ROMA Vorrebbe che il suo governo fosse «rassicurante». E lui, Paolo Gentiloni, in tivvù con Pippo Baudo, fa di tutto, nel tono, nell'eloquio nelle cose che dice, per rassicurare sul fatto che l'esecutivo che dirige ha una prospettiva seria. I miracoli sono esclusi, «quelli li fanno i cittadini con i loro sacrifici», ma l'impegno nelle riforme il premier lo assicura. «Questo - dice - non è un governo provvisorio». E' in «doverosa continuità» con quello che presiedeva Renzi e intende arrivare «a fine legislatura». Chiede fiducia, promette riforme Gentiloni. «Abbiamo molte cose da completare ce delle cose nuove e importanti». Tra queste, sicuramente, un intervento sul lavoro. «Il nostro obiettivo nel Def - annuncia il premier - è quello di abbassare ulteriormente le tasse sul lavoro. Dobbiamo rendere gli investimenti più vantaggiosi».
L'ESEMPIO DI CIAMPI E ancora: «Abbiamo fatto molte cose sul piano delle regole. Si sono creati 700mila posti di lavori senza clamore, anche se la disoccupazione giovanile è ancora molto alta». Con un tono non enfatico, com'è nel suo stile, Gentiloni fa l'elogio mite dell'ottimismo. «Le cicatrici della crisi - ha detto - si fanno sentire ancora e che ci sia una crisi di fiducia è abbastanza comprensibile. Ma le cose fatte in questi anni ci hanno rimesso in carreggiata e penso che le cose possono migliorare non solo nei grandi numeri astratti ma anche nelle nostre buste paga». Forse è per questo che Gentiloni chiede di dare tempo alla sua squadra (nata «con il fiatone» in sole «48 ore»): «Anche per togliere un'idea di provvisorietà, vorrei che il governo si desse una agenda di riforme» e promette un «cambio di passo» con riforme strutturali. Cita il lavoro, il Mezzogiorno, il processo penale, la legge sulla concorrenza e quella sulla povertà. Per la quale «mi auguro di avere novità positive in settimana».
Sul fine vita, osserva che «è in corso una discussione parlamentare doverosa». Sul nodo cruciale del Sud sembra assai appassionato. «Mi darebbero un premio Nobel, se avessi una ricetta semplice per far crescere il Mezzogiorno, che comunque ha forti potenzialità come «aveva capito alla grande Carlo Azeglio Ciampi». Il quale disse che la crescita italiana può migliorare solo se si alza la crescita al Sud.
Polemiche con l'Europa? Zero. Gentiloni critica le rigidità a senso unico della Ue (è «rigidissima sugli zero virgola dei bilanci e non su altre cose») ma sottolineato che l'Unione è da «tenersi ben stretta». E che ora «l'Europa deve aiutare la crescita e non deprimerla». Una mano, Bruxelles, però ce la può dare da subito, confida il capo del governo: sia «attraverso il fondo di emergenza, con una cifra attorno al miliardo» sia «consentendo di togliere dai conteggi deficit/pil le spese per il sisma». E comunque, evviva l'Europa: senza di essa, «diventeremmo tante piccole patrie in lotta tra di loro».
Guardando intanto all'anno che ancora si augura di passare a Palazzo Chigi, il presidente del consiglio rivolge un invito al Parlamento. Affinché sia un luogo dove ci siano «meno litigi e più leggi. Vorrei un Parlamento in cui si collabori maggiormente, che mantenendo le differenze lavori nell'interesse del Paese». Un invito da «moderato», gli fa presente, a Domenica in, Pippo Baudo. Il quale poi lo saluta, chiedendo se la moderazione sia più un pregio o un difetto. «Sicuramente è un pregio - parola di Paolo il Calmo - ma poi bisogna decidere».
LE DECISIONI A lui è piaciuto come sono state condotte alcune decisioni. «La legge sul mezzogiorno si è riusciti ad approvarla senza la fiducia. Che ormai è diventata un'eccezione. Perché approvare una legge con lopposizione che ti consente di approvarla, senza fare troppo ostruzionismo e senza imporre al governo di mettere la fiducia, è una cosa importante». Vorrebbe insomma un Parlamento non come palcoscenico per risse politiche: «Un po' meno scontri verbali, un po' meno litigi e un po' più di produzione di norme, regole, decisioni, da parte nostra, di chi fa politica, sarebbe molto apprezzato da parte dei cittadini».
Sulla corruzione, tema molto pop, così Gentiloni risponde all'intervistatore: «E' un male radicato, che emerge in maniera ricorrente. Siamo alle prese con delle piccole storielle di corruzione. Abbiamo bisogno di anticorpi a tutti i livelli. Senza però dare un giudizio di corruzione dilagante e senza seminare il panico». Che poi è il lievito dell'anti-politica e del populismo.