contingenty equity da definire in funzione del piano di salvataggio in un mix da concordare con gli istituti e tenendo presente, inoltre, che Generali ha un bond Sai da 300 milioni che non intende convertire ma solo ristrutturare.
Questo è il groviglio di vincoli contrattuali del Transaction implementation agreement, il pomposo nome dato agli accordi di agosto 2014 tra Etihad e Cai a fronte di un investimento complessivo di 1.758 milioni, dei quali 560 a carico degli arabi che deve incastrarsi con la nuova manovra: è probabile che gli impegni di Cai possano postergarsi ma non è detto che Poste sia disponibile e concessioni. Dopo il cda (interlocutorio) di domani potrebbe essercene un altro tra mercoledì e venerdì per approvare il piano e probabilmente, procedere al rafforzamento del management come auspicato da Messina che sponsorizza la nomina di Luigi Gubitosi: il manager napoletano potrebbe diventare presidente esecutivo al posto di Luca di Montezemolo, da tempo pronto a farsi da parte. Su Gubitosi adesso ci sarebbe l'imprimatur.

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